Storie

Possiamo parlare?

parlare
Sara è uno specchio pieno di ricordi, una testa piena di ricci e di sogni.
Ti piomba su whatsapp e ti chiede di scrivere, perché qualcosa le stringe il cuore e non sa come farlo.

“Prova, immagina di raccontare questa storia a me”.

Gioco a calcio, lo sapevi?
Si gioco, a calcetto.

Quindi non ti pagano e giochi su qualche campaccio di periferia di quelli con l’erba sintetica così grattata che ci puoi vedere la ghiaia sul fondo.

Dicono tutti che è uno sport da maschi, ci sono tanti di quei pregiudizi che di sicuro immagini, se una ragazza gioca a calcio è un maschiaccio.
Tante storie che rovinano tutto quello che c’è di vero nel calcio.
La passione.
Sì la passione, perché alla fine dei conti è solo quella che muove tutto.
Senza non si va da nessuna parte.
Ho lottato per giocare, per dimostrare agli altri e a me stessa che non era una cosa passeggera.
No, non è facile.
Tante volte vorrei mollare, appendere quei benedetti scarpini al chiodo.
Chi me lo fa fare?
Vorrei farti capire come mi sento, ora, in questo preciso istante.
Mi scoppiano un milione di idee in testa.
Ero sicura di me e di quello che volevo, ma le incertezze e le paure sono sempre dietro all’angolo.
Eccole qui, davanti a me, le mie paure.
Forse si, sono stanca di lottare.
Contro un ambiente, contro un vizio di pensiero, contro le idee malsane.
Perché una ragazza può essere femminile e giocare a “a pallone”.
Può aver voglia di condividere questa passione con altre persone.
Può bere una birra con le “avversarie” a fine partita.
Questo è esattamente quello che voglio.
Voglio essere me stessa, in mezzo ad un campo e in un ristorante, voglio essere la stessa identica persona. Voglio continuare a truccarmi ogni volta che entro in campo, perché alla fine è un po’ come un rituale, tipo “haka” : trucco nero intorno agli occhi e fascetta legata intorno al braccio.
Ci sono i rituali da seguire, questo non mi rende meno forte o meno cattiva.
Mi rende me.

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Forse si potrebbe pensare che sono pazza, ma un po’ di pazzia ci sta bene no?
In questo mondo di concetti, di chiacchiere, di idee sciocche e se volessi lottare contro tutti questi pregiudizi?
Si.
Se volessi sentirmi libera di essere me stessa ogni volta che gioco?
Perché non posso?

Potreste dirmi che certamente posso, certamente sono libera di essere la donna che voglio, dentro e fuori dal campo. E io posso ugualmente dirvi che certamente posso, ma non è poi così facile. Sì, perché nel calcio femminile, i pregiudizi e i preconcetti non vengono solo dall’ambiente esterno, ma spesso sono radicati nelle stesse donne che, mettendo gli scarpini ai piedi, cercano di rientrare nel cliché del maschiaccio a tutti i costi che, vi assicuro, non incide minimamente sull’essere forti col pallone.
C’è poca informazione, c’è poca voglia di rendere grande questo sport, c’è poca voglia di sentirsi vicino alle persone che corrono nel verso opposto al tuo.

Lo sport è liberazione, è qualcosa che tira fuori l’anima dal corpo, la butta in un campo e poi te la rimette dentro.
Io voglio sentirmi così ogni volta, senza aver paura di essere me, quella che gioca truccata quella che prova a fare i colpi di tacco o che cerca di correre più veloce di Forrest Gump e magari rischia di inciampare e rovinare sul terreno di gioco.
Io voglio essere tutto questo.

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Il calcio è vita, ma lo è perché sono le persone che scendono in campo a renderla tale.
Tu da solo con un pallone non puoi sentirti parte di questo universo.
Tecnicamente tu da solo con un pallone non potresti affatto giocare. Hai bisogno di compagni di squadra e ne hai bisogno come l’aria.
Hai bisogno di matte come te intorno.
Conosco tante persone come me sapete?
Si, tante.
Persone che hanno il coraggio di abbracciarsi dopo aver giocato contro, persone che hanno la voglia di stringerti per darti il loro in bocca al lupo, persone che vanno oltre la maglia e sono disposte a spingerti nella mischia perché sanno che è di quello che hai bisogno.
Che te ne fai dei trofei quando hai gente così intorno?
Che te ne fai delle vittorie? Che te ne frega delle sconfitte?
Il calcio è questo.
Unione.
Lottiamo tutte per lo stesso obiettivo, corriamo tutte dietro a quel pallone, non possiamo essere poi così diverse tra noi.
In questo mondo del calcio femminile, che si proclama contro ogni pregiudizio per antonomasia, vorrei un mondo senza pregiudizi.
Un mondo dove chiunque più essere ciò che vuole.
Un mondo con tante verità diverse, un mondo dove non conta quello che sei fuori, un mondo dove conta solo quello che sei nel profondo.
Ho cambiato punto di vista, o forse sono cambiata io.
Forse però solo ora ho capito cosa significhi giocare.

