S’impegnano, questo devi ammetterlo, non tutti allo stesso modo e questo ti secca la voce in gola. Li guardi e prendi appunti, segni nomi e idee, situazioni da correggere, atteggiamenti da migliorare, c’è di tutto in quella lista, s’allunga ad ogni minuto, poi la matita t’abbandona e imprechi contro tutti quelli che pensano che matita e carta siano più affidabili della tecnologia.
L’enorme A3 che compone il gameplan cambia forma come un camaleonte, i numeri mutano, s’immaginano scenari e ci si prepara, a un futuro che non possiamo controllare, al meglio delle nostre possibilità. Non basta e non è abbastanza, quanti altri aspetti avresti voluto controllare e approfondire?, non c’è tempo perché il giorno ha solo ventiquattro ore e non ti sembrano abbastanza.
Ti guardi intorno per un attimo ed è già sabato pomeriggio, un’oretta al parco con la squadra e il capo allenatore, poi via a correggere per l’ultima volta il gameplan, in un ufficio in centro città con una bambina molto vivace, Vanila, che a due passi da te è indaffaratissima a disegnare. Ti sei perso in questa avventura, in uno spazio sfumato di parole e numeri. Lei si avvicina e ti mostra il suo disegno. Ci sei tu, ovviamente lei e Federica. Le vuoi bene così, esattamente per l’immenso affetto che è necessario per attraversare lo spazio tra il suo e il tuo cuore, distoglierti da quello che stai facendo e donarti un sorriso inatteso.
La notte ha il suono bianco degli incubi e del gatto che ti si acciambella vicino, come se lui sapesse, con quella sensibilità animale che hai imparato a rispettare. Squilla il telefono e non è ancora l’alba, cerchi di guardare uno dei tuoi anime preferiti mentre ti prepari, senza riuscire davvero a seguire quello che accade sullo schermo. Dimenticherai sicuramente qualcosa, speri non sia importante e sia possibile farne a meno. La squadra si raduna intorno al pullman, i ragazzi salgono e viene caricato il materiale. Sei già silenzioso, qualcuno delle tue compagne di viaggio lo nota e ti chiede: “sei già in prepartita?”, annuisci. Sei così, a quarant’anni certe abitudini sono dure a morire.
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