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Chiedi chi era Sara Simeoni

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Voleva essere una ballerina, questo sognava la sera quando si rimboccava le coperte, magari mentre si rigirava nel letto e poi in uno di quei momenti classici in cui è difficile prender sonno avrà guardato il soffitto per qualche istante, forse ha pensato che era troppo alto, con uno stratagemma che solo i bimbi curiosi possono partorire forse è salita in piedi sul materasso e saltellandoci sopra è quasi riuscita a sfiorarlo.

In quel momento è stato come toccare la luna, la soddisfazione del traguardo raggiunto, la perversa soddisfazione di aver risolto un problema soltanto mettendosi in piedi, dritta sulle sue gambe ed aver toccato il punto più alto della sua stanza.

Hai visto mai che a volte per trovare la propria strada è sufficiente risolvere un problema?

Voleva fare la ballerina ma dall’alto del suo metro ed ottantuno centimetri e con un piede numero 41 non era proprio aria di volteggiare sulla punta dei piedi, mentre cercava di farsene una ragione, mentre si rigirava nel letto, si fermò di nuovo a guardare il soffitto che la separava dal toccare il cielo con un dito.

Longilinea, un sorriso timido, i capelli arruffati come quando a testa in giù cerchi di sfonarli, non potrebbe essere altrimenti, lei con la testa china e riversa all’indietro ha compiuto le più grandi imprese dell’atletica Italiana e mondiale degli anni ‘80.

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Il caldo bollente di Agosto, è il 1978 e siamo nello stadio di Brescia, gremito di spettatori ma non c’è un giornalista a pagarlo oro, erano tutti a Venezia per l’atletica maschile; l’atletica femminile non suscitava interesse in Italia, da quel giorno Sara invertì l’amore del bel paese e fece un regalo a tutto il mondo femminile, da quel giorno i giornali e le redazioni avrebbero seguito Sara e le sue imprese ovunque.

Sara diventa nell’immaginario sportivo azzurro, la speranza di una medaglia e di una vittoria ovunque vada, quel giorno a Brescia la Simeoni stacca da terra e salta 2 metri e 1 centimetro e mai un centimetro ha fatto cosi tanto la differenza, è record del mondo, mica medaglia di legno al torneo dell’oratorio, sapete quanto è grande il mondo?

Almeno quanto il suo sorriso e le sue lacrime stampate su tutti i giornali il giorno dopo.
Braccia alzate al cielo, come quando da bambina provava a toccare il soffitto, ora il cielo può guardarlo da un’ altra prospettiva se non fosse per quelle lacrime che le rigano gli occhi, lacrime di gioia, lacrime di chi ha vinto la fatica, il pregiudizio e si è aperto una porta nell’Olimpo degli Dei.

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E’ una stella atipica Sara, mostra le sue debolezze e poi tutto d’un tratto si trasforma e le vince, a Mosca nel 1980 viene assalita da una crisi di panico, la pressione è tutta su di lei, l’Italia si aspetta un ennesimo miracolo sportivo.
La Simeoni si chiude nello spogliatoio, piange, è terrorizzata, nessuno riesce a calmarla. Ad un tratto le sue lacrime si fermano, pronuncia poche parole:

Il Record del mondo è mio e devo dimostrare di essere la più forte!

Esce fuori, una breve corsa sulla pista di atletica e poi apre le braccia come se fossero ali, si arrampica in cielo come se stesse prendendo la marmellata dalla credenza e poi ricade come una piuma leggera che svolazza trasportata dal vento sul materassino.

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Sara Simeoni è oro olimpico, accompagnata dal battito di mani di tutto lo stadio che è il preludio a quello più forte e continuo che la omaggia nel momento in cui viene incoronata regina del salto in alto.
Lei prima di mostrare il suo sorriso felice a tutto il mondo decide di dare una lezione di vita, va a consolare Rosemarie Ackermann, praticamente la rivale di una vita, quella che spesso ha vinto davanti a Sara; a fine carriera racconterà che provava una stima ed una simpatia innata per la tedesca dell’ Est.
Saper vincere non è una disciplina olimpica ma di sicuro è un insegnamento tramandato ai posteri.

All’ Olimpiade successiva Sara ci arriva da infortunata, sono 6 anni che non salta più sopra i 2 metri, mormora la gente mormora, lei lascia il brusio dietro alle spalle mentre le inarca sopra l’asticella dei 2 metri e si va a prendere una medaglia d’argento, l’Italia è ai suoi piedi per l’ennesima impresa sportiva.

Quando frequentavo le scuole medie ricordo che il mio professore di educazione fisica ci faceva provare il salto in alto, ero goffo ed impacciato ma eravamo in diversi a non avere dimestichezza, pian piano però trovammo divertente provare qualcosa di nuovo.

Giorni fa mi trovo davanti ad un’intervista della Simeoni, dice che era timidissima, essendo nata in un paesino credeva che i ragazzi di città fossero meglio di lei, piano piano con i successi nello sport ha acquisito fiducia in se stessa, oggi insegna in una scuola ed i ragazzi dopo le prime ritrosie verso il salto in alto, pian piano dopo aver preso confidenza si divertono e chiedono di alzare sempre un po’ l’asticella, lei per incoraggiarli gli mostra la sua medaglia d’oro, è l’unico momento in cui la tira fuori dal cassetto, dice che non ha bisogno di vederla, le è sufficiente consultare il suo cuore per rivivere quella che definisce la più grande emozione della sua vita.

Dice Sara:

io non ho fatto altro nella vita, alzavo sempre più in alto la mia asticella per dimostrare a me stessa che non mi sarei fermata al soffitto della mia camera.

”La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso.”

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