Così.
Avrei tenuto un diario, per non dimenticare nulla e per ricordare il più a lungo possibile.
Le mie parole, le mie impressioni, tutto selvaggiamente privo di ogni velleità artistica. Un racconto personale e soggettivo, un viaggio attraverso le mie emozioni che talvolta sfiorano quelle di altri. Le parole fuori dal cuore e dalle vene direttamente sulla carta. Non siete davvero così forse, ma è così che vi disegno
Non voglio capire. Non mi interessa sapere come è possibile. Forse è per quello, che ho deciso che non voglio avere figli, punto.
Le ragazze sedute su queste panche di legno, sotto questo pallone, in uno dei quartieri più disagiati della città, solo donne e figlie. Sconfitte e non battute. Qualcuno che nulla vede oltre il proprio ego, accecato da un potere che non esiste, da un ansia di controllo che svuota la poesia dello sport, torna come un avvoltoio a beccare le ferite lacere di chi si è battuto, per le sue sorelle, per le sue compagne.
Vorrei spendere qualche parola, perché comprendano che a qualcuno importa, di loro. Di quel titolo di chi nessuno sembra essersi accorto, delle parole gettate nella scatola digitale della rete, dei sacrifici noti solo a chi li condivide con voi. Continuate a guardarvi la ferita sul dito, perdendo di vista il sole che splende appena oltre. Vorrei guardassero le compagne infortunate e sorridessero al privilegio di giocare, di scendere in campo, per una partita, per una amichevole, ogni volta che ne hanno occasione.
Vorrei capissero che loro sono importanti, perché importa a noi. Si noi, quelli sfocati sullo sfondo, quelli che chiedono di non comparire, di non essere citati, quelli nell’ombra che ci mettono la passione, quella vera.
Quando scrivo sono felice, molte di voi lo sono quando giocano. Mi sorride il cuore quando ci vedo battervi con casco e spalliera. Le vostre vite, quelle senza casco e spalliera, per me sono infinitamente più importanti. Sono un cantastorie, maldestro e impiccione. Innamorato di quelle storie che forse vedo solo io e che per raccontarle è disposto a sacrifici inenarrabili.
Diego Armando Maradona una volta disse: “quando la palla inizia a rotolare, l’allenatore non conta più nulla”.
Una verità fondamentale.
Ammiro chi si fa chiamare allenatore, coach o trainer. Come direbbe Josè Mourinho: “io non sono un pirla” e ben mi vedo da mischiarmi con questa genia. Federica ogni mi ha detto che “diffondo idee”, ecco mi piace che qualcuno pensi a me così. Vorrei potervi insegnare ad amare questo sport, non per le vittorie che potete ottenere ma per quello che un giorno smessi i panni da atleta, porterete con voi.
Fanculo è tardissimo, le 01.15. Dannazione a voi, mi togliete anche le poche ore di sonno.
Vi voglio bene, per ogni singolo difetto che vi rende speciali.