Futsal

Jessica Troiano – Il bomber di Caldogno

Di Avellino, dov’è nata, Jessica Troiano non può ricordare nulla. Ha solo un anno, infatti, quando mamma Anna lascia la città e si trasferisce a Caldogno, ad un quarto d’ora di strada dal “Romeo Menti”: quel percorso Jessica lo fa con Fabrizio, il compagno della madre che lei sceglie per papà. Quando varcano i cancelli dello stadio, a nessuno verrebbe mai in mente di pensare che tra quel gigante e la bambina che stringe a sè, non ci sia davvero un legame di sangue. E’ di famiglia che parliamo, a tutti gli effetti.
Sono gli anni di un Vicenza ben lontano dal fallimento: i cori sono tutti per l’”avioncito“ Marcelo Otero e Mimmo Di Carlo, ma gli occhi di Jessica sono incollati sul capitano Giovanni Lopez – arcigno difensore biancorosso – del quale conserva ancora la maglia autografata e un’immagine in testa, impigliata tra i ricci.
“Avevo immaginato di fargli mille domande, eppure quando me lo sono trovata davanti non sono riuscita a dirgli neanche una parola”.

L’autografo di Giovanni Lopez e le prime scarpe da calcio di Jessica

L’effetto-Lopez e la passione di Fabrizio l’avvicinano al calcio negli anni della scuola, mamma Anna si fa in quattro per non farle saltare neanche un allenamento. Quando inizia nella squadra di paese, però, ricopre un ruolo diverso da quello del suo idolo: l’istinto l’avvicina alla porta, le gambe vanno più veloci quando è a ridosso dell’area di rigore. E’ nata su quel campo l’esultanza con l’indice davanti come fosse una ramanzina? Mi sono dimenticata di chiederglielo.  I gol arrivano subito, così come la fascia di capitano che l’accomuna a Lopez.  Ma poco dopo il cuore di Jessica inizia a battere per un altro fuoriclasse che se ne sta lì – con le dita infilate nelle maglie della rete di recinzione –  a vedere gli allenamenti del nipote, Manuel. Se ne sta lì come se fosse uno spettatore qualsiasi, non il funambolo che si è bevuto tutta la difesa della Lazio quando era alla Juve o che ha fatto fuori da solo il muro del Napoli, negli anni della Fiorentina. Sì, ok. E’ anche quello del rigore sbagliato ad USA ’94, ma se il vostro primo ricordo è quello fatevi vedere da un cardiologo bravo, perché siete davvero aridi di cuore. Se ne sta lì, il “divin codino” Roberto Baggio“Il più forte tra gli italiani, il secondo al mondo dopo Maradona” – e Jessica, a pochi metri da lui, studia da grande con l’11 sulle spalle.

I primi calci di Jessica nel Caldogno

“Il 10 è dei fantasisti, il 9 degli attaccanti puri. L’11 è meno considerato ma nel calcio è l’ultimo numero, ecco perché l’ho voluto: perché sono convinta che gli ultimi saranno i primi”. E la conferma di quel che pensa arriva piuttosto velocemente: le ottime basi ricevute dai mister nel Caldogno (che deve abbandonare controvoglia per questioni anagrafiche), la fanno emergere presto nell’Altavilla Vicentina: esordio in B a 14 anni appena compiuti. Non mi riesce difficile immaginare un calendario per il countdown nella segreteria della società e un dirigente che arriva trafelato a bordo campo con l’ultimo foglio strappato tra le mani. “E’ pronta, è pronta: può giocare!”.

Jessica con la sciarpa del Vicenza. Nella seconda foto, Jessica e Manuel Farinea, nipote di Roberto Baggio

