Futsal

Volevo i pantaloni

pantaloni

Mettetevi comodi perché è una storia lunga.
La voglio far partire da un libro del 1991,“Volevo i Pantaloni” di Lara Cardella, scrittrice siciliana trapiantata a Bergamo.

La protagonista è Annetta, una ragazza originaria di un paesino vicino all’Etna, educata secondo canoni estremamente rigidi: non può truccarsi, non può partecipare alle feste dei suoi coetanei, non può indossare una minigonna. Al fratello Antonio, invece, così come a tutti i maschi della sua famiglia, viene riservato un trattamento privilegiato, che fa crescere Annetta nella rabbia della disparità. Da qui il titolo del libro. Pensa che indossare i pantaloni – quindi essere maschio – possa darle il diritto di avere una vita “normale”. Con questo testo, la 19enne Cardella vince un concorso per esordienti. Quando le chiedono l’età, stentano a crederci. Hanno bisogno di altri controlli, prima di assegnarle il premio che si è meritata.

 

 

“Volevo i pantaloni”. Chissà quante l’avrà pensato Amanda Lyssa de Oliveira Crisóstomo, per tutti Amandinha, allargando le braccia davanti all’ultima discriminazione subita in uno sport in cui, paradossalmente, è la numero uno. Il suo curriculum parla da solo, ma per pignoleria riassumo: eletta per tre volte consecutive la miglior giocatrice del mondo ai Futsal Planet Awards, la laterale del Leoas da Serra è pedina inamovibile della Nazionale brasiliana che ha vinto la bellezza di 6 titoli Mondiali e 4 titoli sud-americani. Tutto questo a soli 23 anni. Come cavolo ha fatto? Anch’io ho dovuto fare altre verifiche, prima di riconoscerle tutti questi meriti. E pensare che il quinto titolo potrebbe arrivare a breve: mentre scrivo, infatti, nelle urne oltreoceano si mescolano i nomi del sorteggio dell’imminente Copa America de Futsal Femenino (o Sudamericano Femenino de Futsal), competizione internazionale della Conmebol, che si giocherà in Uruguay dal 22 al 29 novembre. Penso a quanti sacrifici abbia fatto per arrivare fin qui, questa atleta che è ancora una ragazzina: “Calciavo tutto quello che vedevo”, racconta in un’intervista. L’istinto che diventa destino, non deve essere stato facile a Conjunto Ceará, un barrio nella periferia di Fortaleza, nel nord-est del Brasile.

Di questa Copa scrive sulla sua bacheca di Facebook, vado a curiosare e non trovo nulla di quello che mi aspetto. Il post di Amandinha è in realtà un accorato appello a Sport TV, che potrei tradurre più o meno così: avete trasmesso la Copa maschile, date visibilità anche alla nostra. Già perché di questo evento in rosa, nel palinsesto dell’emittente verdeoro, non sembra proprio esserci traccia. Stesso evento, diversa importanza letta però in un codice binario: 1 ci sei, 0 non esisti. E all’indifferenza dei media, Amandinha risponde nel modo più pacifico possibile: “vamos fazer uma corrente do bem”, una catena del bene legata dall’hashtag #futsalfemininonosportv. La protesta è pacifica, i toni sono dolci. Eppure avrebbe tutte le ragioni di alzare la voce. Davanti a queste parole, non so cosa mi faccia più arrabbiare: se pensare che possano cadere nel vuoto e semplicemente il fatto che ci sia bisogno di scriverle, che non sia tutto già dovuto.

Di Amandinha avevo già parlato qui ad aprile: aveva appena vinto il terzo titolo di migliore del mondo, riconoscimento che nel maschile – tanto per darvi un’idea dell’abisso che divide i due mondi, anche in termini economici – è andato a Ricardinho, uno per cui il Nacional Zagabria avrebbe offerto 2 milioni di euro per 4 stagioni, più un milione all’Inter Movistar (vedere per credere). Comunque la notizia di Amandinha (ancora) sul tetto del mondo, rimase sulle prime pagine a lungo: prima perché si trattava di un fatto straordinario, secondo perché ci fu un individuo così straordinariamente idiota (Fernando Moreira) da riuscire a commentare “Vergogna, dovresti stare in cucina a preparare la cena a tuo marito”.
Una frase stupida e sessista che suscitò l’indignazione generale del web e degli addetti ai lavori: per un certo periodo, infatti, si tornò a gridare a gran voce “Women play futsal #FIFA”, poi tutto cadde velocemente nell’oblio. O meglio, tornò. Perché quella donne erano già state dimenticate pochi mesi prima, quando – alla fine di ottobre – raccontammo che non ci sarebbe stato alcun mondiale (torneo ad inviti per club, ok. Prima che qualche Moreira la prenda sul personale). Motivo? Mancava una FA (Football Association) disponibile a finanziare l’evento. Si trattava solo di donne, in fondo.

 

 

Chiamateci masochisti, chiamateci appassionati. Ma è proprio a questa stupenda minoranza rosa che Any Given  Sunday dedica da anni tutta la sua passione, tanto da aver addirittura indetto il pink october. Della campagna a scopo benefico “Con il nastro rosa” ormai conoscete ogni dettaglio, ma quello che forse non sapete è quanto sia stato bello vedervi rispondere così numerosi. Lacci rosa sono partiti dall’Abruzzo per raggiungere ogni angolo d’Italia: dal Veneto alla Sicilia, e poi più ad ovest verso la Sardegna.
Ci abbiamo messo la faccia lanciando un appello a sostegno di donne che lottano tutti i giorni per la propria vita: voi ci avete dato ascolto. Di più, voi ci avete dato fiducia, inondando la nostra casella messaggi di foto colorate e bellissime e facendo alla Gaia Onlus donazioni volontarie che contribuiranno all’acquisto del Mammotome Revolve. La verità? Non ce l’aspettavamo, ma ci speravamo così tanto che non ce lo siamo confessati neanche tra noi. Adesso guardiamo indietro e non vediamo l’ora di dirvelo: il pink october è finito, ma voi avete fatto qualcosa che il tempo non può cancellare. Grazie a tutti.

Foto Amandinha:  Fotojump

 

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