Storie

Una mappa sul muro

Roma.
Piazza Bologna.
Ginger abitava a meno di 100 metri da casa mia, divisi da un paio di bar e un ristorante.
La vita, quella roba che ti capita mentre stai cercando qualcosa da bere, per fortuna non ci ha fatto incontrare allora. Ci immagino su un volo per Glasgow con la scusa di andare a vedere l’Old Firm e invece ci saremmo ritrovati in un pub tra tifosi ubriachi, senza sapere cosa fare dei biglietti. Intenti a raccogliere storie a mettere insieme pezzi di vita e a consumarne altri.
Le anime nomadi, quelle che hanno una cartina stampata nel cuore e sul muro di casa, finiscono alla fine per trovarsi sempre.

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Verso l’Olgiata, un quartiere di Roma che è praticamente in Toscana.
C’è un pallone e ci sono delle bimbe.
Vorrei raccontarvi i loro occhi, le braccia al cielo perché: “ho fatto una busta a Cely” detto agitando le braccia per chiamare a raccolta le compagne. Vorrei raccontarvi gli occhi tristi di chi c’era e non ha potuto partecipare. Vorrei raccontarvi di chi è passato per un saluto o per dare una mano.

 

Invece mi distraggo e mi fermo sui particolari.
“Allora ciao e forza Inter”, oppure “Abbiamo un caricatore in due” e tutte quelle frasi scomposte e sconnesse all’apparenza in cui le bimbe mi hanno coinvolto per quel desiderio di esistere e di essere ascoltate. “Ma chi siete voi” e quando abbiamo risposto sgranando gli occhi hanno aggiunto: “allora vi seguiamo siete famosi”, con tutta l’ingenuità del mondo. Io avrei detto famigerati ma per il loro di cinismo c’è tempo.
Le bimbe, tutte, si guardavano intorno come se qualcuno avesse fatto loro un grosso regalo, le avesse lasciate libere d’imparare, di uscire dalla loro zona di conforto e provare a sbagliare, a farsi male e a rialzarsi, da sole.

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La cena brasiliana l’abbiamo rimandata, spostata in avanti nel tempo. Se non sapessi che la tua giornata come la mia ha solo ventiquattro ore potrei pensare che per seguire tutte le tue iniziative benefiche tu abbia la capacità d’allungare il giorno. Se non sapessi null’altro di te, questo basterebbe.
“Lo sapevo che non dovevo scommettere sul Napoli” e “mi tocca guardare le partite in tv in un microonde”.
Come non puoi voler bene ad una donna così? Ci provo, davvero e non ci riesco e poi perché dovrei?
In questo viaggio ho trovato qualche risposta, ho imparato ad esempio da dove arrivano i lacci di Cely.
Ho portato via però ancora più domande.
Perché voi donne di sport avete i pigiami più orrendi del mondo? Il pigiama rosso con il cappuccio da mucca di Federica pensavo fosse il peggiore mai visto e invece: quello a pois, quello con Sullivan.
Grazie, per quel pezzo di quotidianità che avete diviso con me.
“La lingua dei segni”, un abbraccio e grazie a Emanuela, perché mi ha ricordato che si sente anche con il cuore e con gli occhi.

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Grazie alla cuoca per il pranzo, per i gol e per i suoi racconti di viaggio.
Abbiamo lasciato un puntale sull’albero fatto da noi, perché ne mancava uno.
La mancanza è solo una parte della vita, quello spazio che lasciamo per far posto agli altri.
Sole rosso di tramonto e partiamo verso est.
I viaggi in macchina fanno rimbalzare i pezzi di una storia come in un calderone e poi iniziano ad avere senso, almeno per me.
“Fede, scriverò di questa giornata…vuoi sentire una storia?”

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