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La Lazio di Sofia Mancuso: “Futsal, chiave per aprire nuovi mondi”

Crescere avendo a disposizione due culture da cui attingere, due sistemi linguistici differenti, permette, a chi vive in una condizione simile, di avere a disposizione maggiori strumenti per affrontare la complessità del mondo. Imparare più lingue da piccoli, contribuisce allo sviluppo di tutta una serie di abilità che, con il passare del tempo, torneranno sicuramente utili nella vita di tutti i giorni. Non è un mistero che la capacità di problem, solving, creatività, pensiero astratto e capacità decisionali, siano maggiormente sviluppate in chi ha avuto modo di interfacciarsi con più lingue durante l’infanzia.

Lungi dal voler scrivere un trattato pedagogico sui vantaggi di imparare un secondo idioma in tenera età (per questo, esiste già una letteratura molto ampia e puntuale), l’idea di sconfinare in terra germanica, cultura e lingua capace di racchiudere interi concetti in un solo termine, in questo caso, viene da Sofia Mancuso. Calcettista della Lazio U19, romana, ma con il cuore spartito tra Italia e Germania. No, non c’è nessun “Andiamo a Berlino, Beppe” in questo caso. Qui ci si vuole bene. Si vive, come direbbero i cugini europei, la Geborgenheit, quella sensazione di sicurezza che si prova stando con le persone a cui si vuole bene. Una doppia bandiera che vuol dire famiglia.

Sono Sofia Mancuso, ho 17 anni e ho sempre vissuto a Roma.
Mia madre è tedesca mentre mio padre è italiano. Siccome sono tedesca per metà, i miei genitori hanno deciso di farmi frequentare una scuola tedesca, così che potessi crescere imparando bene sia il tedesco che l’italiano.
Proprio a scuola forse è iniziata ad aumentare la mia passione per il calcio“. Tolta la rivalità calcistica tra i due Paesi, quello che viene fuori dall’incontro di queste due culture è un frutto d’amore. Doppio. Sofia e il calcio.
Ero in classe con i figli di Miroslav Klose e nelle ricreazioni giocavo continuamente a calcio insieme ai ragazzi. Mi divertivo sempre tantissimo.

Un giorno stavo, ricordo che stavo giocando a calcio su un prato, insieme a mio nonno, quando lui mi fece la domanda che ha cambiato il corso della mia vita: “Perchè non inizi a giocare seriamente in una squadra?”. Avevo sei anni, ma l’idea era così entusiasmante che ne parlammo subito con mamma e papà. Forse più entusiasmati di me. Da li a trovare una squadra è stato un attimo.

La prima esperienza è stata con il Futbol Club. Ho giocato per tre anni con i ragazzi, fino a quando non è sorta la necessità di trovare una realtà femminile. Cercandola, abbiamo trovato il Flaminia 7, quadra di futsal, poi diventato PMB e successivamente Nordovest. Ho giocato li per quattro anni, fino ad esordire in prima squadra, in Serie A2, a 14 anni, a Fondi. Poi è arrivata la Lazio“.

mancusoMerito di Klose? Macchè. Merito di Andrea Giampaoli (allenatore Flaminia Sette) e Riccardo Casini poi (presidente e mister PBM) e poi di mister De Lucia e Chilelli. E di Barca e Grieco. “E’ stata un’opportunità che non potevo lasciarmi sfuggire. Sono cresciuta tantissimo da quando sono qui e sono felice di avere un mister come Catarina Pinheiro che dimostra di avere fiducia in me. Ma non solo lei. Non dimenticherò mai l’emozione dell’esordio in A, lo scorso anno contro il Cagliari, quando mister Chilelli ha dato l’opportunità di vivere un’emozione così grande ad una ragazzina come me. L’ho sempre vista come un altro mondo, la Lazio.

Ricordo che ogni volta che c’era da giocare contro di loro, per noi era quasi un derby. Una gara tosta, di testa e fisicamente. L’ho sempre ammirata per organizzazione e preparazione, guardandola con costante entusiasmo. Quando mi è capitato di parlare con Paolo De Lucia inizialmente e poi con Daniele Chillelli, non avrei mai immaginato di giocarci un giorno. Alla fine però eccomi qui. Quando ero al PMB avevo Giorgio Regni come mister, ex Lazio, e ci raccontava spesso della storia di Cecilia Barca e Alessia Grieco. Le ho sempre viste come esempi da seguire, quasi idoli. Ora essere nella stessa squadra è un’emozione bellissima“.

