Futsal

Una questione di numeri 11

Coppa Italia 2016.
Bordo Campo.
Calcio d’angolo, corre a batterlo questa ragazza con indosso la maglia numero 11.
Ortega.
Come quell’argentino inseguito dai suoi demoni che regalo l’ultimo titolo argentino al River Plate, indolo indiscusso di una delle tifoserie più calde in Sudamerica.
Questa ragazza con i capelli color della notte è in perenne movimento, lo sguardo fisso al gioco e i piedi rapidi e il tocco morbido.
L’ho vista giocare ancora in quello stesso campionato, un quarto di finale in casa della squadra che avrebbe poi vinto lo scudetto.
Sacrificio e classe, dispensati in egual misura.
La riconosci subito in campo, anche senza il suo cognome sulla schiena. C’è dove conta, dove rotola il pallone e dove può essere utile alla sua squadra.
Una gran giocatrice, davvero.
Passano le settimane, riesco ad ascoltare la sua voce in una trasmissione radio.
Spesso mi accade di sorprendermi dallo stridere di una voce gentile e solare, con l’immagine che ho dell’atleta in campo.
Mi arrivano alla mente tantissime domande: quali sono i suoi ricordi, i suoi sogni?
Solo una persona può darmi una risposta.
In un’estate calda, con il tempo che rallenta, sullo schermo del mio computer si compone una storia, fatta di spagnolo e italiano, composta di pezzi di vita e di speranze.
Molte storie di futsal femminile, come spesso molte storie di calcio, hanno un comune inizio.
Una bimba che gioca a pallone con i suoi coetanei maschi.
Riempie le sue giornate di partite, non importa il sesso dei compagni di squadra o degli avversari, quello che conta è inseguire un pallone e cacciarlo in rete.
In un posto a metà strada tra Barcellona e Madrid, questa bimba vivacissima, diventa una giovane atleta e trascorre uno dei suoi periodi più felici così, all’ombra della Basilica del Pilar che si specchia sulle acque placide dell’Ebro. Si accorgono presto del suo talento e approda in Prima Divisione, in una giovanissima squadra della sua città il Natudelia. Ne sarà il capitano per tre anni, arrivando a disputare una Coppa di Spagna, quel talento cristallino e ancora grezzo le apre le porte della Roja e entra nel giro della nazionale spagnola.
Arriva in Italia dopo un anno al Logroño, per diventare grande e misurarsi con un cambiamento che non è solo geografico ma è umano e professionale.
Il suo presente sta correndo incontro al suo futuro.
Eva vorrebbe tornare a misurarsi nel campionato italiano, giocare al massimo livello e confrontarsi con le migliori giocatrici. Allenarsi duramente, in un ambiente che la metta davvero alla prova, nel quale possa crescere e migliorarsi e coltivare l’ambizione di vincere qualcosa d’importante.
Ho viaggiato molto nell’ultimo campionato, aggiungere qualche chilometro, spero davvero pochi in realtà, per poterla vedere ancora dal vivo, è in fondo un sogno che spero non sia solo mio.
Scegliendo una foto e un titolo per questo pezzo ho notato che sulla schiena di Eva, lo scorso anno capeggiava il numero 11, il numero che indossa Federica in campo e anche quella di Ilaria e la sua maglia da campionessa d’Italia e anche quella miglior giocatrice della finale e del campionato.
Una questione di numeri 11.

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