Futsal

Se Fossi un Mister – La Paura

C’è una bottiglia di vetro immersa nella sabbia, da qui posso vederne solo il tappo, chissà se nasconde un messaggio di un naufrago lontano su qualche isola; una cartaccia di patatine gioca a farsi spingere dal vento e produce un rumore fastidioso, uno di quei rumori sordi che ti riportano alla realtà e ti fanno strabuzzare gli occhi di colpo.

Il mare come uno yo-yo viene e va, ogni tanto sbatte più forte sullo scoglio sul quale sono seduto, mi bagna appena le caviglie e poi scappa veloce come se fosse  Cristiano Ronaldo sulla fascia, nei miei Ray-Ban scuri si specchia per un secondo, si compiace e se ne va come fosse una stagione calcistica che volge al termine.

Si dice che il mare aiuti a riflettere e pensare, in realtà finché non era comparsa la fastidiosa busta di patatine spinta dal vento ero riuscito ad andarmene con la mente per qualche momento,  un pescatore in lontananza tira su la lenza e torna a casa, spalle al tramonto, anche oggi se ne va a mani vuote mentre l’arancio del cielo che tramonta lo illumina come se fosse dentro la sigla di un cartone animato.

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La busta che fa rumore ormai è lontana, se n’è andata mano nella mano con il vento e forse hanno cercato un momento d’intimità dietro uno scoglio, a mani vuote dicevamo, un poco come me, che ho perso la cognizione del tempo anche se sono passati 9 mesi ed è ora di bilanci.

Abbiamo perso una partita in un campionato, tanto è bastato a non vincerlo, abbiamo percorso tutto il tabellone di coppa e l’abbiamo vinta , ci rimane un play off ostico e tanta amarezza, almeno a me che non ho voglia di tirarmi indietro e sono pieno di domande per me stesso.
A volte ho paura, paura di non essere all’altezza, paura dei miei errori e delle cose che lascio per strada.

Sarà mica vergogna ammetterlo?

Il campo, le partite ed il gruppo mi hanno concesso tante sicurezze che non conoscevo, la sicurezza di riuscire a tramutare concetti in fatti concreti, quella di avere sempre una nuova chance per tentare. Hai fatto male lo scorso anno?  Va bene rimboccati le maniche c’è un nuovo anno alle porte per riprovare ad affermare le tue idee, per cementare un gruppo, per esprimere un’ idea piacevole del futsal che vorresti ma in mezzo a tutte queste certezze le mie paure, quelle no non mi abbandonano mai.

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Credo siano una sorta di allarme o di salva vita, ad un certo punto suonano dentro di te e ti ricordano che c’è sempre qualcosa a cui devi stare attento, sono un po’ come il rumore della busta, sgradevoli al punto giusto per risvegliarti dal torpore.

Senti quella vertigine nello stomaco e quel senso di oppressione che non sai tradurre in parole, quella li, proprio quella la è paura e sarebbe facile voltarsi e darle le spalle perché almeno passerebbe ma lei tanto torna nei momenti di silenzio, quando ad esempio la sera tua moglie dorme rannicchiata in un angolo e tu invece fissi il soffitto e ti domandi cosa hai sbagliato, dove hai sbagliato e soprattutto come hai fatto a non accorgertene.

Ti prendi un incarico ad inizio anno ed è quello di portare un gruppo di persone ai migliori traguardi possibili, 15 ragazze che la sera arrivano stanche dal lavoro, tu lo sai, tu le vedi negli occhi che alcune volte si serrano dalla sfinitezza, gli equilibri di uno spogliatoio sono fragili e tu sei li in mezzo a cercare di mantenerli.
Alcune sono giovani, con le loro insicurezze e le loro paure, ne intravedi il talento e quello che potrebbero fare, cerchi lo stimolo che le porti a vedere quel che vedi tu in loro, a volte cerchi di prestargli i tuoi occhi per capire ed altre sbraiti perché non vedi mai una reazione al torpore che le avvolge.

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C’è un gruppetto storico, loro sono da anni sui campi, ormai hanno un’ affidabilità che non può essere messa in discussione ma tu che sei presuntuoso vorresti aprirgli nuove prospettive oltre all’affidabilità consacrata: vorresti restituire loro la spensieratezza, la voglia di provare a superare nuovi limiti, aprire il libro e scrivere nuove pagine del loro sport, pagine che magari avevano abbandonato l’idea di raccontare.

