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Chiedi chi era Nadia Comaneci

comaneci

Dieci.
Chiudete gli occhi e pensate alla prima cosa che vi viene in mente.
Serve un aiuto?
Non è Roberto Baggio, né Totti né Del Piero e nemmeno Le Roi come starà pensando ad occhi chiusi Mauro Faccenda, non è l’ultimo Comandamento e non sono nemmeno i minuti di ritardo che ha di solito il mio migliore amico quando lo invito per l’aperitivo.
Dieci, senti come suona bello tondo, è un numero che nell’immaginario calcistico di solito viene stampato sulla maglia del più estroso, ma se stessi parlando con il mio professore probabilmente sarebbe il voto che lui non mi ha mai dato ed invece, se fosse il cambio dell’euro nella vecchia lira, si scriverebbe 5000 lire del vecchio conio.

Innanzitutto si scrive cosi, 10 e non a lettere, partiamo dalla base perché uno deve pur dare valore alle cose, 10 è tanto o poco?

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Ok ok la smetto, 10 è il massimo, only the brave & we can be Heroes, nessuno ci è mai arrivato o almeno così narrano le leggende nei bar, perché in un giorno lontano dai tempi nostri, lontano non solo temporalmente ma soprattutto nel valore che si da al sacrificio ed al sudore, ci fu una ragazza che, sospesa a mezz’aria, lasciò tutti col naso all’insù e scrisse la storia, l’eternità, arrivando a toccare quello che era impossibile e che nell’immaginario della gente, dei giudici e dei cronisti non si assegna mai a nessuno perché è la perfezione.

Potrà mai qualcuno superarla?
La risposta è no, non sarà mai più possibile a nessuno al mondo fare qualcosa di migliore, semplicemente perché non esiste un voto più alto e sinceramente questo attribuisce un’aurea ancora più magica a questa storia.

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Questa mattina sono in mezzo ad un gruppetto di studenti che stanno partecipando ai campionati studenteschi:
Una ragazza bionda, con la coda sembra persa dentro al suo iPhone, con il gomito richiama l’attenzione della sua amica e le fa:
“L’hai vista mai la pubblicità dell’ Adidas, del dieci?”
Sono a pochi passi da loro, le sento commentare, carina, motivante ma impossibile nella realtà, comunque l’attrice è davvero fantastica, si muove con una rapidità impressionante.

Sono tentato ma non me la sento, credo che la loro curiosità dovrebbe spingerle ad andarsi a cercare qualcosa di più e penso che siccome ho questa splendida opportunità grazie ad AGS, me la canto e me la suono qua.
Per chi non lo sapesse, ma credo che difficilmente siano in tanti, quella non è una pubblicità, o meglio, lo è ma non surreale come pensano le ragazze dei tornei studenteschi.
Quella che sale sulle parallele, che poi sono due linee rette che non si incontrano mai, è Nadia. Lei che invece fa incontrare l’esercizio perfetto ed il 10 della giuria per sette volte consecutive e che prima di allora non si erano mai incontrati e magari adesso mentre scende riesce a far incontrare anche le due parallele.
Siamo a Montreal nel 1976 ed i computer non fanno una bella figura. Nadia termina l’esercizio ma il punteggio non arriva mai, non bisogna essere di certo un esperto del settore per ammirare il capolavoro con cui Nadia è uscita in volteggio dalle parallele, però quale sarà il punteggio attribuito dalla giuria?
Atleta batte PC 1-0, i giudici conteggiano il punteggio ma il software della giuria non può leggerlo, è programmato per assegnare al massimo 9,9.
Chi l’ha tarato credeva che oltre non si potesse andare e cosi con un piccolo escamotage assegnano tutti 1 come punteggio e poi lo moltiplicano per 10, sarà il caso di modificarlo in fretta questo software perché nel corso della manifestazione la giovane Comanenci ottiene lo stesso punteggio per altre 6 volte.

