Non un gesto forte, ma un gesto convinto. Lo definisce così il presidente del Lokrians, Vittorio Zadotti, che sabato scorso ha comunicato la decisione di voler ritirare la squadra dal massimo campionato nazionale. E se non fosse stato per le sue ragazze che gli hanno chiesto in tutti i modi di andare avanti, probabilmente il cammino delle amaranto sarebbe finito proprio ieri contro la Bellator. Una gara chiusa con un successo, tanto per la cronaca. Ma adesso la misura è colma.
ZADOTTI – Immaginate di arrivare al palazzetto per la normale rifinitura e di trovarlo chiuso, senza nessun tipo di preavviso. Da chi? Perché? Per quanto? Zadotti è stufo di cercare risposte.
“Abbiamo un bellissimo progetto, ma se sono queste le condizioni mi viene voglia di gettare la spugna. Per una negligenza amministrativa che viene rimpallata, ci negano la possibilità di proseguire nel comune di Sant’Andrea. Una difformità ampiamente recuperabile, di fronte alla quale ci aspettavamo elasticità: ma dove andremo a finire se non riusciamo a capire che siamo in una zona carente di infrastrutture e quelle che ci sono devono rimanere aperte? Davanti ad un problema bisognerebbe fare squadra, adoperarsi per superarlo insieme. E invece…”.
Non è una guerra che Zadotti combatte solo per sé.
“La doppia chiusura dei palazzetti di Locri e di Sant’Andrea in soli 18 mesi, non è una questione specifica della nostra squadra, ma andrà a penalizzare anche tutte le realtà sportive indoor come la pallamano, il basket la pallavolo. Se non ci sarà collaborazione da parte di tutti perderemo quelle pochissime opportunità che ancora ci sono”.
Insieme al Cosenza nella pallanuoto femminile e al Crotone calcio a 11, il Lokrians è infatti il terzo ed ultimo club a rappresentare la Calabria a livello nazionale. L’unico nel calcio a 5. Ma proseguire, adesso, sembra davvero difficile.
“Ci stiamo organizzando per giocare le gare interne da un’altra parte, probabilmente a Catanzaro. Ma poi dove possiamo allenarci durante la settimana? E anche se dovessimo trovare un modo per allenarci su un campo qualsiasi, la domenica andiamo a giocare su un campo diverso? Per noi sarebbe comunque una partita fuori casa a tutti gli effetti”.
Il rischio nell’immediato è quello di uno scontro impari col Breganze.
“Non è un piagnisteo, ma è difficile competere in un campionato di A con una mancanza cronica di strutture che penalizza la partecipazione e, ancora di più, falsa la reale capacità sportiva di chi interpreta questo sport. Fosse stato per me, lo avrei evitato per rispetto nei confronti dei nostri talenti (Violi e Giuliano sono anche nel giro della Nazionale, n.d.c.) che ci mettono impegno e passione: magari domenica incapperanno in un risultato diverso da quello sperato, solo perché non hanno avuto la possibilità di allenarsi come avrebbero voluto. Lo chiedo a voi: è giusto tutto questo?”.
Una domanda che fino ad oggi è caduta nel vuoto.
“Le società si sono fatta sentire e ci sono stata vicine, ma le istituzioni politiche sono rimaste in silenzio. Colpevoli? Tutti e nessuno. Me la prendo con il nostro modo di fare le cose nel Meridione che ci impedisce di stare al passo con il resto dell’Italia, figuriamoci con il resto del mondo. L’agonia è lenta, ma – chiude addolorato Zadotti – la fine è certa se non troveremo presto il mondo di cambiare gli eventi”.
Foto: Cinzia Lombardo