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Nel rugby alla fine delle partite, le squadre spesso mangiano insieme, ho letto più di una volta questa tradizione; con un bicchiere di vino in mano ed un panino ogni giocatore è uguale, non c’è chi ha vinto e non c’è chi ha perso.
Avversari in campo, amici fuori.
Vorrei un mondo pieno di bicchieri di vino, di risate, di divertimento alla fine di ogni partita.
Dietro ad ogni sconfitta c’è una vittoria: male che vada avrai incontrato gente afflitta dalla tua stessa malattia.
Per quanto ci siano giocatrici forti e meno forti, alla fine sono solo ragazze e donne che vivono di quel pallone. Sarebbe bello vivere in una realtà così.
Bello davvero.
Forse sono solo una sognatrice.
Forse immagino un mondo che non c’è.
Forse mi sono solo convinta di essere migliore di tante altre persone.
Forse spero solo di non dover ammettere che c’è tanta incoerenza in questo mondo.
Chi mi legge sa di cosa parlo.
Tu che mi conosci appena sai come mi sento.
Sei dentro al calcio come me, dentro al petto ti batte un pallone a rimbalzo controllato; sei un tipo da birra dopo una partita.
Forse ho aperto gli occhi.
Forse ho spalancato la mente.
Io non sono di nessuno, sono solo una persona che ama giocare e chi non capisce questo non merita di rovinare il mio sogno.
Voglio essere migliore.
Voglio sentirmi speciale in questo universo di stereotipi.
Voglio sentirmi libera di parlare e giocare con chiunque, libera di scavalcare questo muro di Berlino e dare la mano ad una avversaria.
L’amicizia ti spinge oltre.
La passione ti dà la forza.
Il fisico ti dà i mezzi.
Abbiamo tutte la possibilità di sentirci migliori di quello che vogliono farci sentire.

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Sai quanti insulti ho sentito da maschi mentre ero in campo?
Che sciocchi, forse pensano che sia uno sport solo per loro.
Se una donna è arrivata sulla luna, pensano che non possa giocare dentro a un campo di calcio?
Vorrei arrivare a quaranta anni con quel pallone tra i piedi.
Vorrei giocare nelle sere d’estate, correre anche con trenta gradi, uscire dallo spogliatoio in accappatoio per cercare la biancheria pulita persa fuori dalla porta, sì mi è successo veramente.
Giocare con giocatrici più forti di me, vorrei imparare, imparare tanto, tutto quello che posso.
Raccogliere la linfa da ogni minima azione.
Sedermi sui gradini fuori dal campo e parlare con ragazze che giocano da una vita, e nonostante tutto ti trasmettono una passione tale da farti venire i brividi.
Io voglio essere così, voglio essere questa persona.
Voglio essere io un giorno a sedermi su quei gradini, a raccontare a una ragazzina quanto sia bello e duro giocare a 35 anni.
Si, voglio essere così.
Voglio essere come te che corri come una matta per il campo, che ti butti su ogni pallone, che non molli un cazzo di centimetro; che  guidi tutta la squadra e che quando sbagli fai un sorriso e scuoti le spalle: sai di avere grandi doti ma ti senti umile in mezzo a gente che non è al tuo livello.
Voglio essere come te.
Insegnare alle ragazze come me che inseguire un sogno non è mai sbagliato, è duro, ti può portare via tante energie, ti può far piangere o prendere a pugni un muro. Non è mai sbagliato. Mai.
Vivere e lottare per i sogni, questa è l’unica cosa che ci renderà sempre vivi.
“Mai dire mai, perché i limiti, come le paure, spesso sono solo un’illusione.”
Chi lo diceva? Ah, un certo Michael Jordan.
Le mie paure e i miei limiti sono illusioni.
Le nostre sono solo illusioni.
Possiamo avere tutto, compreso il rispetto delle persone che pensano che il calcio non sia uno sport da donne.
Possiamo avere tutto, se siamo disposte a darci una mano, siamo tutte dalla stessa parte e io sono dalla tua.
Do ut des: dai passione, e passione riceverai in cambio.
Do ut des.

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