Calcio

Bentornati su Shutter Island

Numeri, contraddizioni e squisitezze dell’anti juventinità italiana. Dov’è Rachel Solando?

Shutter Island è un film di Martin Scorsese del 2010. Leonardo Di Caprio, nei panni dell’ispettore dell’FBI Edward Daniels, con la sua spalla Chuck Aule, ha il compito di investigare sull’improvvisa scomparsa di una paziente dell’Ashecliff Hospital, su Shutter Island appunto. La paziente si chiama Rachel Solando. Peccato che in realtà Edward Daniels sia l’anagramma di Andrew Leddies e Rachel Solando quello di Dolores Chanal. In poche parole, l’istituto psichiatrico asseconda l’esistenza parallela che Di Caprio/Andrew Leddies è costretto a inventarsi per riuscire a convivere con il dolore di aver sparato alla moglie Dolores Chanal, anche lei alle prese con le sue turbe psichiche, che purtroppo la portano ad annegare i due figli della coppia. Una volta messo di fronte alla dura e dolorosa realtà – e capito quindi che Rachel Solando non esiste, così come tutto il contesto circostante – Andrew sembra riuscire a far pace col burrascoso passato ma, poche ore dopo, l’ennesima ricaduta costringono la clinica di Ashecliff a lobotomizzare il povero Leddies nel tanto temuto faro di Shutter Island.

Anche lo sport italiano somiglia a una grande Shutter Island con tanti Andrew Leddies costretti ad inventarsi le varie Rachel Solando, per riuscire a convivere con un dominio netto e incontrastato come quello della Juve. Rachel Solando non è l’anagramma di arbitro, ma purtroppo è come se lo fosse. Gli arbitri, quelli che puntualmente ogni anno la Juve comprerebbe per indirizzare i campionati a suo favore. Come se ne avesse bisogno. Domenica la compagine bianconera ha la possibilità di riscrivere ancora una volta la storia del calcio italiano conquistando il sesto scudetto di fila, cosa mai riuscita a nessuno. Potrebbe bastare anche un pareggio in casa – ehilà, guarda un po’ – della Roma. La squadra di Radja Nainggolan, l’autore dell’infelice, quanto a suo modo geniale, uscita-sfogo con un tifoso: “odio la Juve, perché vincono sempre per un rigore o per una punizione”. Ora, tralasciando le solite vicissitudini interne che ogni anno squassano con una certa facilità il fragile e tumultuoso ambiente sportivo romanista, il Nainggolan è il centrocampista della squadra con più rigori a favore dell’intera serie A a quota 14, l’odiata Juve è a quota 3. Costretto a rimanere nella storia, poi, l’ultimo concesso ai giallorossi nel derby con la Lazio, con uno strepitoso Strootman versione Carla Fracci falciato, forse più che da Wallace, da Rachel Solando. Lo stesso Nainggolan incapace di mantenere promesse e ambizioni importanti “questa Roma è da triplete, oppure “fidate, con la Lazio vinciamo entrambe le gare e poi alziamo la Coppa Italia contro la Juve”. Questo per chiudere il capitolo inerente al meraviglioso mondo Roma che, al netto degli attuali 7 di quest’anno, ha accumulato oltre 100 punti di ritardo dalla Juve nelle ultime sei stagioni. Non lo dice Rachel Solando, né Andrew Leddies. Lo dicono le statistiche bianconere, applaudite anche dall’UEFA con un tweet datato 29 gennaio 2017. Colpa degli arbitri, la Juve rubbba. Con tre b.

QUI NAPOLI/ Poi c’è il Napoli. Anche per i partenopei si sfonda il muro dei 100 punti di svantaggio inflitti dalla Juve negli ultimi sei anni. Handicap minimo accusato da tutti. Napoli, città di Raffaele Auriemma. Quello che se gli chiedi un parere sulla mano di Dio di Maradona che permise all’Argentina di battere l’Inghilterra ai quarti per poi vincere il Mondiale messicano dell’86, ti dice che “bisogna essere abili a saper fare anche quelle cose lì”. Però poi gli altri rubano. Una meraviglia logica da antologia. Lo stesso Maradona, che col passare del tempo ha vestito i panni di pensatore contemporaneo, proferendo frasi del tipo “se il Napoli non si farà sentire in Federazione, non avrà mai la stessa forza della Juve”. Amen. Poco altro da dire sui partenopei, la grande cambiale del calcio italiano: tanti “vincerò” estivi, mai mantenuti al momento opportuno. E qui la lotta con la Roma, puntualmente campione d’Italia ad agosto, è ardua. Ma la causa è sempre lì: la Juve ruba.

