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Noemi Batki: il mio riscatto a Tokyo 2020

Noemi Batki (nella foto di copertina di @gettyimages), classe 1987, originaria di Budapest è una delle atlete gia’ qualificate per Tokyo 2020. Vincitrice di 9 medaglie ai Campionati Europei (2 ori, 4 argenti, 3 bronzi) si sente pronta per sfatare il mito dell’atleta “vecchio” superati i 30 anni. Ecco cosa ci ha detto nel momento in cui si stanno riprendendo gli allenamenti.

1. Noemi, finalmente hai ripreso gli allenamenti in piscina grazie ai protocolli attuativi emanati dal CONI e dalla Federazione. Come ti senti e come vivi la ripresa?
Tornare in piscina è stato bello, soprattutto tornare alla quotidianità a Roma, in cui posso essere professionale al massimo. Gli allenamenti in quarantena mi hanno insegnato a tirare fuori il positivo anche in una situazione difficile e delicata come questa, per cui sono ripartita con una prospettiva ancora più ottimista.
2. Quale e’ stato l’impatto del coronavirus sulla tua tabella di marcia per quanto riguarda gli allenamenti?

Venivo dalla ripresa dopo un infortunio per cui mi è dispiaciuto dovermi fermare dopo che avevo appena ripreso, ma personalmente non ho perso nulla, perchè appunto il grosso del lavoro doveva ancora venire.
3. Tokyo 2020 ha subito un posticipo di un anno. Che risvolti ha per te slittare di un anno la tua quarta Olimpiade?
Ci sono pro e contro, da una parte noi atleti “esperti” con diverse Olimpiadi alle spalle cominciamo a desiderare di poterci dedicare ad altri progetti, per cui rimandare di un anno questo evento clou ci mette in stand by un po’ più a lungo, perché quando lavori per un’Olimpiade hai la testa tutta sul presente.
Io però sono contenta che siano state spostate, al di là del fatto che vista la situazione era l’unica scelta possibile, a nessuno piace dover improvvisare un’Olimpiade dopo due mesi passati ad allenarsi in casa, ma così abbiamo la possibilità di progettare una stagione con gradualità, consci degli obiettivi e gestirci al meglio da ora al grande giorno.
4. Arrivare alla quarta Olimpiade e’ un traguardo o e’ uno stimolo ad andare Avanti?
Tokyo la vivo come riscatto, perché a Rio ci sono arrivata infortunata e soprattutto in un punto molto basso del mio stato di forma, ero in crisi e non sono riuscita ad uscirne. Ho voluto crederci ancora e a 33 anni disputerò la mia quarta Olimpiade in mezzo alle teenager, questo per me è già un traguardo. Ho già dimostrato di essere tornata ad ottimi livelli per cui il mio obiettivo sarebbe quello di vivere questa ultima stagione con serenità e con consapevolezza, perché il mio percorso di questi ultimi 3 anni mi ha insegnato tante cose e chiudere in bellezza sarebbe il massimo. Quello che vorrò fare dopo Tokyo non lo so, sento però che da anni è una lotta impari, perché per ottenere gli stessi risultati dei giovani, serve lavorare 10 volte tanto, ma va bene così al momento. Ho scelto di andare avanti per togliermi la soddisfazione di sconfiggere il cliché dell’atleta vecchio che ormai non regge più, e ho dimostrato a me stessa che qualsiasi cosa si voglia fare nella vita ci si può lavorare. Il prossimo anno potrei essere pronta ad insegnarlo ad altri, chi lo sa.

 

5. Sei gia’ qualificata per i tuffi da 10m, come vivi invece la qualifica per il sincro con Chiara Pellacani?
Innanzitutto la sicurezza di poter partecipare ai Giochi mi trasmette serenità e voglia di fare. Ho lavorato tanto per questo pass, anche se i miei limiti e le mie lacune sono sempre presenti, ho scelto di non attendermi e di tirare fuori il massimo dalle mie capacità. Chiara è un talento puro, le auguro di avere una carriera stellare e di riuscire sempre a vivere al meglio le sue immense potenzialità. Qualificarsi nel sincro è molto difficile, ma noi ci crediamo, ci proveremo con tutte noi stesse. Siamo allenate dallo stesso tecnico e questo ci rende molto simili nei movimenti ma soprattutto nel modo di ragionare, per cui ci giocheremo la nostra chance in coppa del mondo.
6. Cosa significa per te essere tesserata per il Centro Sportivo Esercito?

E’ una grande opportunità di poter vivere in maniera estremamente professionale il mio sport. E’ un team che mi supporta, costantemente presente, mi sento onorata di farne parte.
7. Nel 2019 sei riuscita anche a laurearti in Scienza della Comunicazione. Qual e’ il segreto per conciliare lo sport ad alti livelli con lo studio?

Lo studio universitario è un aspetto che avevo allentato per anni, visto che il mio corso di studi era stato cancellato e reperire i docenti e il materiale era diventato un incubo. Ma anche in quel caso non ho rinunciato all’impresa, ci ho solo messo qualche anno più del necessario. Durante la quarantena mi sono iscritta anche ad una magistrale telematica, molto più adatta a noi sportivi che non abbiamo tempo per andare a lezione. Io credo che nella vita non si deve mai smettere di studiare, quindi per ora che ho la possibilità di farlo a livello universitario, lo faccio volentieri, mi dà soddisfazione.
Il segreto è la costanza, se ci si prende un impegno è sempre meglio portarlo a termine, ognuno in base alle proprie capacità e il proprio ritmo. La fase che noi viviamo, lo sport professionistico, è un privilegio, e quando finirà conviene avere un bagaglio di conoscenze più ampio possibile.

8. Cosa si pensa quando si e’ sul trampolino e quale e’ il tuo modo per trovare concentrazione prima di un tuffo?
Ognuno ha un suo modo personale di concentrarsi, io ho tendenzialmente un mio pensiero ma con gli anni ho imparato che ogni situazione e ogni giorno possono essere diversi quindi la cosa più importante è saper ascoltare il tuo corpo e la tua mentre e farli entrare in sintonia. Una volta fatto questo si può attuare la strategia più adatta. Io lavoro molto sul crearmi una “bolla esistenziale” in cui ci sono io e quello diventa il mio mondo per il tempo della gara, tutto il resto diventa sfumato e ovattato. Questo è fondamentale per aumentare le mie percezioni e sentirmi connessa con me stessa. Inoltre la cosa su cui ho imparato a focalizzarmi più recentemente è che in gara non devo fare altro che i movimenti che ho provato in allenamento, nulla di più.
9. Molti atleti sono scaramantici ed hanno qualche oggetto o capo di vestiario che portano sempre con loro negli appuntamenti importanti. E’ anche il tuo caso?

Io cerco di essere meno scaramantica possibile, perché non mi piace legarmi a elementi esterni da cui far dipendere il mio destino, sono solo io che decido il corso degli eventi.
Il massimo che mi concedo è la ripetitività nel mettere le ciabatte o i miei oggetti in gara, nelle procedure che attuo, perché la cosa mi fa essere presente in tutto quello che sto facendo, ma se una volta mi dimentico di farlo o decido di cambiare qualcosa so che non succede niente, non mi faccio influenzare.

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