Calcio

On the sidelines 9

Pareggiate in rimonta la prima partita, inizi a vedere una scintilla, quegli scatti per recuperare il pallone, il tentativo di liberarsi negli spazi. Sudano e faticano, s’impegnano forse, per la prima volta nella stagione. Accorci il campo della partitella  d’allenamento, ora gli uomini sono più a contatto, obblighi tutti ad indossare i parastinchi. Pressione e ripartenze.
La debolezza economica della società non ti permette osservatori, ma la segretaria del club riesce a procurarti delle riprese dei prossimi avversari. Passi ore davanti al televisore, analizzare e studiare. Prepari la partita, mezz’ora di video sui prossimi avversari, situazioni di gioco e movimenti, vi dovete preparare a tutto, in ogni situazione tutti devono sapere cosa fare. Non parli molto negli spogliatoi, questa volta fai un’eccezione. “Siete pronti, allenati e capaci, quanto loro.” Prendi una pausa, li guardi negli occhi e t’accorgi che vogliono crederti…desiderano che tu gli indichi la strada verso la vittoria. “Al passato non possiamo porre rimedio, possiamo costruire il futuro, lì fuori, insieme, adesso!”. Esci dallo spogliatoio, vai verso la tua panchina, ti siedi. Arrivano i tuoi ragazzi, uno per volta, passano davanti alla panchina. Un cenno del capo.  Assenso, serrano le labbra, i tuoi guerrieri in campo lotteranno e vinceranno per te.
Dominate gli avversari, li aggredite nella loro metà campo, stringete in una morsa il loro regista, ringhiate sulle loro caviglie. Palla a terra e profondità, un tocco, stop e tiro. Il loro allenatore ti stringe la mano a fine partita, “non lo credevo possibile” ti sussurra all’orecchio. Ora sai che il miracolo è possibile.  Dopo quattro settimane di isolamento e lavoro ti concedi di guardare finalmente il calendario, avete ottenuto nove punti dei dodici a disposizione, avete perso solo al tuo esordio.  La salvezza è 16 punti più su, bevi e quello che ci vuole quando la notte è così buia e la meta così lontana. Un posto nei playout, potresti farcela, hai abbastanza tempo per quello, potresti perfino permetterti di perdere qualche partita ma guadagnarti la tua occasione.  Prepari un programma, non puoi lasciare nulla al caso, non puoi permetterti errori, non oggi, non nei prossimi mesi.
Il tuo cellulare ti chiama, letteralmente, hai ancora quella suoneria. “Mauro, Mauro…Mauro…bello e bravo”, sorridi come allora, quando una bimba sorridentissima ti attirava così a se. Un numero che non conosci, rispondi ed esordisci con un “chi cazzo ti ha dato questo numero”, la voce impastata dal sonno. “Mi scusi…un comune amico”…balbetta delle scuse la voce al telefono…”volevo dirle, nel posticipo…Marco Parolo….tibia e perone…brutta storia”. Una scossa, direttamente nella spina dorsale, balzi in piedi perfettamente sveglio, vigile e reattivo “Dov’è ricoverato, cosa dicono i medici, come sta lui”…tempesti il tuo interlocutore di domande. Dieci minuti dopo sei in viaggio verso sud, avverti Mirko ed il presidente tra le pause agli autogrill, non accetti obiezioni o perplessità, quello è il tuo ragazzo.  Ricordi ti fanno compagnia nel viaggio, cerchi di rimanere concentrato sulla guida, per arrivare in fretta a destinazione, ma non così in fretta da cambiare la tua destinazione con  un letto in terapia intensiva.  Odi gli ospedali, l’odore. C’è già tua madre, che parlotta con alcuni medici. L’hai chiamata mentre eri in viaggio, ha passato una vita tra le corsie degli ospedali, hai urlato e imprecato “Non lasciare il ragazzo in mano a qualche macellaio ansioso di tagliare e cucire”, “è un bravo ragazzo, un grande talento non merita questo”, hai aggiunto quasi sussurrando. Raccogli il tuo coraggio e presenzi all’operazione, è importante per te e per lui.

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