Serie B

Lucy Campanile: “Perfezionista, ma non mi impongo. Al Levante porto esempi positivi”

Lucy Campanile

Al giro di boa tra alti e bassi, ma soprattutto con la consapevolezza di aver svolto nel modo giusto i primi due compiti da allenatrice del Levante Caprarica: accorciare le distanze e diffondere la cultura sportiva legata al calcio a 5. Di che parliamo esattamente? A spiegare tutto nel dettaglio è proprio Lucy Campanile, ex calcettista partita dal cuore del Salento alla conquista della Serie A.
“Quando sono arrivata qui, le ragazze mi vedevano come un’extraterrestre e allo stesso modo vedono tutte quelle giocatrici che hanno avuto la caparbietà di fare del futsal una priorità. Quello che ha contraddistinto me e le poche persone che hanno lasciato la Puglia per provarci davvero è stato il talento misto al coraggio e, ora che sono tornata, tutto ciò che faccio è visto come straordinario. Ma non è così. Ho dovuto far capire prima di tutto la “normalità”: quello che sono io e che tutte noi siamo. Poi ho dovuto scindere il calcio a 5 dal calcio a 11, perché i due ambiti venivano confusi troppo spesso: qualsiasi cosa io abbia insegnato è stata assorbita subito, partendo dalla più piccola fino alla più grande. Se prima, quando andavamo a vedere una partita di Serie A, il primo commento era di stupore davanti ad un doppio passo di Renatinha, ora si parla della difesa dietro la linea della palla. E questo mi fa piacere, qualcosa sta cambiando”.

Quello che non è mai cambiato, invece, è la voglia di crescere come squadra, sapendo bene che tutto avverrà in modo graduale.
“Se guardiamo Praticò, il suo processo è stato molto veloce, ma in un contesto in cui l’atleta si allena quotidianamente con giocatrici eccelse che fanno sì che dal martedì al giovedì si notino già miglioramenti. Al Levante non c’è questo tipo di esperienza: non c’è la leader da seguire, ma si cresce tutti insieme. Purtroppo, o forse per fortuna, serviranno anni: se mi mettessi io a giocare con loro, avrei da imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. Ecco perché ho accettato questo incarico a patto che ci fosse un progetto di lungo corso. Servono almeno tre anni per veder maturare un’atleta: dobbiamo avere pazienza, l’unico passo indietro che possiamo fare è non imparare dai nostri errori. Ma anche le cadute saranno necessarie”.
Niente da recriminare, ad esempio, nella gara contro il Reggio Sporting Club, una sconfitta di misura sulla quale interverrà il Giudice Sportivo.
“A prescindere dal risultato, è stata una gara quasi dominata. Abbiamo macinato gioco e creato più occasioni che mai, poi un po’ di sfortuna ci ha messo lo zampino, ma so che le ragazze ce l’hanno messa tutta. Alla fine, gli scontri diretti sono quattro e due li abbiamo portati a casa: certo avremmo potuto leggere meglio alcune situazioni, ma mi è piaciuto il carattere mostrato contro le più forti. Quando sappiamo di non aver nulla da perdere, siamo capaci di guardare in faccia l’avversaria senza paura”.
Ed è con la stessa tempra che il Levante Caprarica vuole affrontare un girone di ritorno che riparte in salita contro la capolista Nox Molfetta.
“Prima di tutto – dice Campanile – mi auguro che rispetto all’andata ci sia un po’ di tregua da infortuni e imprevisti, perché ce ne sono stati davvero tanti. Ricordo il nostro esordio ad ottobre, contro gente come Nanà, Mezzatesta e Liuzzo e ricordo anche una buona sensazione: in pochi mesi eravamo una squadra già molto diversa dal regionale. Come siamo cresciute noi, naturalmente, lo stesso sarà per chi avremo di fronte, ma rimarremo unite e continueremo a fare il nostro lavoro”.

Professione mister, come naturale evoluzione dopo una brillante carriera da calcettista.
“Non ti nego che mi manca giocare, ogni tanto in allenamento do una mano e le ragazze mi fanno mille battute, ma non potrei mai riprendere: troppo difficile ricoprire entrambi i ruoli e poi – alla guida di questa squadra – ho riconosciuto emozioni che non provavo da tanto. Che allenatrice sono? Ho cercato di riportare nel Levante Caprarica il miglior modello possibile: quello del Breganze. Sono perfezionista, ma non mi impongo: vorrei che certe cose venissero fatte in un certo modo solo perché è funzionale al rendimento della giocatrice, e farle in maniera diversa andrebbe contro la sua crescita. Serve testa per fare strada: ho visto tante giocatrici andare avanti con la giusta mentalità, pur senza piedi eccelsi. Cerco di portare sempre esempi positivi e di stare lontana da quelli negativi, e poi la sera faccio i conti con me stessa. Mi metto nei panni degli altri: penso a chi ha giocato meno, a chi è stato in tribuna e ad oggi sfumatura. Non vivo tutto bene, perché c’è sempre qualcuno che soffre delle mie scelte, ma – seppur dopo uno scontro diretto perso – posso dirti con assoluta certezza che siamo sulla strada giusta”.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

To Top