Nicola ricordi tutti quegli atleti che trovati positivi al controllo antidoping hanno dato la colpa al brodo della nonna, alla pomata cicatrizzante e alla caduta dei capelli? Nemmeno il mondo degli esport è immune a tutto questo, almeno qui a differenza del ciclismo amatoriale e del bridge, c’è un motivo, una causa scatenante: il denaro.
Quando ci sono 250.000 dollari in palio, quando il premio in denaro che ti risolve la stagione è li a un passo da te, cercare quell’aiuto che può fare la differenza diventa una tentazione per alcuni spesso irresistibile.
Quindi quelli che giocano ai videogame si dopano? La risposta breve è si.
Un po’ come accadde nel baseball negli anni ottanta e novanta, non c’è nessun controllo antidoping negli esport e quindi non c’è nessuna policy del WADA che possa essere implementata.
Il primo grande “scandalo” di doping risale al 2015.
SI giocava in Polonia un torneo ESL, la lega che controlla tutti i maggiori tornei di videogame in giro per il mondo.
Torneo di Counter Strike, primo premio: un quarto di milione di dollari.
Semifinale.
I Cloud9, te li ricordi Nicola quelli che sono il Real Madrid dei videogame?, sono in difficoltà, perdono la prima partita di una serie al meglio delle tre. A quel punto la produzione televisiva si sofferma sui Cloud9 per la seconda sfida.
Aprono l’audio dei giocatori in un momento topico dello scontro. Un lungo spezzone di audio di gente che parla velocissimo, praticamente incomprensibili all’esterno ma due di loro sembrano non risentire della velocità delle parole e il loro RPM (rate per minute, la capacità di premere velocemente i tasti) s’è impennata. Devi sapere Nicola che le nuove tastiere da gaming ti permettono di misurare la velocità dei tasti e possono creare una mappa di calore per indicare quali tasti vengono premuti più spesso.
Chiunque sia mai stato nel circuito pro ma anche i semplici appassionati sapevano cosa stava succedendo, il re era nudo e in diretta mondiale.
I Cloud9 effettuano quello che gli anglosassoni definiscono un “comeback” e portano a casa la finale con un 1-2 che lascia tutti entusiasti.
Nel dopo partita, intervistati dalla stampa ufficiale glissano sui “problemi di comunicazione”, a quel punto un giornalista di “Motherboard” che puoi considerare stampa indipendente, li incalza e chiede direttamente se avessero assunto qualcosa. Cory “Semphis” Friesen, il Sergio Ramos dei Cloud9, ammette come se fosse “normale” che lui è un suo compagno di squadra avevano assunto ADDERALL. La giornalista strabuzza gli occhi, lui incalza aggiungendo che nel circuito è una pratica normale e che probabilmente tutti lo assumono.
Scoppia un putiferio.
Breve digressione farmacologica.
L’Adderall si prescrive, si ci vuole la ricetta di un medico in tutto il mondo, ai soggetti affetti da deficit da iperattività (ADHD). Per quasi tutti gli anni novanta e una buona parte dei primi anni 2000 in tutto il mondo si è prescritto questo farmaco anche a quei bimbi che una volta erano considerati “vivaci”. C’erano e in realtà ci sono ancora oggi, tonnellate di Adderall sul mercato perché con una telefonata al proprio medico molti hanno continuato a farsi prescrivere il farmaco anche se non ne avevano più bisogno, approfittando di medici di famiglia distratti o troppo oberati di lavoro.
Se ti stai chiedendo Nicola perché una persona “sana” dovrebbe prendere questo medicinale, la risposta è facilissima.
L’Adderall è capace di condizionare l’attività enzimatica del cervello, limitando la capacità di distrarsi di un soggetto. Se però fai assumere ad un soggetto sano lo stesso medicinale questo aumenta in maniera esponenziale la capacità di attenzione. Ricordi quelli che bevevano caffè per studiare? Dilettanti, la caffeina li teneva solo svegli. L’Adderall ti permette di restare concentrato più a lungo.
Nota a piè di pagina, questo farmaco ha effetti devastanti, dall’anoressia al collasso del fegato e della milza.
Però, dio quanto sei veloce, quante cose riesci a memorizzare.
La ESL ovviamente non viene colta alla sprovvista e mette in atto il più vile #iostoconildopatoditurno.
Annuncia che non può testare gli atleti perché non esiste un accordo con i giocatori, qualcuno ha detto Major League Baseball? Aggiunge che nemmeno le altre grandi organizzazioni, quelle che organizzano i tornei di Dota2 o di League of Legends, fanno nulla e quindi perché dovrebbero muoversi loro per primi.
Dichiarazione ufficiale: “Non possiamo testare un atleta se non siamo assolutamente sicuri, al 100% che abbia assunto Adderall”.
Se non lo testi come fai a sapere se ha preso quel farmaco?
Quattro anni dopo le maggiori società che organizzano tornei di videogame per limitare la piaga dell’Adderall hanno promosso due iniziative. La prima è chiedere ai giocatori che prendono Adderall di presentare una dichiarazione del medico che indica la necessità medica dell’assunzione e come seconda azione, implementare un circuito audio secondario così da ascoltare il feedback audio dei giocatori prima di trasmetterlo in diretta.
L’incidenza di giocatori affetti da ADHD all’interno del circuito professionistico dei videogame è 150 volte più alto che nella popolazione media degli Stati Uniti, che giova ricordarlo conta 180 milioni di abitanti ed è 107 volte maggiore di quella riscontrat in Cina, si con tutti quei miliardi di cinesi.
Nicola, lo so anche qui c’è del marcio. Come forse in tutti gli ambiti “umani”, però qui nessuno si nasconde dietro a una pomata casomai cicatrizzante.