Allora inizi da un piccolo punto, parlandone allo spogliatoio, cercando di comunicarla questa idea, di capire quanta disponibilità ricevi perché poi in campo dovrai scontrarti con queste promesse che ti sei fatto, dovrai a volte mettere i braccioli a chi sta affogando credendo di non farcela e dare una strigliata a chi troppo convinto di se va solo per la sua strada e dimentica che si cammina tutti insieme e che siamo una squadra ed è questo il primo traguardo che bisogna conquistare.

Le tue paure in realtà sono quelle di ogni essere umano che spesso da solo deve decidere per tutti, cercando di esser giusto, che non vuol dire riuscirci sempre ma piuttosto provarci.
Arrivano le partite e devi lasciar fuori qualcuno dalle convocazioni mentre non puoi dimenticare che hai bisogno di vincere tutte le partite per arrivare al traguardo ed allora ti bilanci tra i comportamenti settimanali e l’equilibrio che serve alla squadra per dare il meglio.

E’ il giorno della partita ed è qui che si apre un mondo ai più sconosciuto, tu hai pensato tutta la sera prima a cosa fare se sei in svantaggio, se invece sei in difficoltà sul pressing oppure a come gestire le energie della squadra ma devi ancora entrare nello spogliatoio e parlare alla squadra, puoi aggredirla e cercare di alzarne le motivazioni oppure puoi rassicurarla cercando di non schiacciarla sotto il peso delle responsabilità ed è qui che cominci a vincere o perdere la partita.

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Inizia il match, ci sono delle cose che non vanno nel verso giusto, le vedi e decidi di intervenire, qui tu sei solo, ognuno parlerà delle tue scelte e le giudicherà a partita finita ma tu questo non puoi permettertelo, è in quel preciso momento che devi decidere e cambiare la partita ed ogni volta che tocchi qualcosa non hai certezze che quel che stai facendo pagherà, ti appoggi alle tue sensazioni, a quel che hai visto in settimana ed alla tua esperienza.

Andrà bene? Andrà male?

In qualunque caso sarai sotto la lente di ingrandimento perché si poteva fare qualcos’altro ed è certo che si poteva fare, non esiste mai una soluzione unica ad un problema, tu stesso ne conosci diverse ma scegli ciò che in coscienza ti sembra migliore e se non dovesse essere la scelta migliore sai già che la tua testa in collaborazione con il tuo stomaco ti si mangeranno tutta la sera, che quei punti che oggi hai lasciato te li rimpiangerai tutto il campionato e che ti dispiace davvero non aver aiutato oggi la tua squadra, non essere stato veloce da capire cosa fare per uscire dalla difficoltà.

Questa è la vera paura di chi siede su una panchina, ho pianto tante volte per aver lasciato in panchina una ragazza e non averla fatta giocare, sono andato a dormire con la tristezza di aver scelto di vincerla una partita ed aver lasciato seduto chi magari in quel momento credevo non fosse per caratteristiche la scelta migliore ma poi la partita l’ho persa lo stesso ed a fine match ti dici che si poteva provare con altre giocatrici ed altre soluzioni ma tu non puoi sceglierlo alla fine, devi decidere in quel momento ed in quel preciso istante e finché non arrivi alla fine nessuno ti sussurrerà nell’orecchio: si è la cosa giusta oppure no stai facendo una cazzata.

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A volte ho paura, ho paura di deludere me stesso e le persone che alleno, a volte ho paura di farmi sedurre troppo dalla vittoria, a volte ho paura che la gente  con cui vivo tutto l’anno in campo non capisca quanta sofferenza c’è nel dover scegliere, nel dover metter da parte una piuttosto che un’ altra, a volte ho paura che mia moglie si addormenti senza darmi la mano perché alla fine di ogni partita lei è li a sopportare le mie ansie, la mia tristezza ed ascoltare i miei mi dispiace, dovevo fare, potevo provare.

Sento gracchiare un rumore sordo, forse è la busta trascinata dal vento che è tornata, alzo gli occhi, è solo un corvo che ondeggia sopra la mia testa, accendo una sigaretta e me ne vado, sul cadavere dei leoni festeggiano i cani, credendo di aver vinto ma a noi no, non ci avrete mai come ci vorreste nonostante la paura.

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