Football Americano Femminile

#preseason game one

Questa volta è il tuo momento. Accadrà, davvero.
In fondo ti sei preparata per questo gli allenamenti e la corsa, gli schemi, le sere passate in campo, tra zanzare e sudore.
Sai di non essere davvero pronta, che no, non basta indossare l’armatura e scendere i campo per essere una giocatrice di football. Tutta la differenza del mondo la fa il primo impatto.
Lo scontro violento e innaturale di due corpi, quel rimbalzare a terra, quella perdita di possesso del tuo corpo, che per qualche istante cede alle dure leggi della gravità. C’è quel rumore che da fuori sembra peggiore di quel che è. Il tuo corpo si sgonfia e il mondo intorno a te diventa blu o verde. Ti ritrovi a fissare uno spicchio di cielo che si ritaglia tra i visi preoccupati tutti intorno a te, oppure senti il sapore della terra, quella specie di polvere salata che piove giù da una zolla incastrata da qualche parte nel tuo casco.
Tutti ti chiedono com’è andata, ora sei davvero parte della squadra, perché quel colpo è come un battesimo e l’unico modo per stare in campo, per dire, un giorno di aver giocato a football.
Tutti ti chiedono come va, com’è stato.
Non lo sai, non riesci a rispondere, non adesso. Il freddo si prende le tue parole, il dolore si mischia all’orgoglio, il casco ti protegge dall’esterno e nasconde dentro i tuoi pensieri.
Ti guardo attraverso la maschera, in quella smorfia di sudore e rabbia. Non sei brava come vorresti, già questo t’assicuro basta a fare di te una giocatrice migliore di quello che credi. Guardo le ferite sulle braccia e sono fiero di te, perché non t’importa, perché vanno bene i lividi sulle gambe e perché guardo dentro i tuoi occhi e vedo me.
La stessa malinconia, la stessa insoddisfazione per non essere istantaneamente la migliore, ti assottiglia la bocca e diventi silenziosa e una vocina dentro ti ripete che puoi farlo, che dannazione puoi farlo davvero.
Un ginocchio a terra con il mio casco a fianco al tuo, sulla linea laterale, blu e arancio. Il peso della gente sulle spalle e le loro voci dentro al cuore, l’erba umida che bagna anche i pensieri. Le scarpe chiodate e il respiro leggero quasi ad aver paura che il sogno finisca.
I riflettori sul campo, sembra di stare in una palla di luce stretta dentro al buio.
Il vento gelido sul viso, dai aspetta ancora un po’, non ho finito di sognare.

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