Football Americano Femminile

#day8

Ritmo. Esecuzione. Risultato.
D come Difesa.
Riconosco Angelica e Karen, Georgina e Maria Victoria. Le altre facce le distinguo ma da qui a collegarle ad un nome ce ne vuole ancora. Al momento le ho memorizzate per qualche tratto distintivo, capelli, maglietta indossata, ruolo. Conosco Daniela e oggi manca Laura, vedete miglioro, almeno con i nomi.
Molte non hanno mai giocato, non hanno idea di come si pratichi in maniera corretta questo sport, eppure hanno qualcosa che non s’insegna, che non compri in un negozio sportivo. Possiedono il desiderio di vincere, le accumuna tutte, senza distinzione. Indossare dei guanti da WR non fa di te un ricevitore, come una maglia da football non fa di te un giocatore. Quando le guardo saltare fuori della linea e mettere in difficoltà quell’attacco che lo scorso anno ha messo sul tabellone i punti necessari a vincere il titolo, c’è da che essere orgogliosi e preoccupati. Le ragazze della difesa, seguono con lo sguardo il loro coach, che spende il suo tempo a saltellare tra le ragazze, ripete movimenti, le invita ad imitarlo, spiega e dirige e le ragazze come spugne umane apprendono ed eseguono.
Sento la voce poderosa di Georgina chiamare “Huddle” e Karen voltare le spalle all’attacco per chiamare a raccolta le sue sorelle, in quel preciso istante mi accorgo che lì tra quelle atlete sta germogliando qualcosa, che possono farlo, davvero.
Migliorano ad ogni snap.
Dedizione e sacrificio.
Nonostante tutto mi sono perso la mancata ricezione di Federica. C’è qualcosa nel WR o nel TE del football che li accumuna ad un portiere di calcio. Non devi aver paura del pallone, gli devi andare incontro. Come per un portiere conta la presa, perché sai che se blocchi quel tiro dell’attaccante gli stai dicendo che non hai paura di lui, che i suoi tiri li puoi fermare. Non stai deviando il pallone in angolo, non stai cercando di limitare i danni, lo stai battendo, sul piano tecnico. Così un ricevitore deve tenere gli occhi sulla palla, bloccarla e correre via. Nel momento in cui pensa di aver preso la palla, ma il cuoio dell’ovale non è fermo tra le sue mani, in quell’istante, ha compromesso le sue chances di eseguire con successo la giocata. Così accade troppo spesso a Federica, nonostante una estate passata sulla spiaggia a farsi lanciare il pallone, nonostante i progressi, le manca la rabbia nell’esecuzione, la cattiveria necessaria a strappare la palla dal cielo e metterla al sicuro.
La deve trovare, da qualche parte dentro li lei c’è una forza che aspetta di trasmettersi dal cuore alle mani e poi farla volare sul campo. Deve sgombrare la mente e pensare, una giocata alla volta. Come se quell’unica giocata fosse la sua unica occasione di vincere.
È tutto lì, semplicemente. È football signore.

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