Futsal

Pomposelli, emozione Nazionale: “Molto più del primo bacio”

Pomposelli

RUBRICA – Un salto nel passato di Arianna, enfant prodige e figlia d’arte che – udite udite – ha visto anche tanta panchina. A 16 anni i primi calci da “grande”, poi la prima convocazione in Nazionale e la #nottemagica del Foro Italico davanti agli occhi della nipotina e di 5000 appassionati

C’è chi il calcio a 5 lo scopre troppo tardi, chi ci arriva solo dopo una parentesi nel calcio a 11. Ma c’è anche chi – parliamo di una ristretta minoranza – il futsal ce l’ha già nel DNA, scritto accanto a sesso e colore degli occhi. E’ il caso di Arianna Pomposelli, che ha coltivato il gene trasmessole dal papà Alessandro, allenatore, fin da piccolissima.
“Mi ha insegnato la maggior parte di quello che conosco dal punto di vista tattico e ho la sua passione, mia mamma – invece – mi ha dato la testa per poter affrontare uno sport agonistico”.
Un mix di cromosomi degno di una fuoriclasse.

ENFANT PRODIGE, MA QUANTA GAVETTA – E infatti che Arianna sia un’enfant prodige lo si capisce subito, peccato – però – che gli inizi non siano idilliaci. La gavetta inizia a 14 anni nella Futsal Ciampino: a Gina Capogna basta un solo allenamento per portarla dall’under 21 in prima squadra al fianco di Raglione, Martone e Guercio, ma la piccola Arianna non trova spazio.
“Passavo dalla tribuna alla panchina e dalla panchina alla tribuna. Se proprio mi andava bene – ricorda con un sorriso divertito calcettista – entravo gli ultimi minuti, quando la gara aveva ben poco da dire”.  
Stessa sorte l’anno successivo con la Virtus Roma Ciampino delle varie Tittoni, Pastore (“Ciosca”) e Cancellieri.

FALCAO – Proprio con quest’ultima nasce un simpatico siparietto in finale contro il Città di Pescara. “Siamo andate ad oltranza nei rigori. Hanno chiesto chi fosse la sesta e io non ho detto che avrebbe dovuto essere il mio turno, così si è fatta avanti Cancellieri mentre io sono rimasta a guardare. Quella chance sfumata me la sono portata dietro: mi chiamavano Falcao”, come il brasiliano della Roma che si rifiutò di battere un penalty in Champions, lasciando il posto a Ciccio Graziani.

Il primo gol arriva comunque a 15 anni contro il Due Ponti ed è come una liberazione. “Un tiro secco all’altezza del tiro libero. Ero contentissima perché era una rivincita e poi avevo segnato in una gara importante, questo significava tanto per me che non ho mai avuto la testa da ragazzina”.

PICCOLA GRANDE POMPOSELLI – E’ l’anno successivo, con la Virtus Roma Ciampino che nel frattempo è guidata dal padre, che Arianna inizia a plasmarsi come giocatrice a tutti gli effetti. Vince il difficilissimo campionato laziale, batte il Torrino nei play off e si qualifica per la fase nazionale con un pareggio col Città di Pescara e una vittoria di misura in una partita stellare contro un Preci composto da un quintetto base di sole straniere. La Virtus arriva a Cercola piena di belle speranze, ma in finale lo Statte ne ha di più e si cuce al petto il tricolore, dopo la lotteria dei rigori.
“Ricordo ancora le lacrime di quel giorno, avevamo fatto una gara bellissima e il 3-3 era arrivato con il portiere di movimento, una tattica praticamente sconosciuta allora”. In compenso, però, arriva il premio della giuria tecnica come miglior giocatrice della Final Eight: Arianna Pomposelli ha appena 17 anni.

