Questa storia inizia un venerdì sera con le lacrime di P. è finisce in una pigra domenica di Novembre con le lacrime di M.
Nel mezzo tante storie, che s’intrecciano, si scontrano, si perdono e si ritrovano.
Tra loro scelgo a caso, quelle che voglio ricordare qui, senza seguire un ordine cronologico, seguendo il filo della voce di F. e quello del suono del suo cuore quando rimbalza su quel campo e poi torna a battere.
C’è M. vicino a L. , quello nuovo, inginocchiato in mezzo a questo prato che s’improvvisa campo da football. Lo rincuora, gli prende il casco tra le mani e lo costringe a guardarlo negli occhi, lo solleva e lo riporta con se sulla linea laterale, lo riporta a casa.
M. mi ha fatto dannare l’anima, mi ha costretto a guardare non dentro alla prestazione sportiva del giocatore ma dentro alla vita del ragazzo, per capire cosa c’era nel suo sguardo che non combaciava con l’immagine dell’atleta che vedevo sul campo.
C’era questo adolescente, che s’appresta ad entrare nell’età adulta, impacciato come pochi nelle relazioni sociali, ad osservarlo bene ci si accorge che M. è sempre “troppo”, un filo fuori dalle righe e poi all’improvviso è così “normale” che questa sua, è una normalità “strana”.
M. è dotato di una attitudine allo sport eccezionale, non è mai stato però capace di guidare davvero i suoi compagni, di essere il fratello maggiore, disposto a sacrificare il suo successo a quello della squadra.
Fino a quel momento.
M. oggi ha fatto un passo verso l’uomo che può diventare.
Lo guardavo inginocchiato vicino al compagno per sostenerlo, non perché fosse la cosa giusta da fare, perché fosse un atto dovuto, no.
Era lì perché suo fratello aveva bisogno di lui, mi sono guardato intorno come per cercare qualcuno che si fosse accorto di questo piccolo miracolo di vita e di sport.
Ho trovato il sorriso di F. che l’indicava come fa una bimba che ha trovato l’omino con la macchina per lo zucchero filato.
La sua ultima partita in autunno, quel saluto alla squadra strozzato in gola da chi non ci prova nemmeno a comprendere per farlo ci vuole fantasia, tolleranza ed un pizzico d’intelligenza.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
E.
Non ci sarà sempre una prossima volta, hai un numero finito di giornate come queste a disposizione, una volta passate, lo saranno per sempre.
Voler giocare infortunato non dimostra attaccamento alla squadra, rinunciare ad una serata con T. quello sì. Per lei avrai sempre un domani, ci sarà un’altra occasione. Su quel campo invece, il tempo corre implacabile, non ti concede seconde occasioni, non c’è un modo di recuperare il sonno perduto.
Le forze che quella serata diventata notte inoltrata sono andate via e su quel campo non sei sembrato più uomo, sei solo sembrato più sciocco.
Hai questa idea che tutto ti sia dovuto, che a te non si possano applicare le regole che valgono per tutti.
Non è così, l’hai scoperto in questi ultimi anni, preferisci dimenticarlo quando ti conviene, quando è più difficile essere che apparire.
Odio vederti gettare al vento il tuo talento, il tuo tempo.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
M1, quello che: “se questo fosse un team di professionisti farebbe cacciare il suo allenatore”. Lo vedi in allenamento fare dei numeri e pensi: “in campo farà i solchi per terra”. Non accade, insomma quasi mai.
Oggi gioca infortunato, con un polso fratturato tenuto insieme da una vistosa fasciatura.
Mette insieme un intercetto e ci rimette una clavicola, oggi almeno, M1 non l’avrebbe fatto cacciare il suo allenatore, oggi forse sarebbe stato perfino orgoglioso di lui.
Oggi è un giorno per l’orgoglio, M1, oggi è un giorno per festeggiare anche con una spalla bloccata, perché oggi è per sempre.
Quella presa con il polso, il tuo corpo tra la palla e la end zone, bravo.
Proteggere la tua casa, tenere la squadra in partita, oggi ho visto il giocatore che potresti essere e non quello che mi ha fatto imprecare e disperare per un anno intero.
Sono orgoglioso di te.
Oggi è un giorno per gli abbracci, oggi è il tuo ultimo giorno d’autunno, oggi è stata la tua partita più bella, oggi non si guarda al punteggio, oggi si guarda al viaggio per arrivare fino a qui.
Stampa nel cuore il coraggio di oggi e il dolore che l’accompagna.
Oggi è stato un tempo per gli uomini, oggi era il tuo tempo.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
L., quello originale, quello che c’è quando conta, quello che non si tira indietro, quello che non si lamenta, mai.
In campo c’era il cuore, il corpo mai guarito davvero non voleva seguirlo. Ricordi come chiamavano Zanetti quando giocava? “El Tractor”, non suona come un complimento ma lo è, per un milione di piccole ragioni note solo a noi, per ogni secondo di questi ultimi due anni che sono trascorsi come se fossero venti, perché i ricordi importanti hanno questo effetto, comprimono il tempo e diventato per sempre senza concederci una seconda occasione.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
Ciao P., grazie per essere così, per le lacrime, perché ti importa davvero, per ogni canzone antica che ti ho sentito recitare, per ogni corsa dinoccolata e scoordinata, perché se ci sono ragazzi come te in giro allora c’è speranza, per tutti noi.
Ci vedremo ancora in autunno, su un campo segnato da tutte quelle linee strane.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
A. Non ho idea di quanto profondo sia il dolore che ti sta lacerando il cuore e la mente, di quali strade tu stia scegliendo per la tua vita. Oggi, nel tuo ultimo giorno d’autunno ti ho visto prendere colpi come se il tuo unico scopo fosse essere colpito e dimostrare che non importa quanto forte sia l’impatto tu sei capace di rialzarti.
Oggi avevi dei fratelli intorno ma il tuo dolore ti rende cieco e sordo, a noi importa di te, ma a te deve stare a cuore il tuo cuore.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
M4.
Non c’è un Wazosky senza un Sullivan, non c’è un gran running back senza la sua linea, non c’è un fratello senza una sorella.
Il freddo dell’inverno si porta via questo ultimo giorno di campionato, si porta via un sogno playoff, si porta via una partita in più. Non si porta via la tua maglia azzurra, quella con la scritta ITALIA davanti e sulle spalle, porta con te sempre l’orgoglio di quello che sei diventato. Tra un cicchetto e un libro dell’università, non dimenticare questi giorni d’autunno, l’odore dell’erba del campo.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
D. e il suo micione bellissimo. Vai ad immaginarlo che dorme con un gatto che l’abbraccia come se fosse la sua mamma, vai ad immaginare che sia capace di tanto affetto per quel coso peloso a quattro zampe.
Nel football americano hai trovato uno spazio per essere esattamente come sei, senza dover essere come gli altri si aspettano che tu sia. Qui la tua “normalità” è stata la nostra “normalità”.
Non c’è mai stata una partita in cui abbiamo potuto dubitare del tuo impegno, non sarai il miglior giocatore del campionato ma sei sicuramente quello che ha sempre buttato il cuore in campo, hai lasciato tutto li.
Ti voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.
Grazie a voi ragazzi, a tutti quelli che ci hanno permesso di raccontare questa storia.
Vi voglio bene.
“When tomorrow comes you will be not alone”.