Futsal

Sara Sinigaglia, ricetta Granzette: “Società sana, impegno e passione”

Sara Sinigaglia

Recuperare gli acciacchi e limare i dettagli in tempo utile per la trasferta di Roma, in casa Lazio. Questo il doppio compito del Granzette di Bassi, ancora una volta reduce da una gara i cerotti contro una delle formazioni storiche di questo campionato: lo Statte. Risultato sfavorevole, ma Sara Sinigaglia si lascia tutto alle spalle con filosofia.
“Non era la partita che dovevamo vincere, anche se, vista l’assenza di Renatinha, non ci sarebbe dispiaciuto strappare un punto – sorride. – Purtroppo, eravamo un po’ in difficoltà a livello numerico: oltre agli infortuni che già conoscete, Iturriaga si è fermata nel riscaldamento e Longato ha avuto qualche problema nel corso del match. Potevamo sicuramente far meglio, ma è andata così e abbiamo valutato le varie situazioni per cercare di migliorare”.
Una responsabilità che la squadra sente anche nei confronti dei propri tifosi, attaccatissimi all’unica realtà femminile – l’altra è il Rugby Rovigo maschile – a portare in alto il nome della città.
“A volte mi chiedo come sarebbe stato con il nostro pubblico sugli spalti, perché ci avrebbe dato sicuramente una spinta in più in partite come quella di domenica. Dispiace per noi, ma dispiace anche per chi ci segue da anni, sostenendoci sin dall’inizio, e sul più bello non può partecipare, perdendo la possibilità di vedere super giocatrici calcare di volta in volta questo palcoscenico”.

E quando Sinigaglia dice “sin dall’inizio”, intende proprio dalla fondazione.
“Quando sono arrivata io, il Granzette aveva sì e no sei mesi, io avevo 22 anni e avevo da poco ripreso a giocare una lunghissima inattività, dovuta all’assenza di squadre nelle quali arruolarsi superata l’età che ti permette di allenarti con i ragazzi. Se penso a quando siamo partite – ricorda Sara – mi viene in mente un pre-partita di un playoff di serie D, ero un po’ agitata e il mio mister di allora mi disse: “pensa a quando andremo a fare quelli di C…”. Io lo prendevo per pazzo: tutte giocatrici nel tempo libero, con un lavoro che ci impegnava tutto il giorno, zero rimborsi e le altre condizioni tipiche dell’amatoriale. Eppure eccoci qua, mi chiedo spesso come abbiamo fatto”, ride.
Glielo chiedo anch’io e la risposta è già lì ad attendermi.
“Abbiamo avuto il privilegio di avere una società molto sana, che non ha mai promesso più di quel che avrebbe potuto e quello che ha promesso, ha sempre mantenuto. E poi c’è sempre stata tanta passione, sia da parte delle persone che hanno costruito la squadra, sia da parte delle giocatrici storiche che, dopo 10 anni, formano ancora lo zoccolo duro dell’organico”.

E anche ora che la categoria ha imposto di potenziarsi con l’inserimento di giocatrici straniere alle quali contendere minuti di gioco, nulla è cambiato all’interno dello spogliatoio.
“Ognuna sa che è importante, la società ce l’ha sempre riconosciuto e questo fa sì che tutte ci sentiamo valorizzate allo stesso modo in questo percorso. Il fatto è che, nella nostra mentalità, il Granzette è stato sempre qualcosa di più importante ed è un credo che abbiamo da quando tutto è nato, uno stile di vita fatto di attitudine al lavoro e attaccamento alla maglia. Il nostro hashtag, #granzettefiero, vuol dire proprio questo: essere orgogliosi di far parte di questo gruppo e trasmetterlo a chiunque arrivi in società, facendogli capire che entra in un contesto in cui contano le persone, prima che le giocatrici. Chi è andato via, lo ha fatto sempre per causa di forza maggiore, ma Granzette rimane nel cuore”.
Ecco perché, a quasi 40 primavere, Sinigaglia non vuole saperne di abbassare il ritmo e vive a pieno regime il campionato più impegnativo della sua carriera.
“Forse il mio infortunio al crociato di 5 anni fa mi ha fatto scoprire cose di me che non sapevo. Da lì – si affretta a spiegare leggendo il punto interrogativo sul mio viso – ho capito che dovevo cambiare qualcosa se volevo continuare a giocare, e io lo volevo a tutti i costi. Ho iniziato a curare gli allenamenti facendone anche di extra, l’alimentazione, me stessa. Insomma, sono diventata un’atleta: se prima davo tutto per scontato, tutto ciò che ho fatto da quell’infortunio in poi, mi ha permesso di essere all’altezza della categoria e delle persone che ci sono nello spogliatoio”.

Principi sportivi saldissimi che – insieme ad Itu e Pascual, altre due stacanoviste del futsal, e all’infaticabile diesse Silvia Dall’Ara – Sara cerca di inculcare ai calcettisti del settore giovanile.
“Non è stato facile trovare sponsor che ci appoggiassero, ma alla fine siamo riuscite a far partire un progetto bellissimo con gruppi di bambine e bambini che vanno dai 5 ai 14 anni. Adesso è tutto fermo perché la salute è la cosa più importante, ma continuiamo a tenerci in contatto via Zoom e ci scambiamo video di allenamenti da fare a casa”.
Ed è da casa che i piccoli nerarancio seguiranno le gesta delle loro insegnanti, impegnate nella difficile gara contro una Lazio che lunedì scorso ha travolto il Cagliari.
“Si è vista tutta la loro voglia di riscatto, ma – taglia corto Sara – noi andremo lì con l’intenzione di fare risultato, o quanto meno una bella figura. L’obiettivo rimane sempre la salvezza e faremo del nostro meglio per raggiungerla il prima possibile”.

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