Football Americano Femminile

Luck, is not enough.

Sei sulla linea laterale, in posizione. Hai imparato, in fretta, con tanta voglia e rabbia, non immaginavo riuscissero a stare in un corpo così piccolo. Saranno i miei occhi, lo dice anche il mio oculista, che riflettono immagini che vedo solo io, che mi raccontano un mondo fatto di sfumature sempre più accentuate, ricostruito non attraverso le immagini, ma le sensazioni. Tutto questo è reale, freddo e caldo, rumoroso e silenzioso.
Prendo posto, a qualche metro di distanza, mi appoggio alla rete, in campo ma abbastanza vicino all’uscita da poter sparire nell’ombra, in un battito di ciglia. Questo è il tuo tempo, il tuo spettacolo, il tuo sorriso.
C’è quella luce particolare adesso, come se un riflettore illuminasse a turno ognuna di voi, per un breve istante, per rivelare la donna sotto l’armatura. Il viso nascosto dal casco.
In quell’istante, quando lasci l’avversario sul posto con una finta improvvisa, quando cambi direzione e lo semini ancora, vorrei avere una polaroid e scattare una foto per scrivere poi sullo spazio bianco: “non c’è altro che posso insegnarti. You make me proud.”
Tempo.
Per allontanarmi sorridente. Tornare sugli spalti, prendere una penna e raccontare, una storia. Sfumandone i colori perché possa nascondere così le crepe di un disegno comunque bellissimo, toglier via quell’odore di marcio e stantio, regalare la parte migliore di tutto questo, ai tuoi ricordi.
Tempo.
Un battito di ciglia ed è passato, quel frammento di vita che in ogni stagione sportiva, ne determina le sorti,  che ne orienta il futuro, che ne decide il fato. In quell’istante, insignificante per quelli che l’osservano come spettatori,  si sceglie il proprio destino. Nel momento in cui si affida alla sola carica emotiva, in quel preciso momento, si concede all’avversario un vantaggio psicologico. Si ammette implicitamente di non essere abbastanza bravi, di essere incapaci di addestrare il nostro talento, rendendo un semplice gesto atletico, una sinfonia di movimenti. Attimi di confine, attraversati i quali, non si torna indietro.
Puoi lasciarti andare, seguire la corrente e rimanere all’interno di uno spazio confortevole, nel quale ti muovi con sicurezza. Oppure puoi tentare di diventare la migliore, donna o giocatore fa poca differenza, perché è la vita a non fare distinzioni tra un prato verde e una distesa di cemento.
A segnare il confine di questo luogo ci sono linee bianche, luci, ombre ed un mare di parole.
Spese come se non pesassero, come se non fossero macigni invisibili di cui hai disseminato il campo, nei quali si inciampa ad ogni istante. Sassi che scagli verso avversari invisibili, verso ingiustizie immaginarie, energie che allontani dal campo e porti nel mondo, le riversi in situazioni sulle quali non hai nessun controllo e le sconfitte che ne derivano uccidono, il tuo morale e il tuo spirito.
Questo che hai scelto è un gioco di momenti, nel quale ti puoi perdere, per poi ritrovarti.
Fuori da quel rettangolo verde disseminato di linee orizzontali c’è una catena, quella che ti tiene legata alla donna che gli altri si aspettano tu sia, da dentro tu puoi muoverla, portarla dove vuoi.
Su questo prato, non c’è passato, non c’è futuro…è un susseguirsi tumultuoso di tempo presente.
Non ti puoi nascondere, non puoi mentire, puoi provarci…ma questo gioco ti troverà, per raccontarti la verità. Se continuerai a praticarlo,ti farà scoprire una te, diversa.
Capace di incredibili meraviglie, sportive ed umane.
Una donna onesta, con lo sguardo fiero, che non guarda dietro di se, nemmeno intorno a se. Ha lo sguardo fisso al futuro, alla prossima linea da varcare, alle compagne che sono già li.
Il primo passo verso l’ignoto è il più doloroso. Sono quelli che attraversano il muro per primi quelli che subiscono le ferite peggiori, quelli che si coprono di sangue. Li aspettano gloria ed applausi, ma saranno già troppo lontani, impegnati ad inseguire un sogno, lasciando gli altri ad attendere il colpo di fortuna.
Guarda su, io sarò sugli spalti, a salutarti, un “ciao-ciao” con la manina, come fanno i bimbi felici. Avrò il taccuino pieno di sogni che ho visto diventare realtà. Per queste immagini che forse dovranno bastare per una vita, non c’è prezzo, eppure tu lo paghi, su quel campo…ogni maledetta domenica.

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