Storie

Feritoie del Pallone – Chiara Cerato

Gli uomini coltivano 5000 rose nello stesso giardino e non trovano quello che cercano.
E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua.
Ma gli occhi sono ciechi.
Bisogna cercare col cuore!

“ Il Piccolo Principe”

Antoine de Saint Exupery

Povolaro è una frazione popolosa ed operosa del comune di Dueville. Siamo in provincia di Vicenza, ormai zona a me familiare. In Veneto storicamente la passione per il Futsal è radicata da anni. Attraverso in auto  Dueville e penso alla squadra giovanile del Dreamfive, un gruppo di giovanissime giocatrici di futsal, allenate dal bravo Omar Dal Maso, così brave, da spingerti a credere che il futuro per il femminile sarà luminoso. Ritorno volentieri qua. Quando a novembre vidi Futsal Breganze – Ternana, rimasi col desiderio di fare due chiacchiere con il capitano storico del Futsal Breganze; Chiara Cerato.

E’ il primo pomeriggio di una giornata fredda ma luminosa e io me ne sto seduto su una panchina di Povolaro, in Piazza Schorndorf. Quando chiesi a Chiara quale era un posto simbolico dove sbocciò la sua passione per il pallone, lei senza esitare, rispose: “Se penso ad un luogo, a qualcosa che dall’inizio mi ha legato al pallone..beh, la risposta è molto semplice..la piazza del mio paese: Piazza Schorndorf”

Io qui in largo anticipo attendo. Internet viaggia che è un piacere e navigare mi è facile, oltreché “dolce”. Attracco al sito del comune di Dueville e scopro del gemellaggio con la città tedesca di Schorndorf. Ne ignoravo l’esistenza, lo confesso, ma non è mai troppo tardi per conoscere né lo è per conoscere storie che leghino luoghi a persone che hanno cambiato il nostro mondo. Eh si, perché nella cittadina tedesca nacque Gottlieb Wilhelm Daimler, inventore del motore a scoppio.

Aspetto Chiara e penso a quanto il mondo abbia corso senza freno negli ultimi due secoli; nel 1834 quando nacque Daimler, i palloni rotolavano già. Nel 1848 a Cambridge si stilavano le prime regole del calcio a 11 e nel 1857, nasceva quello che è ad oggi il club più antico del mondo; lo Sheffield F.C. Niente da fare! Il pallone ha anticipato anche il motore a scoppio! Basta veramente poco e i pensieri si baloccano tra loro.

Chiara mi riporta alla realtà, mi saluta con affetto e mi apre le porte della sua storia. Camminiamo e mi dice; “Vedi?! La piazza del mio Paese è una semplice distesa d’asfalto, niente parquet o campi in erba. La mia passione è nata qui. Questo è stato il mio primo campo da calcio, quello dove con gli amici ci si sbucciava le ginocchia una sera sì e l’altra pure”.

Calcio un sasso e penso a quanto le piazze siano vuote di palloni e bambini adesso. Il progresso troppo accelerato degli ultimi anni ha avuto l’effetto nefasto di svuotare le piazze. La piazza chiassosa, era la prima scuola calci:;ti allenava all’imprevedibilità del rimbalzo, ad essere sempre a contatto col pallone, apriva le ali della fantasia per giocate bellissime.

Ma Chiara, quando ha  iniziato a giocare sul serio?

