Sport

L’importante è partecipare?

Una bufala che non aiuta nell’accettazione della sconfitta

L’importante è partecipare. Quante volte l’abbiamo sentito ripetere in ambito sportivo e in ogni settore della vita quotidiana? OK. E quante volte abbiamo pensato che si tratta di un’autentica cazzata? Ora vi spiego perché a volte è molto più importante vincere che esserci e divertirsi.

Un anno fa, forse anche di più, ho letto su una rivista neozelandese, l’intervista ad un allenatore di una squadra di minirugby che parlava della falsità contenuta in questo detto. Lì per lì mi sono anche arrabbiata pensando che non si può pretendere troppo dai ragazzi, ma con l’esperienza maturata sul campo sono stata poi costretta a dargli ragione. Il discorso sarebbe lungo e complesso da affrontare, toccherebbe temi pedagogici, si parlerebbe di agonismo e di risultati. Vorrei affrontarlo ponendo nuove domande.

Cos’è che in allenamento e in partita garantisce l’apprendimento?

Una delle prime cose che t’insegnano al corso da allenatori, quello base dico, è che il ragazzo apprende se riesce nell’esercizio. Ovvero: se ad un bimbo di 4 anni si chiede di imparare la capovolta e in un primo momento ha paura e non riesce a farla, non è detto che non riesca mai a farla. Certo è che possiamo spiegargli 1000 volte qual è il gesto da compiere ma soltanto quando gli riuscirà di fare la capovolta, apprenderà realmente il da farsi. Stesso discorso per le mete: possiamo fargli fare un milione di esercizi per il perfezionamento del passaggio ma il ragazzo imparerà a passare quando troverà utile ed efficace il suo gesto.

E allora perché insegnargli a partecipare e non a vincere?  

Se fosse vero che l’importanza del gioco è tutta nella partecipazione, allora vorrebbe dire che ad un calciatore possiamo insegnargli i palleggi senza però spingerlo a fare goal; allora vorrebbe dire che ad un boxer possiamo insegnare come difedersi dai pugni ma non come mettere KO l’avversario. Per il rugby è lo stesso: agli atleti dobbiamo insegnare a fare meta.

Cosa vuol dire insengare a fare meta?

La meta non è il risultato di un gesto tecnico preordinato ma è una combinazione di tecnica e tattica, di fortuna ed efficacia, di bravura ed estro, di perspicacia e potenza… e potremmo andare avanti per ore. La meta è un obiettivo. Quello che gli allenatori devono dare ai ragazzi è un obiettivo, verificabile e adatto all’età evolutiva dell’atleta. L’obiettivo della squadra è fare più mete degli avversari. Se questo accadesse sempre, avremmo delle squadre in crescita esponenziale. Quando la meta non arriva, bisogna invogliare il bambino, il ragazzo, il giovane a raggiungerla, perché è lì a portata di mano.

E se la meta non arriva, l’importante è sempre vincere?

La meta può non essere alla portata di tutti, è vero, ma ogni giocatore ha un compito e un ruolo che negli anni si autodetermina e riflette esattamente le caratteristiche e le peculiarità del ragazzo-atleta. Cosa vuol dire? Che la vittoria non è un risultato individuale ma collettivo, per cui tutti devono provare, non partecipare: provare, desiderare la meta fino all’ultimo centimetro, battersi per la conquista del pallone, dare sostegno ai compagni e fare pressione sugli avversari. Se poi a fare meta è un compagno, al termine di lunghe fasi di gioco in cui si è stati protagonisti, allora è meta per tutti.

Da adulti dobbiamo pensarci attentamente…

L’importante è partecipare è un contentino. É un equivalente dell’odioso «le faremo sapere» al termine di un colloquio di lavoro. Anche in questo caso, non sarebbe più importante vincere un posto a tempo indeterminato di partecipare all’ennesima selezione? Insomma, diciamolo: vincere è il miglior modo di partecipare! E se gli atleti hanno provato a farlo, siamo ben certi che anche la sconfitta sarà accettata perché si riconoscerà il valore espresso dagli avversari. E s’impara così anche a riconoscere il proprio valore, quello di combattenti, di vincenti, di affamati di vittoria,  di protagonisti e non di comparse. Insomma se si perde al termine di una battaglia, si è lottato. Se si vince al termine di una battaglia si è lottato. Quindi sì, l’importante è lottare, lottare per portarsi a casa il miglior risultato. Il resto è pigrizia e rassegnazione.

Photo credits Wagga Magpies Junior Rugby

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