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10 anni senza te Pirata

Oggi è una giornata particolare per me, appassionato di ciclismo, come lo è da 10 anni da quel maledetto 14 febbraio 2004 quando, in uno dei tanti San Valentino della storia, fra cene romantiche e promesse di amore eterno se ne andava in solitudine il più grande scalatore, per me, della storia…….. il mitico Marco Pantani.

Ricordo ancora quella maledetta sera, in macchina con un mio amico, guarda te il destino anche lui appassionato di ciclismo e, soprattutto, del Pirata, il flash della notizia alla radio del ritrovamento del cadavere.
Ci fermammo allibiti e continuammo a ripetere , ed a sperare, che non fosse vero, che si stessero sbagliando.
Continuavano a passarmi, ancora e ancora, davanti agli occhi, le immagini di quando l’avevo visto a pochi passi da me in quella mattina fredda e piovosa, un’alluvione quasi, alla partenza della tappa Pescara-Gran Sasso. Tappone con arrivo in salita fatto apposta per lui, vinta, naturalmente, con uno dei suoi scatti micidiali che tagliavano le gambe agli avversari. Fu in quel caso, il povero Gotti a doversi arrendersi, a restare spettatore  e veder partire, al segnale del lancio della bandana, la sua proverbiale pelata!
I pomeriggi a casa a seguire in trance il tuo scatto decisivo, fregandomene dei compiti, della scuola.

Quella mattina, sotto una pioggia torrenziale, a urlare il suo nome e correre per vederlo arrivare lì in salita e tra una folla degna di un campione.
Già quel maledetto giro del 1999, Madonna di Campiglio, la mattina del 6 giugno, il test, l’ematocrito alto e l’inizio dell’incubo.

Da quel giorno la mia passione per Marco non si è mai sopita, anzi, se possibile, si è rafforzata ancora di più vedendolo fiaccato dalle vigliacche accuse e voltafaccia, tipicamente italiche, di chi fino ad un istante prima lo osannava ed ora gli sputava, e non solo metaforicamente, addosso.
Ne ho seguito i tentativi di rinascita, quel fantastico Tour del 2000 nelle due tappe contro Armstrong sul Mont Ventoux e l’arrivo all’Alpe d’Huez, e la progressiva scomparsa dalle scene, cercando febbrilmente ogni mattina, mentre sfogliavo i giornali sportivi ,un trafiletto che ne annunciasse il ritorno sulle strade.

Ma il Pirata aveva già imboccato l’ultima salita, la più dura per lui, quella che ti porta ad una lenta autodistruzione, alla droga. Intorno a lui come avvoltoi si susseguono persone avide, ti succhiano lentamente la vita, fino a quel maledetto 14 febbraio in quell’anonimo residence di una sonnacchiosa Rimini..

Ciao Pirata.
Ti voglio ricordare solo con le immagini di te che scatti nella pioggia sul Galibier, a 50 km dall’arrivo, in faccia al tedesco, o lì nella tappa di Oropa.
Ti voglio ricordare anche seduto a terra, con la maglia gialla, tra i corridori a protestare contro la criminalizzazione del ciclismo in quel tuo Tour del ’98
Eri forte Marco e mai nessuno mi farà più emozionare sulla bici come hai saputo fare tu.

 

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