Futsal

Per non sognare più

sognare

PER NON SOGNARE PIU’

(FOR NOT DREAMING MORE)

 

E’ un sogno, è soltanto un maledetto sogno!
Apri gli occhi forza, grida forte ma la voce non esce, le dita sono serrate eppure io lo so che non è reale questo pallone che avanza verso la mia porta , gol, triplice fischio, zero punti in cascina, zero idee da salvare, il risultato non mi sorride come mia moglie dagli spalti che non ha capito il dramma che sto vivendo, il risultato non mi attende come le mie atlete il lunedì successivo in campo.

Sbam, un rumore sordo, no non è quello della felicità, è soltanto un pallone che è uscito dalla sacca che ho in spalla e che rimbalza piano e sordo sul parquet, forse è proprio lo stesso pallone del sogno, forse è solo un pallone che si è stancato di fare il pallone gonfiato ed ha deciso di abbandonare i suoi simili.

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A che punto siamo di questa traversata oceanica chiamata crescita del futsal Femmnile?

Abbiamo appeso qualche medaglia a gente di indubbio valore e ne abbiamo tolte altre a chi ieri era un eroe ed oggi non ci serve più, d’altronde se cade uno dalla torre significa che si libera un posto per chi sotto sbava ed attende la sua poltrona.

Abbiamo appreso che qualcuno arrivato dallo spazio ci ha salvato tutti, belli e brutti, anche quelli che questo sport l’hanno allattato e poi addormentato cullandolo con una canzoncina di buon auspicio, abbiamo scoperto che vince solo chi vince e gli altri zitti e muti e guai a dissentire perché da oggi la lezione ce la insegna quel tizio li che fino a ieri si occupava di salami!
Come di salami?
Sì, di salami e tu che hai studiato, corso, vissuto, sudato e trasudato con questo sport, stai in silenzio ed a catena.

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Abbiamo scoperto che si nasce e si muore in un giorno, che le squadre fanno dei giri immensi e poi ritornano, cambiando una vocale al nome e non devono più niente a nessuno, abbiamo scoperto che i vertici corrono per una pagina di giornale ed una foto da incorniciare ma poi se li cerchi perché il regolamento non è chiaro, perché il movimento sta crollando dalle basi o perché semplicemente hai un problema logistico, non cercarli!

L’utente da lei chiamato non risponde della solitudine in cui sono lasciate le società, i tecnici, le giocatrici.

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Quanti sogni e speranze sono disilluse, quanto è davvero cambiato e migliorato questo sport? Quanto sei davvero complice del silenzio che ci trascina alla deriva mentre all’esterno sembra tutto cosi bello e meraviglioso?
1,2,3 rimbalzi controllati ed il pallone continua ad allontanarsi dalla sacca, un pallone sgonfio, no non può essere quello del sogno, non è quello che mi terrorizzava mentre correva verso la mia porta, questo è molto peggio, non è un sogno, è reale, è un incubo, è la visione chiara che forse abbiamo sbattuto pugni, chiappe e testa per ritrovarci sempre al punto di partenza.

Strutture poche, squadre giovanili pochissime, dirigenti intenti a spendere 4 spicci piuttosto che investirli in una visione che vada oltre il proprio naso, allenatori abilitati e non ma sicuramente poco aggiornati, vertici che mi domando come possano essere la punta di una piramide che non ha basi e che se anche le avesse, meriterebbe sicuramente una punta più conscia della funzione che dovrebbe svolgere.

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1,2,3 rimbalzi controllati, la palla rotola mentre il sole si spegne dietro le vetrate del palazzetto, si spegne come i canali TV che dovevano seguirci, come gli sponsor che decidono chi vive e chi muore, come i sogni di chi magari a 16 anni ci lascia pure un crociato nella speranza un giorno di indossare la maglia della Nazionale, non la biasimo, ma la Nazionale di chi è?
Per me è delle bambine, per le bambine che furono Ersilia, Ludovica, Nicoletta e per le bambine che saranno, che ne so magari Silvia, Federica ed Eleonora ed allora portatele vicina alle ragazzine queste atlete, accompagnatele nei territori, anche quelli dimenticati da Dio, quelli dove per tirar su 12 ragazzine devi dormire sotto casa dei genitori, devi convincerli che alla bambina non cresceranno i baffi dall’oggi al domani e che sognare si può ma che siamo uno sport di nicchia ed ancora dilettantistico e che nessuno se ne vergogni.

