Eppure a pensarci bene, hai un taccuino in mano e sei ancora sulla linea laterale, vicino alla panchina. Questa volta però quegli appunti non raccontano una storia scritta da altri, raccontano la tua storia, i tuoi dubbi, le fragilità, la forza e la gioia di partecipare al sogno di questi ragazzi.
Non importa quanto piccolo sia il sogno, quanto marginale sia questo sport: “Va’ più in su, più in là, controvento. È lotta dura, ma tendi lo spago! Se sta a cuore a noi, non è vana speranza, cambierà.” La musichetta ti rimbalza in testa e la voce di Federica a cantare, sai che le piace tanto il pezzo di questa canzone, in fondo in un angolo del cuore a quelle parole ci credi un po’ anche tu.
Non sai quasi nulla, credi però in qualcosa.
Credi, che le vittorie sul campo quanto nella vita, siano semplicemente un sottoprodotto dell’impegno e della passione che mettete in quello che fate.
La vittoria non è il fine, ma il mezzo attraverso il quale splende il vostro impegno al cospetto degli altri. Tra quei fili d’erba, nell’oscurità di campi sperduti in periferia, l’unica cosa che conta sono gli ideali di fratellanza, compassione, impegno,perseveranza e disciplina.
Credi, che il talento quello fine a se stesso non sia utile a nessuno. Tra un atleta pieno di talento e un giocatore senza talento, sceglieresti il secondo tutti i giorni della settimana e due volte la domenica. Perché il giocatore con talento spesso gioca quando ha voglia, quando può fare bella figura. Invece quello “normale” s’impegnerà sempre al 110% e non ti mollerà mai nel momento importante della partita.
Credi, che il campione, quello vero pensa prima alla squadra poi a se stesso. La squadra è il bene supremo.
Hanno meno di diciannove anni, dovrebbero giocare sotto le luci di un venerdì sera qualunque, invece giocano di domenica con il sole alto sopra la testa e pochi a guardarli scontrarsi sul campo.
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