“Ho iniziato molto tardi a giocare a pallone, ahimè” sospira Chiara “..questo rimarrà sempre un mio rimpianto. Si sa, i papà sono protettivi e il calcio, quale gioco maschile,  non era nei pensieri di mio padre per la propria figlia. Per tre anni ho fatto ginnastica artistica, poi il basket per sei anni. Nel tempo libero qui in piazza Shorndorf a inseguire i miei sogni di pallone. I genitori però desiderano che i figli siano felici. Potei così cominciare a calcio a 11.  Avevo 18 anni e babbo e mamma diventarono i miei primi tifosi e tuttora lo sono. Nel calcio a 11 sono rimasta per 6 anni, poi la società si è sciolta ed ecco il perché di questo cambiamento e del tuffo nel calcio a 5, sport per me molto diverso dal calcio a 11.  Mi impauriva un po.. ma da quel timore sono passati altri 6 anni ed eccomi qui, ancora nella stessa società, che mi ha tanto voluta, che mi ha aspettata dopo un pesante infortunio e che io definisco una famiglia sportiva e non solo; il Futsal Breganze!”

Cerato

Chiara è il simbolo di questa squadra, un gruppo che vola alto e che ha tratti caratteristici del suo capitano; non molla mai! E Chiara ha superato prove dure, con coraggio, con l’obiettivo unico di non interrompere il suo sogno:

“Se penso allo sport sorrido” mi dice Chiara “per quanto mi abbia tolto, per quanto mi abbia fatto soffrire..una lotta continua con le mie ginocchia.  I legamenti di entrambe mi hanno lasciata (l’ultimo solo due anni fa, mentre il primo 10 anni fa), ma sono sempre tornata, nonostante i consigli di smettere, soprattutto dopo il secondo infortunio..e forse, anzi senza forse, sono tornata con l’animo più forte di prima, col sorriso sempre presente, perché a volte bisogna cadere per capire quanto bene ti fa quello che vivi..e lo spirito che mi ha accompagnata è in questa piazza dove camminiamo, dove con gli amici ci si sbucciava le ginocchia una sera sì e l’altra pure, ma che col sorriso e la spensieratezza dei bambini ci sbucciavamo le ginocchia una sera sì e l’altra pure. Se guardo ad adesso poco è cambiato rispetto ad allora; i graffi, gli ematomi, le ginocchia sbucciate, ci sono ancora..come ancora c’è il sorriso di correre dietro a un pallone e fare ciò che mi piace. Non è un lavoro, ma poco ci manca. E’ una passione, che forse, per come la vivo io è più di un lavoro, qualcosa che hai dentro, che nessuno ti ha insegnato e nessuno può capire.”

Provo ad interrompere Chiara ma è un fiume travolgente, come lo è in campo, quando entra in campo, ginocchia fasciate pronta a battagliare su ogni pallone; questo fiume travolge anche me ed è vero che nessuno può capire. “Nessuno può capire”, prosegue Chiara, “quando rinunci ad uscire con gli amici perché hai allenamento e farlo non ti pesa, nessuno può capire quando alla sera, stanca dalla giornata in ufficio, arrivi al palazzetto e tutte le forze ti tornano. Lasci i problemi in macchina, perché dentro al palazzetto con il tuo pallone, con la tua squadra e con la tua società, tutto ha un sapore diverso, più leggero. Senti che è vita! Vita sportiva ma pur sempre un pezzo del mio percorso, che mi arricchisce ogni giorno.  Questo per me è lo sport, questo per me è correre dietro un pallone, questo per me significa Squadra, Gruppo, Amicizie e Legami che ti porti fuori dal rettangolo di gioco e che vivi perché ti fanno bene..non è solo sport, non è solo lavoro, è qualcosa di più che ti entra nel cuore.”

Cerato

Chiara rappresenta tante persone, nel futsal, coloro che uniscono l’attività lavorativa e quella sportiva. Non vivono di pallone ma non possono starne senza. Chiara è l’emblema, come in molte altre squadre, del sacrificio non finalizzato al guadagno ma alla passione, alla condivisione. Personaggi come Chiara, costruiscono le fondamenta di uno sport sano e sono il collante determinante per creare una Squadra vera! Lei non si stancherà mai di sacrificarsi per le compagne, per prima cosa regalando loro un sorriso. Come riesce in tutto ciò?!

