Calcio

Fischiare Marco Motta

Difficile per chi guarda ancora al calcio per il suo aspetto romantico comprendere la stretta regolamentare che la FIGC ha imposto alle tifoserie che assiepano le curve degli stadi italiani.
Agitando l’incomprensibile “Discriminazione Territoriale” hanno cercato di buttar a forza fuori dagli stadi quegli ultras che non s’allineano all’idea che lo stadio debba essere pieno di famigliole, tifosi occasionali e ragazzine urlanti. Peggiore di un regolamento sbagliato c’è solo l’ipocrisia di quei giornalisti sportivi che voglio educare ad una loro personalissima civiltà il tifoso italiano, non solo quello da poltrona ma quello che si gela il culo in una gabbia d’acciaio a centinaia di chilometri da casa in uno stadio fatiscente e sperduto.
Aborro, come direbbe Mughini, quell’idea che proprio attraverso i media si cerca di propugnare, di stadi svuotati del tifo più caldo e riempiti di ragazzine e famiglie, sial la soluzione a quella situazione di pericolo che s’avverte recandosi a taluni incontri.
Si va, tutti allo stadio per l’atmosfera, per le coreografie, i cori e il casino, lo sappiamo bene che l’evento sul terreno di giocosi gode meglio in televisione, dove ora puoi perfino farti il replay da solo.
Se avete mai assistito ad una partita della nazionale italiana sapete bene cosa vi aspetta. Grida stridule, un susseguirsi inenarrabile di “Sei Bellissimo” all’indirizzo di quel giocatore belloccio, insomma beccate tutto il pacchetto “Concerto di BoyBand”. Questo genere di pubblico, pensate che seguirà la squadra in trasferta? Oppure sarà comunque sugli spalti ad incitarla anche nei periodi di magra, al freddo e al gelo. Dubito fortemente che moltissime famigliole felici s’imbarchino in trasferte alla fine dell’universo.
Molto del calcio in diretta passa attraverso i canali di sky, dove alcuni giornalisti, capaci di ottenere il tesserino dell’ordine nonostante siano incapaci di comprendere che il “primo” giorno del mese non è “l’uno” del mese, continuano a impartire lezioni di morale dal caldo dei loro box, salissero i gradoni che conducono alle curve, pagando il biglietto…poi forse avrebbero la dirittura morale per avanzare critica a chi segue il calcio con il cuore non per lavoro.
Qualche domenica fa, l’inguardabile e incapace Marco Motta, tornava a calcare il terreno dello Juventus Stadium. Vederlo con indosso ancora la maglia della Vecchia Signora è stato un affronto che molti dei tifosi di casa non erano disposti a sopportare, io aggiungo, giustamente.
Mentre il difensore bianconero sostava al bordo del campo pronto ad entrare, interviene il bordocampista di sky per annunciare la sostituzione e nel perfetto stile moralista che alcuni “giornalai” di sky hanno adottato aggiunge: “Non è bello….”. Sono bastate queste parole per farmi sbottare.
“Non è cosa? Dove credi di essere, in un convento? Ti sei mai avventurato in un teatro italiano qualsiasi quando si recita l’opera?”.
Lì i fischi e le bocciature feroci che arrivano dal loggione sono peggiori di quante ne ho ascoltate negli stadi, per cantare l’opera ci vuole coraggio quasi come andare ad esultare sotto la curva avversaria durante un derby.
Basta!
Con le lezioncine di chi è pagato per raccontare il calcio, da chi ha il privilegio di osservarlo da così vicino ricordo che probabilmente scriverebbe i necrologi sul quotidiano locale se non fosse per quelli lì sugli spalti, che reagiscono con la pancia, che urlano a squarciagola.
Rimpiango i giornalisti, quelli che erano prima di tutto cronisti.
Vorrei mi restituissero quelle voci capaci di raccontare le emozioni che pulsano dal campo alla curva e tornano sul terreno di gioco moltiplicate.
Restituirei in cambio tutti quegli illetterati che dal caldo della sala stampa si sentono in diritto di impormi la loro morale comportamentale mentre io sono in piedi in curva a cantare stretto dalla morsa del freddo.

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