Storie

We can be heroes

Lucca Comics-Any Given Sunday

 

È stato bello è un mondo a parte e tutto quello che c’è fuori si annulla è stato brutto tornare” Anthea.

Cosa c’entra il Lucca Comics and Games con lo sport, con noi che raccontiamo lo sport? Niente, forse.
Se invece fosse il posto giusto dove imparare qualcosa?
Per il 2017 la manifestazione che si svolge nei primi cinque giorni di Novembre nella cittadina toscana di Lucca è stata dedicata agli eroi. Si tratta infatti del Lucca Comics&Games Heroes.
“We can be heroes just for five days”, il motto scelto per l’edizione di quest’anno.
Ho sempre detto che “Lucca”, inteso come evento non si racconta, si vive, quindi non mi cimento certo in un resoconto giornalistico, che poi non sono nemmeno capace.
Parcheggio. Zaino in spalla e foto di rito.
Attraverso Porta Sant’Anna e mi guardo intorno, ci sono i volti, i luoghi i personaggi, quelli che m’accompagnano da sempre e quelli che ho trovato per strada.
Oggi ci sono oltre trentamila visitatori, paganti.
C’è quel sole di Novembre che sembra sia freddo invece non capisco mai se la felpa devo tenerla indosso o posso toglierla.
Tanti visi intorno, i braccialetti al polso e in tasca un biglietto costato all’incirca venti euro.

Cosa ci facciamo tutti qui?
Vogliamo incontrare i nostri eroi per poter condividere con altri una passione, per farci raccontare da chi questi eroi li ha creati una storia, la loro storia.
Dov’è che ho già incontrato una dinamica simile?
Nello sport.
Nel calcio.
Paghi per entrare allo stadio, per quella emozione che s’irradia dal campo agli spalti e poi indietro come un’onda di risacca, torna al campo.
Sui gradoni, sui seggiolini, soli o con i nostri nonni è lì che si consuma e s’alimenta la passione.
In campo ci sono i giocatori che nutrono la nostra fantasia, loro sono gli attori principali e in qualche modo rendono noi partecipi dell’evento sportivo.
Senza Maradona, senza Platini, senza il trio degli olandesi, senza Ronaldo quello vero, insomma se togliamo dal calcio i suoi protagonisti, i loro visi e le loro storie, cosa rimane?
Nulla. Spariscono le emozioni, diventa qualcosa che non possiamo condividere con altri, sparisce un terreno comune.
Gli eroi.
Sono loro a fare la differenza. In campo e nel nostro cuore.
Penso al futsal femminile. Senza Lucileia e i suoi 100 gol con il Sinnai sollevato da una stagione ingloriosa, senza Cely il poliziotto mancato, senza Ersilia e la sua vena sul collo, senza la Pro Reggina, senza le grandi rivalità.
Senza Benedetta, Pamela, Valentina, Taty, Taina, Leticia, Dayane, Eva, Filipa, Daniela, Sara, Claudia.
Senza Muschella, Argentina 1936.
Se cancellate tutto questo, cosa rimane?
Una pratica sportiva.
Senza la passione per le storie, senza eroi si svuota lo spettacolo di quell’istinto indecifrabile che ci fa trovare dopo un gol, abbracciati allo sconosciuto seduto accanto a noi.
Alzo lo sguardo al cielo, spero non piova, non oggi.
Lungo le mura di Lucca ci sono i cosplayer che impersonano personaggi di fumetti e anime, cartoni animati o serie tv. Qualcuno ha costruito intorno a questa forma d’arte una professione, anche piuttosto remunerativa. Più in basso verso le rimesse e la cattedrale, da un paio d’anni si sono stabilite le grandi software house specializzate in videogiochi. C’è un brulicare di ragazzi e ragazze tale da oscurare l’area “games” istituzionale, quella posizionata fuori le mura al riparo di una enorme tensostruttura.
In soli 10 anni i giocatori di videogames  sono usciti dall’anonimato di un NON sport minore e hanno ottenuto un biglietto per le Olimpiadi, prima di altri, prima di tutti, nel più breve percorso di sempre.
Hanno costruito uno sport intorno ai suoi protagonisti raccontando le loro storie, sono diventati “familiari” e alla fine abbiamo condiviso le loro emozioni che sono diventate un po’ anche le nostre.

Oggi c’è la prima fase della finale del campionato italiano open, con la ESL Cathedral e l’ESL Village. Penso sempre alla frase che ho spesso ascoltato dai saccentoni sui campi da football: “Vai a giocare alla playstation”. Con i premi che ci sono è il caso di dare ascolto a quello che in teoria, nella loro testa vuota, dovrebbe essere un insulto.
Se la Cattedrale di Lucca è piena di gente e i palazzetti del futsal femminile sono vuoti, io qualche domanda vorrei porla ai soloni di questo sport, perché non puoi sempre dare la colpa all’arbitro. Questa però è una storia che racconterò, ma non adesso.
Questi ragazzi sono qui per seguire i loro beniamini, i loro eroi, quelli che seguono da casa in diretta, tutti i giorni, mentre giocano e competono contro altri atleti in tutto il mondo.
Si mischiano gli accenti e i dialetti, le cadenze di tutta Italia sono qui per scoprire che ci sono tanti altri come loro, per lamentarsi e semplicemente alla fine per incontrarsi.
Avrò percorso oggi decine di chilometri.
Penso a Stefano e alla sua famiglia, ai chilometri percorsi non solo per uno sport ma per il loro eroe al femminile, perché c’è un sentimento che si lega intorno ad un rimbalzo del pallone, per quanto strano e decisamente privato.
Taina per loro rappresenta quello che per me è stato Fernando Torres. L’ho amato anche se non ha mai indossato la maglia della Juventus. Un giorno dissi serissimo, credo in un pranzo domenicale di quelli sacri qui nel meridione della penisola: “se fossi donna andrei a lanciare in campo il reggiseno ad ogni partita del Niño”. Gli amori sono così, non si spiegano, si vivono e ti spingono in situazioni assurde.
La Juventus per me sarà sempre composta dai suoi eroi, che si succedono anno dopo anno, di loro conosco tutti e a loro sono affezionato.
Spiegate le lacrime dei tifosi della Roma all’addio di Francesco Totti. Provate senza usare la parola eroe, sentimento e passione.
Sarà difficilissimo.
Sera.

Fuori diluvia, quella pioggia malefica che scola all’improvviso da ombrelli, tendoni e trova il modo d’infilarsi nell’unico lembo di pelle che ho lasciato scoperto. Ora ho davvero male i piedi, ma sono felice così, tra gli amici seduti in un ristorante indiano sotto la torre di Pisa.
Davanti a me ci sono Federica, Michela e Anthea. Domenica indosseranno casco e spalliera. Si schiereranno in campo con le Lobsters Pescara, per un bowl di football americano femminile. Non c’è disciplina sportiva più minuscola.
Perché m’interessa, perché ci sarò?
Perché loro sono i miei eroi, già non le mie eroine, ma i miei eroi.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

To Top