Calcio

Calcio anni ’80 : solo nostalgia o… ?

La vittoria nel Campionato Mondiale di Calcio del 1982 è sempre stata considerata come uno spartiacque nella mia vita. Il calcio, mutuando dall’antica funzione delle Olimpiadi, ha sempre avuto anche la funzione di scandire il tempo, e tutti gli almanacchi Panini, accanto alla scrivania di casa mia, stanno lì per ricordarmi che in quel mercoledì di novembre stava accadendo, ad esempio, un evento più o meno significativo per la mia esistenza. E questa funzione è tanto più valida quanto più si va indietro nel tempo: chi è nato negli anni ’70 è stato segnato da quelle giornate (e non solo notti…) dei mondiali spagnoli. Itania- Polonia la semifinale alle 17 e 15, orario oggigiorno inimmaginabile -se in Europa e per una semifinale- per il calcio odierno. Italia con la N perché così comparve la sovrimpressione un po’ traballante ed errata all’1-0 di Rossi ed io ancora me la ricordo. Le partite della nazionale o un turno europeo infrasettimanale, ad esempio, erano ancora un evento: oggi non lo sono più.

Sono solo la nostalgia e il riguardo verso la nostra fanciullezza a riportarci spesso alla mente il calcio anni ’80 -non distantissimo da quello odierno ma di certo mediaticamente diverso- o il fatto che il calcio di oggi è inflazionatissimo nella sua offerta? Nel 1982 c’era la Rai con monotelecronista (laddove il prefisso “mono” celava tutte le incompetenze alle orecchie dei più). Oggi – quasi inutile ricordarlo – ci sono Sky e il digitale terrestre che sicuramente contribuiscono con un notevole apporto di competenza, e soprattutto c’è il web: la novità mediatica ovvero una inevitabile nostalgia di anni epici per noi, fanno sì che ai nostri occhi il calcio odierno sia sempre più un prodotto. Un prodotto che bramiamo e aneliamo sempre con foga e che quindi compriamo, ma che col passare del tempo ci appare sempre più diverso da quello identificabile con immagini a colori non definitissimi della Juventus “Ariston”, dell’Inter “Misura”, della Roma “Barilla”, della Lazio “Seleco” o del Verona “Canon”. Paradossale come siano ben scolpiti oggi nella mente i nomi degli sponsor di allora: proprio la punta di commercializzazione era quel tratto distintivo di un calcio ancora abbastanza “genuino” nella proposta mediatica.

Oggi c’è una babele di sponsor, di orari, di calciatori in rosa, numeri che spesso finiscono fagocitati in un calderone multimediatico: ecco che ci si ricorderà solo di finali o di CR7 a mala pena, mentre noi tutti nati negli anni ‘70 ci ricordiamo, indipendentemente dalla nostra fede calcistica, di “o palo ‘e fierro” al secolo Bruscolotti o della bomba da trenta metri di Vasyl’ Rac in URSS -Francia ai mondiali di Messico ’86. Concludo (ri)proponendo la questione di fondo: è più la nostalgia per i nostri anni preadolescenziali a farci propendere per quel calcio di Pedrinho e Luvanor o più l’insostenibile pesantezza dello spezzatino mediatico odierno al quale comunque ci stiamo assuefacendo?

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