QUI TORINO/ In chiusura, tralasciando l’Inter di D’Ambrosio, quello che “con la Juve non c’è poi così tanto distacco”, -29 in classifica, in questi giorni una menzione speciale la merita il Torino e i suoi tifosi. È roba nota la delinquenziale camminata di Glik su Higuain nella semifinale di ritorno col Monaco di Champions League, che ha visto la Juve centrare la seconda finale negli ultimi tre anni (ricordiamo un ricorrente hashtag, #finoalconfine). Ti aspetti una ferma condanna generale del gestaccio del povero Glik, ma invece l’anti-juventinità dà ancora il meglio di sé. Perché non esistono più juventini, milanisti, interisti, torinisti, romanisti e napoletani. Esistono juventini e anti juventini. Nello specifico, sui social hanno fatto a gara per scrivere cose così: “FORSE – per alcuni nemmeno quello – il gesto di Glik è stato brutto, ma bisogna capirlo: in Italia gli hanno rubato tutti i derby”. Da brividi. Come se fosse normale camminare sugli avversari e soprattutto come se fosse Antani con scappellamento a destra. Perché sembrano non esserci altri modi per giustificare queste uscite discutibili e prive di qualsivoglia obiettività e sportività. Non solo dei torinisti, eh. Perché l’anti juventinità è un sentimento nobile e romantico, abbatte ogni diversità di colore e unisce le masse. Con tutto il rispetto, ma tolto il grande Torino – che mai finiremo di omaggiare e ricordare, perché effettivamente “solo il fato li vinse” – non ci sono sussulti particolari nel palmares della seconda squadra di Torino. Sette scudetti (i cinque consecutivi di quel grande Toro, appunto) e cinque coppe Italia. Quell’altra squadra di Torino, invece, ha vinto qualcosa in più. Statistiche sui derby: prendendo gli ultimi 22 disputati, il bilancio recita freddamente così: 17 vittorie Juve, 4 pareggi e 1 vittoria Torino. Troppo e maledettamente poco per potersi attaccare ad arbitraggi discutibili e alle varie Rachel Solando invocate dai granata. Ah, ovviamente non vanno neanche fatte passare sceneggiate come quelle di Dybala nell’ultimo derby, questo è chiaro. Perché la legge vale per tutti. Così come valgono, eccome, i quasi 300 punti di divario accusati dal Torino nei confronti della Juve, sempre negli ultimi sei anni. Non va dimenticato che negli ultimi due anni il Torino ha beneficiato di 20 rigori – 10 finora e quest’anno mancano ancora tre giornate – statistica niente affatto trascurabile. Però la Juve ruba, ne.

Basterebbe poco, davvero. Si potrebbe davvero fare bella figura spendendo poco: togliersi il cappello davanti agli impressionanti numeri della Juve delle ultime stagioni e farle i complimenti. Ne usciremmo tutti da signori. Perché non c’è nessuno che compra arbitri, c’è solo una squadra più forte delle altre. E prima o poi tutti beneficiano di errori arbitrali. La VAR, ultimo appiglio dell’anti juventinità, la vedremo nel prossimo articolo. Ma è evidente, lo dicono i fatti e il continuo odio con il quale stiamo allevando le nuove leve, che la sempre più scoraggiata frangia anti juventina italiana non era psicologicamente pronta per un dominio bianconero così longevo. Va bene uno scudetto, forse anche due consecutivi, ma sei (più due finali di Champions in tre anni) proprio no. Poi le finali si vincono e su questo non ci piove, ma arrivarci non è certo malvagio. Buon Real Madrid (domanda: i napoletani tiferanno la squadra che li ha eliminati?) e Lazio a tutti. C’è un triplete da evitare a tutti i costi. E ovviamente, buona caccia a Rachel Solando.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

To Top