Dall’Altavilla passo poi al Graphic Studio, ma è al Bardolino – che nel frattempo l’ha strappata alla concorrenza del Tavagnacco – che esplode la stella di Troiano: al suo fianco Girelli e Parisi (tuttora nel giro della Nazionale), Tuttino, Motta e un mostro sacro che risponde al nome di Patrizia Panico. Non ce n’è per nessuno: Coppa Italia, Scudetto, Supercoppa, anche la Coppa Disciplina oltre al titolo di capocannoniere vinto dall’attuale c.t. dell’Italia U16. Una serie di successi che qualcuno sta seguendo da vicino, sperando di riuscire a portare sul parquet della vicina San Martino di Lupari quella “tosa” cresciuta così in fretta.
“Mister Lovo (tecnico della società Lupe Calcio a 5, n.d.c.) mi disse che avevo le caratteristiche giuste per il futsal e per la sua squadra”
e bastano pochi mesi per capire che ci ha visto lungo: le patavine arrivano in finale di Coppa Italia 2009/2010 cedendo di misura allo Statte, in compenso – però – quel bomber venuto dal calcio porta a casa il premio di miglior giocatrice.
“Non usavo ancora la suola, non era una calcettista in senso stretto, ma ho avuto subito la sensazione di essere nel posto giusto”. Il rinnovo con il club, infatti, avviene a scatola chiusa. “Firmai senza neanche prendere accordi economici. Bastò una stretta di mano a confermare il prolungamento del contratto”. Due anni da “lupa”, poi il primo incontro col Breganze: in biancorosso – i colori del suo Vicenza – Jessica sta bene, ma a fine stagione il club abbandona il nazionale e vive una fase di rifondazione, che riparte dal regionale. E’ proprio allora che il destino di Jessica incrocia quello del Montesilvano e di Francesca Salvatore, in particolare.
“Per me è la regina del mio futsal, c’è poco da dire”. E sono parole che valgono doppio, considerato il lungo percorso fatto prima di arrivare a pronunciarle. “E’ una donna che inizialmente mi ha devastata, ma che con il senno di poi – e nonostante tante scintille tra di noi – posso solo ringraziare per tutto quello che mi ha insegnato: io che non avevo mai fatto un minuto di panchina in vita mia, mi sono ritrovata da un giorno all’altro a non vedere mai il campo”. Prima si difende, poi si attacca: questo è il credo del mister biancazzurro che toglie il sonno ad una giocatrice arrivata sulla cresta dell’onda in riva all’Adriatico. “Ricordo un periodo difficilissimo, senza il quale probabilmente non sarei l’atleta che sono: ho dovuto mandare giù tanti bocconi amari, fare autoanalisi, accettare scelte che non condividevo”. All’inizio del terzo anno, per un attimo, pensa anche di mollare. Ma Francesca ci mette poco a farle cambiare idea. “Resta, questo è il nostro anno”. Jessica si fida e il tecnico che fino ad oggi le aveva dato più bastone che carota, fa lo stesso con lei. “Avevo capito i miei limiti, ero maturata. E così ho avuto un po’ di spazio per provare a far capire che potevo starci in quel gruppo, che potevo davvero dare una mano a quelle ragazze che mi aveva supportata e sopportata fino ad allora. Barbara Di Pietro su tutte: mi chiama il suo cavallo. Ha creduto in me anche in quei momenti in cui ero io la prima a non farlo”.
La ruota, invece, ha appena iniziato a girare. In poco tempo ritrova il gol, un posto da titolare e la condizione fisica ottimale, grazie al lavoro di Dante Falasca, “il miglior preparatore atletico che ci sia insieme a Giulia Fiscon e Giorgia Benetti”. Il suo è un crescendo rossiniano che la porta sul tetto d’Italia: il Montesilvano è tricolore, e non solo. Qualche mese più tardi rischia anche la vittoria della prima edizione dell’European Women’s Futsal Tournament contro il il Futsi Atletico Navalcarnero. Dopo aver battuto San Pietroburgo e Vermoim, la sua tripletta non basta per la Coppa, ma un motivo per sorridere lo trova ugualmente. “Ti sei meritata la maglia azzurra”, le dice Francesca al termine della tre gironi di Madrid. Ed è profetica perchè la convocazione arriva davvero, con il suo carico di emozioni che non ha nulla a che vedere con quelle provate in precedenza: non è stato come il primo gol contro la Lazio in Supercoppa e neanche come quel giorno che papà Fabrizio le ha fatto conoscere Lopez. “E’ iniziato un sogno. La maglia dell’Italia pesa come un macigno: ti senti in dovere di dare il massimo per chi gioca a futsal solo per passione o per chi lo fa come lavoro e ci mette il cuore, ma è anche un onore avere la possibilità di farlo”. Nel frattempo, Jessica inizia ad avere nostalgia di casa. “Volevo vivermi di più mia nipote Giorgia e i miei affetti. Mi dispiaceva lasciare Montesilvano – che ormai ritengo una seconda casa – ma avevo voglia di riabbracciare la mia famiglia”. E tra tutte le proposte ricevute, il suo è un sì – anzi un secondo sì – al Breganze e il destino la mette subito faccia a faccia con il suo passato nello spareggio per la finale di Supercoppa: le biancazzurre la spuntano in rimonta, per le beriche inizia invece una stagione di alti e bassi che condizionano il raggiungimento del primo obiettivo stagionale: la qualificazione alla Final Eight. Ma Jessica resetta tutto ancora una volta in Spagna, dove arriva vestita d’azzurro nel gruppo selezionato dai c.t. Salvatore e Menichelli per il Torneo delle Nazioni. “Ho immagini frenetiche di quel giorno: tu che mi saluti, un palazzetto coloratissimo e tanta voglia di giocare. Peccato per il risultato bugiardo: dopo aver chiuso tutti i primi tempi sullo 0-0, avremmo dovuto ottenere qualcosa in più contro Portogallo e Russia”. Le soddisfazioni, comunque, non tardano ad arrivare con un Breganze che si affaccia con un spirito battagliero al nuovo anno. “Abbiamo avuto una partenza in salita, poi il gruppo si è ricompattato: stiamo facendo meglio dell’andata sia dal punto della classifica che a livello di gioco”.

Quest’anno indossa il 25, giorno di nascita della nipote

A riprova di quanto detto c’è un punto d’oro ottenuto  contro la Kick Off: da 0-4 a 4-4 all’ultimo minuto, proprio con una sua rete. Non si improvvisa una “remuntada” del genere. “E’ stato importante pareggiare contro una squadra cui ho fatto i miei complimenti per il bellissimo futsal espresso. Come ho segnato? Vanin mi chiudeva il passaggio, ma appena ha spostato la gamba per chiudere il tiro, ho cambiato passo e sono riuscita a piazzarla dall’altra parte”.  Un rientro speciale dopo la puntata a Martina Franca per il raduno del 12-14 marzo, uno dei pochi che ci saranno da qui all’Europeo del 2019. Jessica è pronta a scriverlo in agenda, prima però c’è da pensare al campionato. “Vogliamo provare a battere il Cagliari, una squadra che mi è piaciuta tantissimo in Final Eight. Se non ci fosse stato il Montesilvano dall’altra parte, avrei tifato per loro perché sono autentiche: si sono viste l’unione e la grinta, poi tutto il dispiacere nelle lacrime di Gaby. Quando sbagli un rigore pensi sempre che sia colpa tua, anche se sei stata tu a portare le tue compagne fino a lì”.
Credo che Baggio ne sappia qualcosa.

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