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Mancina, bel tiro, forte fisicamente, Sofia è al secondo anno in biancoceleste. Un ricordo indelebile vissuto in under? La final eight scudetto dello scorso anno. “Ci siamo fermate in semifinale, uscendo ai rigori contro il Florida. Ma che partita è stata però. Porto con me il ricordo e l’esperienza con estremo piacere, con la conseguente consapevolezza di poter crescere ancora tanto con la mia squadra e la possibilità di imparare dagli errori commessi“.

Se la lingua tedesca ha la capacità di creare termini che esprimono concetti interi, quello che Sofia Mancuso utilizzerebbe, in italiano, per definire la sua squadra, è parimenti onnicomprensivo. Apparentemente generico, specificatamente peculiare. “Siamo particolari. Ecco, ci definirei così. Grintose, con tanta voglia di crescere, dare il massimo e lavorare bene sotto ogni punto di vista: gruppo, tecnica, schemi, allenamenti. Credo ci sia il giusto equilibrio tra tutti gli elementi fondamentali per creare una bella squadra.

Cosa posso dare io? La mia passione. E’ lei che mi spinge a dare di più. La mia voglia di giocare, di voler spingere e dare il massimo sia individualmente che per la squadra. Questo può aiutare molto, soprattutto se ognuno da il suo”. Gli allenamenti svolti agli ordini di mister Pinheiro, aiutano a definire il punto forte delle piccole biancocelesti e a smussarne le imperfezioni. “Ci capiamo bene in campo, questo è sicuramente il nostro punto forte. Siamo organizzare, gli schemi che proviamo in allenamento riescono in partita nella maggior parte dei casi, come si è visto ad esempio, nella prima di campionato contro il Falconara. Non è poca cosa, ed è da sfruttare al massimo.

Per il resto, c’è sempre da lavorare su tutto perchè non esiste un punto di arrivo, si può e si deve sempre migliorare. Non esiste una squadra perfetta. Ma è proprio questo a darci la motivazione di dare sempre di più sotto ogni punto di vista“.

Seguendo il ragionamento, la naturale conclusione è “voler concludere il campionato nel miglior modo possibile”. Come? Partendo dal prossimo impegno, domani in casa proprio del Città di Falconara. “E’ una squadra da non sottovalutare. Non è la stessa di inizio anno, stanno dimostrando di essere cresciute e migliorate molto. Sono in gamba e hanno elementi capaci di poterci creare difficoltà. Per questo stiamo pensando bene a come affrontare tatticamente la partita, come approcciarla nel modo giusto, come arrivare pronte sia con il fisico che con la testa.

Sarà questa a fare la differenza“. Si apre senza dubbio il periodo più intenso per il movimento intero e per la Lazio under 19. Rush finale di competizione per arrivare più in alto possibile nelle finali di campionato. “Dobbiamo affrontare il Falconara, l’FB5, il Nordovest e il Perugia per concludere il girone di ritorno. Per non parlare della Final Eight scudetto.

Ci stiamo preparando, vogliamo fare il meglio possibile per questo. Personalmente, voglio crescere e continuare a coltivare la mia passione, vedere cosa riesco a fare, capire a fondo i miei punti deboli per cercare di lavorarci su e migliorarli, capire cosa invece mi riesce bene e avere qualche soddisfazione personale come è giusto che sia“.

Il bilinguismo abbiamo detto essere una palestra di vita. Se a questo si aggiunge la lingua universale del futsal, ci si può solo arricchire e immaginare il futuro giocando, sportivamente e personalmente. “A parte il calcio, mi piacciono le persone e mi piacerebbe studiare psicologia e pedagogia sociale per fare un lavoro con il quale aiutare più persone possibili.

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Sapere che una persona è più felice grazie a qualcosa che posso fare io mi rende felice di rimando e soddisfatta. Parlando di passione, la mia è aumentata conoscendo persone che hanno giocato con me che mi hanno fatto capire cosa significa davvero la parola amicizia. Un esempio è Hilda Toth che ora è alla Kick Off. Sono molto grata di esserne amica e di aver conosciuto persone molto belle e disponibili con le quali sono cresciuta molto in campo così come fuori“.

Per chiuderla con un concetto per il quale un termine non ancora esiste “Il futsal come chiave che apre altri mondi“. Chissà che non sia proprio Sofia Mancuso a trovarne la summa linguistica.

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