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Microfoni e Timeout

microfoni

Partita da pochissimo la stagione NBA, forse lo sport televisivamente più vicino al futsal.
La National Basket Association è una delle leghe professionistiche più aperta alle innovazioni e che tra le prime ha compreso l’importanza di agevolare lo spettacolo sportivo.
Le telecamere delle tv sono ovunque e uno dei segmenti di maggior successo sono le riprese dei timeout realizzate utilizzando ben due telecamere diverse. In NBA ci sono sette interruzioni da un minuto per tempo a disposizione di ciascun allenatore. Rappresentano quindi un segmento importante della diretta della partita.
Come reagiscono gli allenatori e più in generale le panchine a questa apparente intrusione?

Gregg Popovich, classe millenoventoquarantanove.
Alla guida dei San Antonio Spurs ha vinto cinque titoli NBA, tre titoli di allenatore dell’anno. Proprio lui, non esattamente un giovane millennials cresciuto a pane e interazione digitale, ha compreso l’importanza di quello che è possibile comunicare non solo alla squadra ma anche all’esterno, attraverso le telecamere.

In Italia, negli angusti spazi di comunicazione nel quale si muove ancora il futsal ci sono invece allenatori il cui primo pensiero al momento dell’interruzione non è l’efficacia della comunicazione con i propri atleti, ma quello di allontanare la telecamera e il microfono dei malcapitati professionisti costretti a scontrarsi con la ristrettezza intellettuale di chi ancora siede in panchina in virtù di una gloria passata.
Il successo di uno sport come strumento di intrattenimento deriva da due elementi fondamentali, la qualità della prestazione sportiva degli atleti e dalla capacità di raccontare l’evento ad un grande pubblico.
Guardiamo ancora oltreoceano, nella NFL.
La National Football League, attraverso il suo canale televisivo ufficiale propone un segmento molto popolare che si chiama “Mic’d Up”. Giocatori e allenatori vengono regolarmente dotati di microfono e registrati durante l’intera partita. Il prodotto presentato al basto pubblico del football americano è una finestra sulla vita dell’allenatore capo sulla linea laterale. Protagonista della puntata più recente è Sean Mcvay, head coach deli Los Angels Rams.

Nella vecchia Europa e nel calcio in generale, resiste ancora la mistica sacrale della panchina, come luogo da conservare e riservare agli allenatori. La presenza di due “bordocampisti” è tutto quello che si è concesso allo spettacolo e al pubblico da casa. Una sorta di tutela che perde ogni efficacia quando capita che un allenatore urli: “Frocioooooooo” al suo collega seduto sulla panchina vicina e il tutto diventa un caso nazionale, il “recidivo” Sarri verso Mancini. Josè Mourinho ha trasformato la sua mimica lungo la linea laterale in pezzo di teatro.
Le considerazioni di Allegri arrivano a casa nonostante i lontani microfoni ambientali: “Qui non siamo alla Fiorentina”. L’allenatore toscano apostrofava così una giocata approssimativa di Bernardeschi.

Come dimenticare i simpatici vecchietti che ripropongono articoli vecchi di dodici anni solo per giustificare la loro immotivata idiosincrasia per tutto quello che potrebbe rivelare che forse i loro timeout non sono poi niente di speciale.
Pensate che sia impossibile farlo in Italia?
Sbagliato.
Attraverso la collaborazione che abbiamo con FIDAFTV, il canale tematico della Federazione Italiana di Football Americano, siamo riusciti a far indossare un microfono ad allenatori e giocatori.
Un successo, frutto di uno sguardo discreto e attento a quello che accade sulle panchine e intorno ad esse.

Solo la tirannia del tempo ci ha impedito per ora di microfonare un allenatore di A2 e così potervi raccontare com’è sedersi in panchina e cercare di vincere con la propria squadra una partita di campionato.
Con buona pace dei tabellini, delle “top qualcosa”, delle interviste tutte uguali e di quelli che a spendere i soldi degli altri sono bravissimi.
“Vi racconto una storia…”, la prossima volta.

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