Futsal

Giorgia Benetti – Nostalgia canaglia

Benetti

Solitamente è Zuckerberg il primo a saperlo. Una giocatrice affida il suo messaggio a Facebook, Mark legge e di rimando leggiamo tutti noi, che di quella giocatrice siamo amici, o più semplicemente followers. Quando Giorgia Benetti si è fermata, però, ha scelto il silenzio. E così, per un po’, mi sono illusa che le voci sul suo conto fossero – per l’appunto – soltanto voci. Fino a quando non l’ho chiamata. Con Giorgia funziona esattamente in questo modo: se le chiedi, risponde con grande cortesia. E’ una di quelle poche persone che ti dice grazie, se hai un pensiero per lei. E tu rimani lì a domandarti come puoi essere stata tanto stupida da non averli impiegati prima, dieci secondi, per un semplicissimo “come stai?”. Le distanze, comunque, si riducono subito davanti ad una voce veloce e cristallina che mi racconta di una nuova vita che poi è la vita che si augura, ma che le avrei augurato tra qualche anno per una forma di egoismo che si chiama amore per il futsal e per le vere interpreti della disciplina. Perché Giorgia, che adesso si occupa di formarle, è lei stessa – in primis – un’atleta.

Giorgia in uno scatto di SheFutsal

“Invece ho messo su un po’ di pancia – scherza – ma sono contenta: lavoro in un centro di fisioterapia e riabilitazione e tramite Giuliana Fiscon collaboriamo al Real Grisignano: ci dividiamo le parti, ma facciamo tutto assieme”. Qualche mattoncino della laurea in scienze motorie è stato piazzato proprio qui in Abruzzo, mi piace pensare che ora stia raccogliendo i frutti di tanto impegno. Ma con il calcio a 5 giocato cosa è successo? Me la vedo ancora a bordo campo, dopo una delle sue solite partite tutta cuore e polmoni. “Sei stata bravissima, tosa”. “Dici? Potevo fare meglio lì, e poi lì”. E tu fai davvero fatica a ricordare dove fosse il pelo nell’uovo che è andata a cercare, invece di prendere tre punti, complimenti e tornarsene a casa con una bella pacca sulla spalla. Ma è così che si diventa i migliori, ed è così che finisci per mancare. Quindi, cosa è successo? Tecnicamente si parla di lesione del labrum acetabolare, una membrana interna al femore che le causa parecchi dolori in determinati movimenti, oltre a calcificazione ed artrosi. La pausa che segue, deve dirla lunga sull’espressione da ebete di chi cerca di associare la serie di sintomi appena elencata a quel pendolino in maglia biancazzurra, che oggi ha appena 32 anni.
“E’ lo stesso infortunio di Balzaretti, ci segue lo stesso medico – mi spiega. – Mi ha consigliato di giochicchiare o non giocare più. Il mio cuore si è un po’ spezzato, ma ho deciso di prendere un anno di stop, per vedere se il riposo e le terapie mi permetteranno di tornare in campo. Non sono tipo da giochicchiare, io”.

Giorgia in azione contro Patri Sanchez. Foto: SheFutsal

Ma non è per ripiego che adesso la vita di Benetti ruota tutto attorno al lavoro tra Camposampiero e Grisignano. “Ho reagito in modo molto razionale. Il dolore alla gamba mi stava condizionando, così ho preferito concentrarmi sui miei studi, cercando di costruire al meglio il mio futuro lavorativo”. Chi l’ha vista all’opera come preparatrice atletica mi parla di tanta professionalità, la stessa che l’ha sempre contraddistinta su un parquet cui ha dato tanto, e che tanto le ha restituito.
“Per me il calcio a 5 è sempre stato una filosofia di vita. La passione per lo sport educa prima di tutto al rispetto, ma è anche una sfida con te stesso. I risultati non vengono? Allora devi superare i tuoi limiti, sia caratteriali che tecnici. L’esperienza al Montesilvano è servita proprio a questo, ma conservo tante immagini bellissime anche con la maglia della Lupe: mai riso tanto come in quello spogliatoio, poi la finale di Coppa Italia contro lo Statte e noi che arrivavamo a giocarla da novelline, in tempi più recenti – invece – niente è stato bello come la convocazione in Nazionale”.
E’ lì, però, che Giorgia inizia a fare i conti con gli infortuni.
“Il giorno della Notte magica avevo tolto il gesso da un mese e mezzo dopo l’operazione, il tempo di recuperare e ad ottobre – per un nuovo scontro di gioco – ho subito di nuovo la frattura del quarto metacarpo. In seguito a quell’episodio non ho più potuto dare la mia disponibilità”.

D’Incecco e Benetti. Foto: Cassella

Ma è proprio l’esperienza fatta sulla sua pelle che la porta oggi ad essere una delle migliori nel suo ruolo.
“Vedere la progressione delle persone dopo un trauma, è uno degli aspetti che mi dà maggiore soddisfazione: i pazienti arrivano con il terrore negli occhi e il tuo primo compito nei loro confronti è quello di creare empatia. Tanto più arrivano a fidarsi di te, quanto più si sentono sicuri nel loro percorso di recupero”.
Quando segue una squadra, l’iter non è diverso: conquista la loro fiducia e ne valuta i progressi.
“Se alla base c’è sinergia, arrivano sempre. A prescindere da cosa sia accaduto la domenica, il martedì sera il Grisignano è sempre pronto a dare il massimo: è un ambiente ideale per me”.
A sentirla parlare così, credo che la mia missione di riavvicinamento al campo sia destinata al fallimento.
“In tanti insistono per farmi tornare a giocare, sai? – mi consola con il suo tipo intercalare veneto. – Mi divertivo con la palla e nei miei film mentali sto già disputando qualche partita importante, ma vorrei che il mio futuro, in qualche modo, non escludesse il calcio a 5. Magari entrare nel giro della Nazionale, chissà. Intanto continuo ad aggiornarmi, questo è un settore nel quale non si è mai arrivati”.
Una questione etica, oltre che di cultura personale.
“Penso che le ragazze meritino di avere attorno persone che sappiano lavorare con onestà e che possano metterle in condizione di fare lo stesso, senza stress e gestioni approssimativa: tante delle atlete che conosco, giocano solo per passione, eppure sono vere professioniste alle quali dobbiamo ancora più rispetto e presenza da parte delle società”.
Una volta in più, capisco perché mi sia mancata tanto.

Foto: SheFutsal, Paolo Cassella

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