Chiara mi guarda sorridendo e mi dice: “...penso siano tutti i sacrifici che si fanno che mi portano a sorridere sempre!  Avere quella passione in campo che traspare e che spero passi alle mie compagne, coinvolgendole a fare sempre di più. Il mio “essere” e la mia grinta la dedico ad ognuna di loro, col pensiero di esser sempre d’aiuto, di esserci sempre e di farmi sempre in quattro dentro ma soprattutto fuori dal campo. E’ così che vivo lo sport; la prima cosa importante è il gruppo, le mie compagne e il loro stare bene..poi i risultati in campo sono solo una conseguenza a tutto questo!” 

Chiara è dunque un capitano naturale? Per me si e son convinto lo pensi anche lei che però non “venderà” mai la sua umiltà. Quella fascia per lei fu un’investitura, dalla quale traspira qualcosa di sacrale; “Essere scelta come capitano è un’esperienza di crescita molto forte. Soprattutto è importante non dare per scontato il proprio ruolo. Un giorno, qualcuno” di cui Chiara non mi dice il nome “mi disse che un Capitano deve prendersi CURA della squadra, deve avere e trasmettere CORAGGIO, deve essere COERENTE, quindi non sembrare qualcuno diverso da sé stesso, e infine deve risultare CREDIBILE. Non so dire se la squadra riconosca in me le tutte le “Quattro C del Capitano”, però sanno che io farò sempre il possibile per essere all’altezza di questo compito”

Cerato

Chiara Cerato, nasce a Vicenza il 3 Maggio 1987, un filo sottile ci unisce; Roberto Baggio, nato a pochi chilometri da qui. Quando le chiedo se in gioventù ha avuto un’idolo calcistico di riferimento, lei ride e mi dice: “se si entra in camera mia la risposta te la possono dare i poster che ancora sono attaccati sull’armadio…Roberto Baggio! Sempre e solo lui, per la persona e per quello che in campo ha sempre fatto con umiltà.”

Il giorno dopo la nascita di Chiara, nel 1987, Baggio segna la sua prima rete ufficiale in seria A, a Napoli sotto gli occhi di Maradona. Indossava la maglia Viola della Fiorentina e il numero 10 sulle spalle. Fin da giovane martoriato dagli infortuni alle ginocchia, Baggio si trasferì a Firenze dove una città intera, me compreso, se lo coccolò, convinta che dopo Antognoni, potesse legare un nuovo idolo e nuovi sogni a quella maglia e a quel numero. E per qualche anno fu così!! Andavamo allo stadio per sostenere la Fiorentina e per ammirare le magie di Baggio. Ma il football stava cambiando e sia noi tifosi che Baggio, non ce ne rendevamo conto. Il brusco risveglio, arrivò nel 1990, quando il cartellino di Baggio venne venduto alla Juventus, in barba alla passione dei tifosi e chissà, forse anche al volere di Roberto, Firenze si sentì “sfregiata”. Furono giorni di tumulti e arresti!! Fu la fine di un amore e per molti miei coetanei la fine di un sogno. La contemporanea e triste  presa di coscienza che un’epoca stava finendo e che da allora il calcio si sarebbe svenduto totalmente al potere dei denari.

Condivido con Chiara questa storia, sia per l’idolo che ci accomuna, sia perché in lei vedo invece il “sacro fuoco” della passione che mai si venderà a nessuno ed è la radice che da linfa a tutto lo sport, malgrado il denaro. Chiara ascolta e poi mi riporta alla realtà, ai suoi idoli veri, i genitori che come dice lei: “Ogni maledetta domenica, sono al mio fianco, come in ogni giorno della mia vita”. Sono loro che hanno contribuito a farla crescere così anche al di fuori del mondo del pallone. Ciò lo comprendo quando chiedo a Chiara del suo percorso di studi e del lavoro. Chiara ne parla in maniera entusiasta, seppur conscia, di quanto sia difficile per i giovani realizzarsi lavorativamente. Capisco però che Chiara, con sacrificio, ce la sta facendo, quando mi dice: “Sono laureata in Ingegneria Civile curriculum edile; sono una libera professionista e lavoro proprio come ingegnere, nello specifico collaboro per la ricostruzione dell’Emilianel post sisma. E’ un lavoro che mi piace. Dopo tanti anni di studio, lavorare nel settore per il quale ti sei laureata, al giorno d’oggi credo sia il massimo che una persona possa aspettarsi.. Con le difficoltà che in ogni lavoro ci sono, non mi lamento anzi posso sempre e solo dire di esser fortunata!”

