Serie A

Padova, Alessandra Onofri e la Serie A: “Zero rimpianti, osare e divertirsi”

Onofri

È un Padova che vive alla giornata e con serenità, quello dell’anno numero 1 in Serie A, il traguardo più ambito e più duro della disciplina a rimbalzo controllato. Il fatto di averlo tagliato in tempi molto brevi è il merito più grande del club biancoscudato lanciato lassù dal successo nei playoff contro il Molfetta, ma – paradossalmente – anche il suo più grande “limite”.
“Siamo stati bravi a salire velocemente – spiega Alessandra Onofri, validissima preparatrice dei portieri – ma si deve anche dire che tre mesi sono stati troppo pochi per strutturarci adeguatamente e ora ne stiamo pagando un po’ lo scotto. Cosa prevale? Che la categoria è così bella che ce la godiamo lo stesso, cercando di fare il massimo con quello che abbiamo e vedendo quello che riusciamo a fare. Sembrerà strano, ma vorrei ancora ci fossero 20 partite davanti: sono la persona che si emoziona per la bella giocata, come se vincere o perdere venisse quasi in secondo piano. La classifica parla chiara, accetteremo quello che riusciremo a fare: se si finirà la stagione con una retrocessione, vuol dire che ci ricostruiremo con più calma, in caso contrario vuol dire che avremo avuto forza a sufficienza per meritare di rimanere dove siamo, e magari aggiungeremo qualche tassello per ‘soffrire’ meno”.

CASETTA E mentre il destino fa il suo corso, Onofri si prende tutto il bello: il legame sincero che nasce dalla condivisione di momenti in salita, la riconoscenza e l’abnegazione delle sue, la possibilità di vederle crescere senza mai lesinare energie. Marcelli, Carturan e Garcia: con loro ha coltivato un micro-cosmo chiamato la “casetta”.
“E’ uno spazio piccolo all’interno del campo, quello dell’area di rigore, ma ricco di empatia, fiducia e serenità nel quale convivono tre portieri stupendi: atlete ironiche, intelligenti, competitive e sempre pronte ad incoraggiarsi l’una con l’altra. Con il mister lavoriamo molto in integrato giocatori-portieri, quando abbiamo il nostro spazio tra i pali cerco di creare giochi/esercizi dove tutte sono impegnate. C’è Gioia che ha 19 anni, una maturità insolita per la sua età e ancora tanto margine di miglioramento davanti a sé; poi Denise, che era ferma da un anno e mezzo e viene dalla C: all’inizio scappava da palo a palo – sorride – ora, invece, ha trovato come dosarsi; e poi c’è Cristina, giocatrice con un’ottima tecnica di base, che sta lavorando con buoni risultati sulle scelte da fare in base alla situazione di gioco. Sono stupita dal loro percorso”.

DALLA PALLAVOLO AL FUTSAL Anche Onofri è stata portiere in Serie A, ma tutto è iniziato quasi per gioco.
“In realtà nasco come pallavolista, ero il numero 7 come Mila Hazuki nelle Seven Fighters – ride. – Ho trascorso 17 anni, fino al 2010, tra pallavolo e beach volley, poi mi sono rotta spalla, cuffia, legamenti e due tendini. Insomma, una situazione insanabile che mi ha successivamente avvicinata ai campi di calcio a 5. Fu Giorgio Siorini del PSN a notarmi. “Tu sei un portiere”, mi disse. “No, io sono una pallavolista”. Lo scambio durò un po’, ma alla fine mi convinse. Siamo partiti dalla Serie C, fino ad arrivare a quella che allora si chiamava Serie A d’Elite. Come ero? Poco tecnica, molto istintiva. Mi piaceva molto come ruolo, ma poi sono arrivati gli impegni di lavoro e, a 32 anni, ho deciso di smettere”.

SENZA RIMPIANTI Inizia a quel punto la carriera da allenatrice dei portieri nella Juniores del Granzette. “L’ho vista nascere quella squadra – sorride -, eravamo tutte ragazze, sono stati anni in cui ci siamo divertite tanto e siamo anche riuscite a vincere tanto, iniziando la scalata dalla Serie D. Conservo con loro tanti dei miei ricordi più belli”. Poi prestigioso ruolo di Referente Tecnico del Centro Sviluppo Territoriale di Calcio a 5 per quanto riguarda il settore giovanile e, contestualmente, il suo passaggio al Padova con la rapida promozione in Serie A.
“Me l’aspettavo dura esattamente per come è. La differenza più grande è nella velocità di gioco e soprattutto di pensiero, c’è una velocità cognitiva altissima, ma noi ci proviamo ogni domenica in tutti i modi e un po’ di più. Sarà lo stesso col Tiki Taka: una gara difficile come tutte le altre, ma dobbiamo uscire dal campo senza nessun rimpianto. Ai miei portieri dico sempre di osare, di divertirsi e di uscire dal campo senza dirsi potevo fare qualcosa in più… fallo! Il futsal è un gioco, ma il gioco è una cosa seria e noi lo prendiamo come tale”.

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