BIENNIO BIANCAZZURRO – Nel giugno 2010, a Ciampino, altra finale scudetto e altra sconfitta. La partita non è brillante, ma il Montesilvano la nota e la vuole con sé. Tre mesi più tardi – “e dopo una serie infinita di medaglie d’argento”, aggiunge Pomposelli – arriva il primo oro della sua carriera: l’esordio con gol (quello del sorpasso) arriva davanti ai suoi nuovi tifosi e contribuisce a portare al PalaRoma la Supercoppa, nell’anno della nascita della Serie A. Il destro che batte Margarito è bellissimo, ma lo è ancor di più l’abbraccio con “Pitta mami”, sempre presente sugli spalti. A scioglierlo servono Guidotti, D’Incecco e il fischio dell’arbitro per la ripresa del gioco. In biancazzurro resta due anni.
“A Montesilvano sono diventata davvero una giocatrice. Non conoscevo nessuno, ma ho voluto vivere un’esperienza lontana da casa, per crescere sotto tutti i punti di vista. Ho imparato a ricoprire più ruoli, visto che prima ero solo pivot. E ho imparato a far parte di un gruppo: a Roma ho avuto sempre compagne molto più grandi di me che non smetterò mai di ringraziare, è merito loro se ho sempre volato basso. Ma in Abruzzo ho trovato un gruppo anche al di fuori del campo, coetanee con cui condividere il mio tempo libero e i miei sogni”. Importantissimo, poi, l’incontro con mister Salvatore. “Con lei che ho imparato a gestirmi a livello umano, da questo punto di vista non penso esista un allenatore più preparato”.
Quando Arianna torna a Roma ha una valigia piena di ricordi e nuova consapevolezza della disciplina. “Come non citare la storica “remuntada” con la Pro Reggina tricolore? Dopo aver perso 8-4 in casa, abbiamo passato il turno al PalaBotteghelle (parliamo dell’accesso in semifinale scudetto) con un 6-0 che ha lasciato tutti a bocca aperta. Lì ho capito davvero cosa vuol dire gettare il cuore oltre l’ostacolo”.

TUTTO CUORE ACQUEDOTTO – Un’esperienza che le sarà utile a L’Acquedotto (ora S.S. Lazio, attuale squadra di Pomposelli), squadra neo-promossa dopo una cavalcata senza pari, dalla D alla massima serie.
“La storia di questa squadra è nata molto prima del mio arrivo, ma insieme abbiamo scritto pagine bellissime: mi hanno presentato un progetto che poteva crescere tanto, c’abbiamo creduto tutte al 100% ed è stato davvero così”. Il deus ex machina del club è da sempre Daniele Chilelli. “Di lui ammiro il modo di fare sport, l’idea di famiglia unita dai pulcini alla prima squadra. E’ bastato poco per far mio il suo concetto di “tutto cuore Acquedotto”: per questa maglia si dà tutto”.
Infatti, nei primi 4 mesi nell’olimpo del futsal, le alessandrine vanno fortissimo in campionato e si qualificano per gli spareggi di Coppa Italia battendo 2-1 l’Olimpus a 18” dalla sirena, grazie al gol partita di Arianna, a segno anche nel successivo spareggio contro il Sinnai. Alla Coppa Italia di Pescara, L’Acquedotto arriva in punta di piedi ma colpisce forte: 8 reti all’Isolotto e due al Montesilvano, che però la spunta in semifinale col gol di D’Incecco.

FORMATO NAZIONALE – Anche in questo caso, come a Cercola, la pillola va giù con una notizia sensazionale: la numero 2 è nella prima lista del c.t. Menichelli.
“Un sogno che diventava realtà, a volte succede. E anche se tanti davano la mia convocazione per scontata, per me è stata un’emozione incredibile”.
Nulla a che vedere, comunque, con la #nottemagica del Foro Italico per la prima amichevole contro l’Ungheria. Lo speaker chiama il numero 2 e il pubblico scandisce a gran voce le sillabe del suo nome.

PIU’ DEL PRIMO BACIO – “E’ stato più del primo bacio, più di una promozione senza debiti. Se a Roma sono venuti in 5000, conta che 4000 facevano il tifo per me. Come la descrivi una serata del genere?”.
Il 27 giugno il primo gol in Nazionale, al PalaRoma (praticamente una seconda casa), su assist dell’ex compagna D’Incecco. Sugli spalti, oltre alla mamma, c’è una tifosa in più: la nipotina Noa, che adesso ha 20 mesi. Da lì può solo applaudirla, ma quando sono a casa giocano a calcio lungo i corridoi.
“E’ ambidestra, grande giocatrice, promette bene”, racconta di lei la zia Arianna. “O zia go, se preferisci, rigorosamente senza elle. Ormai in famiglia mi chiamano così perché lei segna, urla “goooo” e corre ad abbracciarmi”. Buon sangue non mente, c’è del futsal nel DNA. Dove l’abbiamo già sentita questa storia?

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