Chiedo a Chiara se nel suo percorso di crescita calcistica abbia avuto un riferimento ma ancora una volta m’inonda di umiltà: “Sia quando giocavo a calcio a 11 che a calcio a 5,  sono arrivata in prima squadra come la più piccola.  Ogni compagna più grande di me rappresentava, forse a sua insaputa, un modello da seguire. Ognuna con le proprie caratteristiche. Io come una piccola spugna assorbivo ogni insegnamento. E apprendevo gli insegnamenti dei mister che a loro volta si sono susseguiti. Soprattutto “quei due” che hanno avuto il  coraggio di mettere in campo “la più giovane”.

Cerato

La piazza è sempre vuota, continuo a calciare qualche sasso perché smanio dal desiderio di veder rotolare un pallone, Chiara sorride, io le chiedo quale sia l’avversaria più forte affrontata.  Chiara ci pensa su, perché negli anni tante sono state le avversarie affrontate, poi mi dice: “d’impatto così ti direi Amparo quando la affrontai ai tempi della Ternana e Lucileia ai tempi del Sinnai.” E tra le giovani le chiedo? “La giovane…credo di averla in casa Breganze. Si  parla spesso dei  giocatori di movimento, beh io ti  parlo di un portiere, Francesca Fincato…giovane, giovanissima, ma di gran talento e spirito!”

Ma questo grande amore che si chiama Futsal, è migliorabile? Secondo me si e secondo Chiara, che ormai ha alle spalle anni di militanza?

Si! Anche per Chiara ci sono punti critici:  “la visibilità in primis. In secondo luogo manca un legame stretto tra società maschili e femminili, tale da poter dare un’ossatura, una base solida anche a livello economico. Troppe squadre implodono per la poca capacità di far quadrare i conti e/o per la poca solidità economica. Talvolta manca anche la vicinanza di quelle istituzioni che potrebbero dare una mano, parlo di amministrazioni pubbliche. E soprattutto è necessaria un’attenzione all’ambito giovanile, che è linfa vitale per la continuità nel tempo di ogni Società. E’ lo spirito del Futsal Breganze, delle persone che ci stanno dentro e che ammiro per la dedizione e  l’amore per lo sport che hanno creato, stanno creando e creeranno ancora nel tempo futuro.”

Chiara mi saluta con affetto, io dalla sua borsa vedo uscire una copia del “Piccolo Principe”, le chiedo se lo sta leggendo o se lo ha letto: Chiara mi dice che “il Piccolo Principe è il libro che più ti fa sognare chiudendo gli occhi, non è banale. Lo definiscono libro per bambini..io preferisco pensare che sia un libro per tutti, la differenza sta che da bambino lo leggi con occhi giovani, mentre le stesse parole lette da adulto ti danno una spiegazione diversa da come i tuoi occhi la potevano capire da bambino.”

Ci rivedremo con Chiara, così come nel mio intimo spero di vedere il Futsal Breganze lassù in vetta nei posti che contano e che merita. “L’isola che non c’è” esiste ovunque; è necessaria pazienza, voglia di sognare e fortuna. Si la fortuna! Quella  di incontrare qualcuno che con la sua Storia ti fornisca le coordinate giuste per trovarla; quell’Isola non ti deluderà mai, ci vivrai qualche ora e la lascerai rigenerato.

Grazie Chiara

Gabriele Benedetti

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