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Ci si vergogni di rubare e non di amare, ci si vergogni di una bugia e non di una verità, ci si vergogni di abbracciare una persona con il coltello stretto nell’altra mano e non di saper piangere e trepidare per qualcosa che è di nicchia soltanto perché è troppo bello per esser compreso da tutti.

1,2,3 rimbalzi controllati il pallone si allontana ancora, esce dalla sacca per far posto a quello di Beach Handball, una guerra tra poveri dove vince il più povero che con un biglietto di sola andata se ne va alle olimpiadi, 3 giorni di indignazione e poi di nuovo dai profili Fb riparte la guerra dell’ io sono più bello del mio vicino, la mia squadra, la mia fede, giù le mani da questo o da quello, presentazioni in pompa magna, per cosa?

Prendiamocela pure con il Beach Handball che tanto mai ci risponderà invece di prendercela con noi stessi, con ciò che non abbiamo fatto per rendere tutto più sostenibile, visibile, giustificato.
Mentre a giro tra l’indifferenza e l’esultanza dei poveri d’animo godiamo delle disgrazie altrui, poi chiediamo la testa di tizio e caio, poi scriviamo frasi roboanti accompagnate da una foto con 4 filtri ed alla fine torniamo a coltivare le nostre mancanze.

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Siamo un movimento dove non si reggono in piedi le società, dove la Federazione non ha abbastanza risposte per i tanti interrogativi, dove la parola certezza è quasi una bestemmia perché magari a dicembre sei primo in classifica ed a maggio neanche ci sei più in classifica perché lo sponsor si è stancato.

1,2,3, rimbalzi controllati. Massimo per favore una birra, anzi 2 oggi offro io, abbiamo vinto la prima di campionato, non sogno più quel maledetto pallone che entra in fondo alla rete, oggi ho vinto.

Massimo De Paoli prende la sua birra mi guarda e dice:

“Abbiamo giocato a 2 a 3 ed a 4, siamo partiti facendo semplicemente girare la palla, possiamo inserire la finta, il dribbling, abbiamo lavorato sui reparti e sulle catene, possiamo fare, impostare e concludere gioco, tutto semplicemente partendo da 8 parole.
A quel punto i ragazzi hanno capito e se in 2 ore non ce la faremo, in 10 anni che è il tempo che ha un settore giovanile ce la si può fare, ma molto bene, non bene ma molto bene, ce la si deve fare.
Se non ce la fai è perché hai sprecato il tempo a fare il fuorigioco, hai sprecato il tempo a come vincere la partita, hai sprecato il tempo a fare cose che non costruivano il giocatore e la squadra ma che servivano esclusivamente a te a vincere ed a dire che hai vinto tu al posto suo, hai vinto la sfida quella importante quella del bar, quella che vai e dici io ho vinto.
Non hai vinto niente, hai creato l’illusione nei tuoi giocatori di aver risolto il problema e sono ancora alla base della montagna, pensano di essere in cima perché han vinto la partita, sono ancora alla base, devono ancora camminare e lassù l’ossigeno è poco e non li hai preparati.

Quando arrivano là e non hanno la maschera dell’ossigeno devono tornare indietro, non ce la fanno.”

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Mi chiedo come tecnico quanto ho fatto per questo sport? Quanto ho lavorato per farlo durare nel tempo e lasciarlo migliorato a chi ci sarà dopo di noi? Quanto ci siamo confrontati, rispettati ed aiutati?

E’ notte fonda, sono infastidito, accendo una sigaretta.
Mia moglie mi ha svegliato mentre urlavo al mio portiere di prenderla, era quella maledetta palla a rimbalzo controllato, è morta nella mia porta insieme a tutti i sogni che ci avevo proiettato.

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