La zona Cesarini prende il nome da Renato Cesarini, calciatore nato a Senigallia agli inizi del ‘900 ma – ancora neonato – già emigrante da Genova a Buenos Aires, capitale argentina città nella quale morirà a 62 anni. Un’esistenza breve, se vogliamo, che “el tano” (l’italiano o il Cè, nel Belpaese) ha però riempito e reso immortale, tra colpi di genio e colpi di testa. In fondo sono queste le vite che abbiamo ammirato, dal compianto George Best, agli imprevedibili Paul Gascoigne ed Eric Cantona. Non vi aspettate che menzioni Balotelli, per favore.
DA CHACARITA ALLA JUVE – Cesarini inizia a farsi notare nel Chacarita, dove insieme alle sue prestazioni calcistiche fanno notizia vezzi e vizi: bella vita, champagne e donne, tante donne. Nel ’30, a 24 anni, la chiamata più importante della sua vita: Edoardo Agnelli lo vuole in quella che sarebbe diventata la “Juve del quinquennio”, un lustro di Scudetti al quale Cesarini contribuì con 46 reti. Ma gli eccessi sono ancora la sua unica regola e il c.t. della Nazionale, Vittorio Pozzo, non si fida: sono appena 11 le convocazioni dell’oriundo Cesarini in azzurro, quel poco che basta – però – per consegnare il suo nome alla storia decidendo Italia-Ungheria con un gol al 90° nella Coppa Internazionale. Era il 13 dicembre 1931. Nello stesso anno aveva segnato in extremis contro l’Atalanta, l’anno dopo contro la Lazio e poi col Genoa. Quando il giornalista Eugenio Danese si riferì alla “zona Cesarini” raccontando di un gol di Visentin alla Roma, fu chiarò a tutti che la gloria del Cè sarebbe stata eterna.
LA ZONA CESARINI NEL FUTSAL – Anche nel calcio a 5, sebbene reti allo scadere ve ne siano molte di più rispetto al calcio a 11, i gol arrivati in extremis sono quelli in zona Cesarini. Che poi non ha nulla a che fare con la toponomastica: è piuttosto quella porzione di tempo che riserverà notti insonni a chi non avrà saputo tenere i nervi saldi e porterà – invece – in trionfo chi non avrà mollato. Chi, a quei pochi secondi rimasti, sarà riuscito a dare un senso di infinito. Vi ho già parlato di Amparo e di quel gol di Lucilèia, ma sul tempo devo necessariamente tornare adesso perché mai come in questa domenica di futsal, la vittoria è stata di chi se l’è giocata con il cronometro. E l’ha battuto.
LORENZA ZULLI FA PER TRE – Partiamo da Guardiagrele, in A2, dove l’AZ Gold aspettava l’altra capolista, il Bisceglie Femminile di Ventura. Abruzzesi subito in pressione, pugliesi pronte a rispondere colpo su colpo, con l’esperienza di Soldano e la velocità di Pati. Per la prima volta nella stagione non brilla la stella di Patri, ma è allora Lorenza Zulli – una frentana con i piedi da spagnola – ad illuminare il Plenanobis con un’inzuccata a 2” dalla sirena che proietta le sue al comando in solitaria: tripletta personale e 4-3 su un Bisceglie che difficilmente perderà altro terreno, ma ora deve inseguire a -3.
TAINA SANTOS, GOL DELL’EX – Tornando in A, al PalaConi di Cagliari, è l’Olimpus Roma a dover confermare il primato mentre il Delfino è a riposo. Sull’isola, però, le ragazze di Podda hanno deciso che non sarà giornata per le tricolori: il secondo pareggio consecutivo delle blues sembra ormai scritto dopo il gol di Gaby al 19° della ripresa che annulla il bis di Da Rocha (fresca di titolo mondiale AMF). In tribuna si scalpita, c’è impazienza di voler applaudire un punto d’oro. Ma ecco che il più beffardo dei gol dell’ex si abbatte sulle locali: Tainã Santos vede Piras fuori dai pali e – a 4” dal gong – da distanza siderale, mette dentro il definitivo 2-3 che permette l’aggancio in vetta. Dura lex, sed lex per il Cagliari, sorpassato al fotofinish anche dall’Italcave.
DUCO, FINO ALL’ULTIMO RESPIRO – E’ proprio a Statte, infatti, che si chiude un turno non adatto ai deboli di cuore. E si chiude proprio con Carla Duco, argentina di Mar de Plata, a pochi chilometri da quei campi di Buenos Aires in cui Cesarini iniziò la sua carriera da professionista. Al PalaCurtivecchi, Italcave e Lokrians non se le mandano a dire: nella fila rossoblu è ancora vivo il ricordo della mancata qualificazione in Coppa per mano delle amaranto, che – dal canto loro – devono assolutamente scalare qualche posizione per assicurarsi un posto al sole. Ne esce fuori braccio di ferro intenso, che al 19’58” non ha ancora né vincitori, nè vinti.
Fermiamo il tempo qui: l’arbitro ha appena sventolato il secondo cartellino giallo davanti al viso di Violi, rea dell’atterramento di Ion. Ma l’inferiorità numerica a questo punto conta poco: è evidente che con la punizione dal limite assegnata alle rossoblu si andrà dritte sotto la doccia. Su punto di battuta va Duco che si posizione per il tiro mancino. Mi ricordavo calciasse meglio di destro ma tra il mio dire e il suo smentire passano solo 2’, il tempo necessario per caricare la gamba e buttarla sotto il sette. Appena scoccato il 20°.
“Vincemmo per tre a due. E non si fece nemmeno in tempo a rimettere il pallone al centro”, commentò Cesarini quel famoso 13 dicembre. Le stesse identiche parole che potrebbe usare oggi Duco. Chapeau.