Serie C

Altea Macchi carica l’Accademia Calcio Bergamo: “Sappiamo quanto valiamo”

Altea Macchi

Cadere sette volte, rialzarsi otto. È fatta di questa tempra l’Accademia Calcio Bergamo di Altea Macchi, pivot/laterale da tre stagioni in rosanero. Anche se contro il Villa Guardia è arrivato solo un gol (e zero punti), il turno è già stato metabolizzato.
“Sapevamo di dover giocare contro una squadra molto forte tecnicamente e con avversarie molto più grandi di noi d’età. La Serie C è un campo tosto sul quale misurarci, ma stiamo lavorando per farci trovare pronte col Santu Predu”.
Come per Fiori, anche per Macchi il nome delle sarde è strettamente collegato al successo in Coppa Italia.
“Ero sugli spalti a Bisceglie ed ero agitatissima. Quando ho realizzato? Solo quando sono entrata in campo e ho toccato con mano il trofeo. La gara si era riaperta offrendo una finale al cardiopalma, ma proprio per questo la gioia alla sirena è stata ancora più grande. Alice Volpe lì è stata davvero straordinaria”.

Calcio a 5 come nuova bellissima dimensione che porta avanti di pari passo tra una versione di latino e una di greco.
“Al calcio a 11, ora, non tornerei mai. Ero già affascinata dal futsal, ancor prima di provarlo in maniera un po’ forzata nel periodo del Covid. All’inizio ero un po’ spaventata dal cambiamento, invece è stata una scelta che mi ha dato tante soddisfazioni. Il 7 sulle spalle è legato alla mia migliore amica, perché è il suo giorno di nascita. “Ti porterà fortuna”, mi ha detto. E da allora non l’ho più lasciato. Gioco e studio, il classico è una scuola impegnativa, ma mi aprirà tante porte. Per ora sono orientata verso il design della comunicazione, anche se ancora non so esattamente cosa farò da grande”, sorride.

Quel che conosce bene è l’origine del suo nome: Altea, dal greco ἀλθαίνω, guarire.
“La storia è andata così. Mia madre mi aspettava da tre mesi quando le dissero che probabilmente sarei nata con un grave problema, ma lei decise di portare avanti la gravidanza ed ora eccomi qui, perfettamente sana – sorride -. Altea, “colei che guarisce, colei che cura”. Penso che il nome sia decisamente appropriato”.
Sorriso contagioso e determinazione: così la calcettista attende il match col Santu Predu.
“Siamo cariche, perché sappiamo chi abbiamo davanti e sappiamo quanto valiamo: proveremo a portare a casa il risultato avendo un chiaro obiettivo in testa, che per scaramanzia non dirò – aggiunge con una risata. – In tutte le cose servono testa e cuore, poi quel che verrà, andrà comunque bene”.

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