Caffè Corretto

Caffè Corretto – Il coraggio di dribblare

“Il 4-4-2 è la negazione del gioco”
“Facile dare la palla all’altro e dire: pensaci tu”
“Chi si assume la responsabilità di dribblare, tirare, rischiare i fischi?”
“Io ai ragazzi ho sempre detto di prendere l’iniziativa: il 4-3-3 è fantasia”

Le stagioni passano, sempre.
Ci sarà sempre una prossima domenica. Una mattina con la colazione al volo, passando da un bar, quello solito dove ti conoscono per nome. Cercare poi una strada che scorre senza portarmi davvero da nessuna parte.
Odio viaggiare da solo. Raccogliere le emozioni senza poterle condividerle è come non averle mai vissute.
Un vita quella che c’è toccata ora in sorte, che c’ha costretti a stare troppo con noi stessi. Abbiamo lasciato troppi pezzi di noi stessi lungo la strada. Costretti a recuperane qualcuno, sostituirne altre e arrenderci agli inevitabili spazi vuoti.

Le parole usate a caso.
Il “Clasico” è quella partita disputata da squadre che hanno vinto tantissimo e che sono da sempre al vertice.
Altrimenti vale tutto, anche l’Imolese.
La Croazia, i biscottini al cioccolato, Tihana e Tomislava. I nomi li ricordo per alcune ragioni, una di queste è che sono per me, inusuali. Su questa sponda dell’Adriatico con indosso la maglia nerazzurra, la ragazza di Slavonski Brod trova due pali, esattamente due volte lo stesso palo.
C’è sempre una inusuale nobiltà nella battaglia sportiva, a patto che non scorra sangue.
Vanessa, magia. Tre punti.

I pigiami brutti, quelli con mille Snoopy colorati, la mente che corre a mille, per fuggire da quelle quattro mura di Covid-19. Il futuro come un drive in del McDonald, solo che qui ti infilano uno stecco su per il naso e lo chiamano tampone.

Le triplette che non t’aspetti, ora vai e spiega all’autoproclamato più grande dirigente del futsal italiano, com’è che infili la palla a fil di palo e va a finire che andate anche a giocare la Final Eight.
Arrivo a Falconara, parcheggio.
Le nuvole basse, l’odore di pioggia.
Seduto sistemo la mia reflex.
La vedo arrivare, sorride, spesso ed un sollievo quando il mondo sembra averlo perso. Quando faccio fatica a trovarlo.
Taty è la sorella che vorresti avere a patto che non è abbiate già una, perché sinceramente due sono troppe. La fila al bagno si forma in un baleno.
Per fortuna però abbiamo voglia di guardare le stesse serie tv, quasi.
Fischio, sirena. Si gioca.
Il dribbling di Nona che spacca la partita e quelli di Renata che spaccano le caviglie.
Risultato, largo.
La donnina di Patù con il ghiaccio sul ginocchio. Ci pensi mai che hai messo dentro ai ricordi di tanti?
Le parole mai banali di Ana.  Lei profuma anche quando suda e quindi dovrebbero brevettarla. Risolvendo così il problema dei luoghi angusti e affollati in estate.
Non ti sottrai alle interviste.
Ma no, non sei diventata brava a farle. Sono semplici le domande. Come dribblare birilli. Se vuoi alla prossima di faccio quelle domande che sono come quei difensori che cercano di sistemarti le caviglie in nuove ed esotiche posizioni.
Torna Maite, finalmente una voce familiare in panchina.
Se si potessero far indossare i microfoni ai giocatori lei sarebbe la prima della lista.

Verso sud.
I miei viaggi in solitaria sono pieni di ponti lastricati di pensieri. Non importa quanto vai veloce, ti raggiungono sempre.
Anche a 170 all’ora con una panda a metano mentre il cruscotto lampeggia disperato.
Mi sono lasciato alle spalle Debora con la sua nuova reflex. L’obiettivo professionale, ma rigorosamente di seconda mano che altrimenti costa un boato.
Raccontami di te, attraverso di loro.
A fermare il presente sono capaci tutti. Narrare una storia, invece ha bisogno del tuo cuore.
Non ci sono all’altro big match di giornata. Perfino il football americano italiano ha imparato a distanziare temporalmente le dirette delle sue partite più importanti.
Mi perdo così, il colpo mancino di Jessika.
Karoline, che poi è sempre lei, ha il suo sinistro collegato direttamente ai suoi sogni.
Noi vediamo un tiro forte a fil di palo, lei vede un tacco leggero a scavalcare il portiere in uscita. Una traiettoria che non c’era prima che lei la mostrasse a tutti.
Accade così.
Come quando guardate una collina verde. Sappiate che qualcuno ci vede una fila di cavalieri bardati, al galoppo, lì nel mezzo.
Arriva la notte, finisco la mia prima Mythic+ e via con il Superbowl.
Nota a Margine
Una Mythic Plus è una “instance” dell’end game di World of Warcraft. Una semplice +2 ma ho ripreso a competere da pochissimo. Troppe parole in inglese, la traduzione in italiano è terribile.
Fine Nota a Margine.

C’è questo giocatore di 43 anni, gioca il suo decimo Superbowl. Dieci finali in 20 stagioni da professionista, vuol dire una finale ogni due anni. La sua storia sportiva è l’eccezione non la regola, se siete scarsi, a 43 vi dovreste già essere ritirati, da sempre.
In una partita brutta come lo sono tutte le finali, The GOAT, Great Of All Time, dimostra che ci sono giocatori e “ballers”. Si, goat vuol dire anche capra, ecco perché vedrete un sacco di meme di Tom Brady con il pizzetto da caprone.
I Kansas City Chiefs favoritissimi, che avevano già battuto alla 12esima proprio i Buccaneers, implodono.
Non gli riesce nulla. Non muovono la palla, non difendono. L’attacco più esplosivo della lega, racimola nove (9) miseri punti.
Guardano gli altri, vincere.

Ci vediamo domenica.
Non ha nemmeno il punto interrogativo.
L’affermazione di un fatto.
Ci ritroviamo a parlare di quella parte di vita agonistica, nella quale vuoi dimostrare che invecchiare, non è uguale sportivamente per tutti. Il cervello invecchia più lentamente, se l’hai sempre usato. Si, anche in uno sport che si pratica con i piedi.
In una vita diversa da questa mi piacerebbe dimostrare che con otto giocatrici come te, due sedie e quattro birilli, si può vincere. Metterei in panchina Nicola, lui amerebbe le due sedie e i quattro birilli come se fossero delle Amanda Lyssa de Oliveira Crisostomo che non ce l’hanno fatta. Insegnerebbe a farlo anche a me. Durante la settimana un consulente tattico, capace di trovare un sistema di gioco nel quale funzionano anche i birilli e le sedie, letteralmente. L’ha già fatto ma non ho ancora capito se è un merito o una colpa.
La domenica no, su in tribuna durante la partita.
Forse una squadra così non vincerebbe niente, ma dio (scritto minuscolo) come li fareste sudare.
Vittorie ottenute così, cambiano uno sport, per sempre.
Se invece esci sconfitto. Quel viso rigato dalle lacrime, perché le donne piangono nello sport, si tingerebbe di quella serenità che arriva quando capisci che ti hanno dovuto battere, non li hai lasciati vincere.
E’ l’alba.
I burned the midnight oil.

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