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La sequenza dell’esibizione alla trave di Nadia Comaneci alle olimpiadi del 1976 a Montreal, per cui vinse la medaglia d’oro (AP Photo/Suzanne Vlamis)

La più giovane atleta di sempre a vincere un titolo olimpico, 14 anni, 8 mesi e 6 giorni, ed anche qui nessuno potrà più batterlo questo record perché ad oggi l’età minima di partecipazione alle Olimpiadi è stata innalzata a 16 anni.
L’altoparlante dice

Nadia Comanenci

e dallo schermo un piccolo scricciolo si aggrappa con leggiadria sulla parallela, poi è solo poesia, da una parallela all’altra, tesa e perfetta, non riesci a vedere quando cambia la presa e ad ogni movimento sembra un compasso, aperto, chiuso , teso perfetto in tutto le sue angolazioni, tremi al momento dell’uscita, in un secondo puoi rovinare tutto ed invece lei esce dalle parallele come un proiettile sparato a terra che si poggia in piedi sul materassino, china il capo e se ne va in mezzo al tripudio, non esulta mostrando l’orecchio e non indica neanche il suo nome sulla maglia, ah beata umiltà, si siede ed aspetta che sullo schermo appaia il suo punteggio.

10!

14 anni di sacrifici, di allenamenti, di promesse a se stessa che sono anche difficili da mantenere, 14 anni di normalità raccolti in un metro e sessantadue per 45 kg di muscoli, nervi e determinazione, chiusa in una palestra in Romania per dimostrare che impossible is nothing e questa volta non è soltanto una frase fatta.
Mi viene da sorridere se penso a quante volte sento la parola sacrificio accostata allo sport, Nadia è un’atleta di regime, il suo allenatore le chiedeva tre ore di allenamenti pensando di esser duro e la Comanenci invece scendeva dagli attrezzi dopo 5 ore, con i muscoli distrutti, i calli alle mani e come lei stessa ammise in diretta mondiale a volte perdendo il senso del tempo, nel suo universo parallelo, anzi parallele e poi individuale, trave, corpo libero e volteggio.

Il giorno in cui prende il 10 lei scende e pensa di aver fatto abbastanza bene, le chiedono dove ha trovato le motivazioni e lei risponde:

prima di fare ginnastica ho fatto una gara di triciclo alle scuole e volevo vincerla ed infatti vinsi, lì ho capito cosa volevo da me stessa, semplice no?

Ed io del 10 perfetto come l’ho scoperto?

comaneci

Art by https://theultralinx.com/2014/06/amazing-sports-icons-raul-urias/

Erano le Olimpiadi del 1988, mia madre guardava gli esercizi alla trave ed a corpo libero, mi sembrava tutto molto noioso ma fondamentalmente non riuscivo a comprendere fino in fondo, come chi davanti ad un quadro non ne coglie l’essenza, fu quel giorno che mia madre mi disse chi era Nadia Comanenci e cosa l’aveva fatta innamorare anni prima.
Il 10 per me era l’interno scritto sul campanello dove suonavo per chiedere se c’era Diego in casa e se poteva scendere per giocare a pallone, era il numero di maglia di tanti campioni ed era il voto che a scuola non avrei mai preso nemmeno in condotta, era anche la convinzione che quel numero avesse senso solo nell’ universo calcistico per poi scoprire che in quello della ginnastica ne aveva uno molto più ampio e nobile, era quel limite immaginario posto davanti agli occhi per dire oltre non si può andare.

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Poi?
Poi arrivò la signora Comanenci che prima ancora di una campagna di marketing, disse al mondo che niente è impossibile e che i limiti sono fatti per essere abbattuti, le parallele sono due linee rette che non si incontrano mai, quasi come l’esercizio perfetto ed il 10, appunto quasi.
La Comanenci che per un periodo allenò anche giovani ginnasti rumeni, fece l’ultima sua impresa la notte del 27 novembre 1989, fuggendo dal proprio Paese e dal regime, a piedi, camminando per 6 ore e attraversando il confine con l’Ungheria, ricordo quando ne diedero la notizia nei tg, pensai che solo una fuoriclasse poteva farcela.

La fuga notturna terminò negli Stati Uniti dove fu accolta come rifugiata politica, e in una intervista, poco dopo, dichiarò che avrebbe voluto fuggire molti anni prima ma non aveva mai trovato nessuno disposto ad aiutarla.

Se sei una ginnasta, se pensi di essere arrivata al tuo limite, se navighi su YouTube senza sapere cosa cercare, se credi che la perfezione non esista, se pensi che niente è impossibile, se non hai mai camminato per 6 ore consecutive, di notte verso la libertà, chiedi chi era Nadia Comanenci.

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