Serie A

Andrea Palermo, il baby capo ultrà del Bitonto e la sua famiglia neroverde

Si chiama Andrea Palermo, ha appena 9 anni ed il più giovane capo ultrà della Serie A, molto probabilmente non solo per quanto riguarda il futsal. Il corpicino è esile, ma dategli un megafono e trasformerà un palazzetto in uno degli stadi più infuocati. Un carisma innato, quello del piccolo Andrea, autore e interprete di tutti i cori delle leonesse, che mette nero su bianco con l’aiuto della sorellina Carlotta, di 4 anni più piccola.



“Tutti nello stadio-o, con le mani al cielo-o , insieme per cantare-e, con la squadra del Bitonto!”
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La prima strofa è sempre sua, mentre le neroverdi – quasi ipnotizzate – gli fanno eco sotto la curva, ormai il regno del numero 1 dei tifosi.
“Ormai anche a scuola sanno che sono il capo ultrà – sorride nell’unico momento di timidezza. – È emozionante, mi piace tantissimo quello che faccio e poi è per una grande squadra: il presidente mi ha promesso che vinciamo almeno un titolo – si lascia sfuggire – e a me piacerebbe tanto che fosse lo Scudetto”.

Ma come è nata questa passione?
“L’anno scorso, causa Covid e io e papà ci mettevamo sul divano, a vedere le partite da casa. Appena è passato, però, siamo andati insieme al campo e non abbiamo più smesso. Mi piace che siano delle ragazze a giocare, perché è qualcosa di insolito. E poi mi piace che ci sia tanta gente a vederle”.
La partita che l’ha letteralmente fatto impazzire è stata quella vinta in rimonta a Francavilla (da 2-0 a 2-4), ma le emozioni sono enormi anche quando in palio non ci sono i tre punti.
“Ho visto il Memorial Sandri e la finale con la Lazio a casa di un amico di papà. Dopo che hanno vinto, abbiamo scritto un biglietto per ringraziarle e siamo passati a casa delle ragazze per lasciarlo sotto la porta. Non l’ho firmato, mai poi ho detto che ero stato io. Erano state davvero brave”.

Gaby Tardelli, Diana Santos, Taina Santos, Lucilèia davanti e Cenedese o Pernazza: idee abbastanza chiare sul quintetto ideale. Un po’ perché ormai con mister Marcio Santos ha stretto un legame fortissimo, un po’ perché lui di calcio a 5 ne capisce davvero.
“Gioco da tre anni nell’Under dell’Olimpia Bitonto: ho iniziato in porta, poi sono diventato difensore. Marcio ha detto che presto verrà a vedere un mio allenamento e io l’aspetto per ascoltare i suoi consigli. Da grande vorrei fare il calciatore. E se Carlotta volesse fare anche lei la calciatrice, io ne sarei felice”.

La vera bellezza del progetto del Bitonto risiede forse proprio in questo: arriva a tutti, è universale.
“Ti faccio un esempio – interviene papà Nicola -. Adesso che è iniziato Euro 2022, abbiamo invaso i gruppi con le nostre foto incollati alla TV a tifare Italia. Può sembrare scontato visto che si tratta di Nazionale, ma la realtà è che se non ci fossimo appassionati al Bitonto, il calcio a 5 per molti di noi sarebbe rimasto ancora uno sport poco conosciuto. E poi, finalmente, si parla della nostra città per qualcosa di bello: lo sport, i valori, i sacrifici e i successi. Prima che il presidente Intini iniziasse questo progetto non era prevista neanche la costruzione di un palazzetto come centro di aggregazione, ma adesso che ci ha portati in Serie A e ha fatto capire a tutti la meraviglia di questo sport, tante cose dovranno essere riviste”, sorride.

Un fascino dal quale nessuno è escluso, neanche mamma Stefania, la prima a saltare in piedi quando segnano le pugliesi.
“All’inizio mi criticava – spiega Nicola – perché prima, essendo un artigiano e lavorando tutta la settimana, la domenica pomeriggio era sacra. Niente shopping e niente passeggiate, volevo solo riposare. Da quando c’è il Bitonto, invece, la domenica è ancora sacra, ma per il calcio a 5 e questo la faceva arrabbiare… Poi, però, ha visto una partita e non ne ha persa più una”.
Come si cambia, direbbe il testo di una nota canzone.
“E il bello è che si fa senza chiedere nulla indietro, tutto col cuore. Hai presente il circo di paese? Quello in cui un tizio controlla i biglietti, poi è dentro a vendere i pop corn e poco dopo sta eseguendo un esercizio al trapezio? Quel tizio sono io al palazzetto – ride. – Controllo Green Pass e biglietti, do una mano a sistemare e poi faccio il tifo sfegatato. Presidente e società sono stati bravissimi a farci avvicinare e a coinvolgerci, il resto l’hanno fatto le ragazze. Sarò di parte – dice Nicola – ma quando il Bitonto gioca, è diverso dalle altre. Può anche perdere, ma rimane bellissimo da vedere: non è muscolare, è eleganza, è classe. E pensa che questo spettacolo ce l’abbiamo tutte le domeniche”.

E chissà che un giorno, i cori da Serie A non siano per lo stesso Andrea o per Carlotta.
“Magari, sarebbe un sogno sia per me che per mia moglie – confessa Nicola. – Noi cerchiamo di crescerli dando loro la possibilità di fare quel che desiderano, senza alcun tipo di pregiudizio. Andrea, ad esempio, è l’unico maschietto di una scuola di danza. È un ottimo ballerino, in ben tre generi: hip hop, contemporanea e moderna. I maestri dicono che potrebbe fare strada, ma lui sta ancora decidendo: tre giorni fa danza e tre giorni calcio a 5. Anche Carlotta proverà presto col futsal: le piace, gioca a casa col fratello e io non vedo l’ora di farla provare, senza problemi, perché lo sport non ha genere”.
E quando si tratta di Marbel Bitonto, non ha neanche confini. “Ci organizziamo per tutte le trasferte possibili e quando non si può, c’è Internet oppure Sky: prima vedevo il Milan, ora seguo la squadra di Marcio. È strano quando le ragazze che il giorno prima erano in tv, le incroci il giorno dopo in una corsia del supermercato… Questa società, dal presidente al mister e alla ragazze, senza dimenticare nessuno, ci sta facendo vivere cose incredibili. Ma il ringraziamento più grande che io e mia moglie vogliamo fare è come tutti trattano Andrea”. Il piccolo capo ultrà, il figlio di una città intera.

“Tutti nello stadio-o,
con le mani al cielo-o ,
insieme per cantare-e,
con la squadra del Bitonto!
Sento-o, dentro-o,
la passione neroverde!
Siete voi, siete voi
le leonesse neroverdi siete voi”!

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