Serie A

Metodo Paka: “Spiego il perché di tutto e credo nella condivisione. Il mio passato da giocatrice? Segnavo più di Lù”

Nella Nazionale brasiliana è identificata come preparatrice atletica. In Italia, ai tempi della Ternana, l’abbiamo conosciuta più o meno sotto le stesse fattezze. Al Bitonto – invece – ne abbiamo capito l’importanza universale all’interno di un gruppo sportivo: per la precisione, il gruppo sportivo più vincente delle ultime due stagioni. Rosilene De Souza Marques, per tutti “Paka”: è proprio lei il valore aggiunto delle leonesse prossime alla Champions.
“Siamo in un buon momento, preparate tanto per la competizione europea che andremo a disputare, quanto per le ultime partite prima della partenza per Burela. Lo abbiamo visto col Montesilvano, per me la squadra più equilibrata che ci sia: abbiamo saputo quando affondare e quando difenderci, c’è stata tanta maturità nel gioco e fiducia l’una nell’altra. Penso che si possa migliorare ancora tanto, ma abbiamo sicuramente raggiunto un buon livello di competitività. Che è diversa dall’agonismo in allenamento, ma è la risposta che si dà sul campo quando è più necessaria”.

Una risorsa per il Bitonto, ma – quel che è più bello – una risorsa condivisa: in settimana c’è stato infatti un allenamento dimostrativo con la Nox Molfetta, senza considerare le innumerevoli sessioni lavorative quotidiane con atleti e atlete di ogni categoria, e da ogni parte del mondo.
Dall’alba fino a tarda notte, Paka lavora incessantemente cercando di migliorare le prestazioni collettive e individuali con mentalità aperta e attenzione alla persona, prima che al professionista.
“Mi piace il confronto con gli altri e mi piace condividere quel che so. Si può imparare in campo o davanti ad un caffè, conoscendo meglio l’altra persona. E credo in una metodologia di allenamento che debba essere compresa, perché risulti ancora più efficace. Ecco perché alle persone che seguo spiego il perché di tutto, è importante far capire la funzionalità di un determinato esercizio perché venga svolto correttamente. Quando sono arrivata in Italia – racconta Paka – mi sono accorta che la palestra non piaceva a nessuno, poi ho capito che in realtà non c’era esatta percezione di quando sarebbe servito quel lavoro: la mia conquista più grande qui in Italia – sorride – è stata vedere che ora tutte vanno di buon grado in palestra… si vede che ho spiegato bene i miei “perché”. Ora Grieco ha una mentalità diversa e così Mansueto. Vedrete Abbadessa cosa diventerà tra qualche anno, tra le piccole è in crescita anche Divincenzo”.

C’è tanta della sua esperienza da giocatrice in quel che Paka è oggi a livello internazionale. “Anche se devo ammettere che, quando toccava a me, l’allenamento non aveva la stessa importanza che ha ora: andavo al campo tre volte a settimana e in ogni caso – sorride – non ero molto dedita al lavoro. Tecnicamente ero molto brava e mi bastava il talento, non facevo chissà che per migliorarmi. Con chi ho giocato? Con la piccola Bianca al Londrina, con Tampa e con Diana, ma da avversaria”.
All’appello manca solo Lù e poi ci sono tutte le neroverdi che hanno vinto di recente la Copa América, con Paka presente nello staff di Buenos Aires.
“Rappresentare il proprio Paese è sempre un grande orgoglio, qualcosa di inimmaginabile. Quando si parla di Nazionale, si parla del meglio che c’è e questo ti porta ad essere migliore, giorno dopo giorno, anche a livello di club. Quando abbiamo alzato al cielo il trofeo, ho provato una gioia enorme, come se fossi stata io stessa a giocare per le verdioro in quel momento”. Tra le protagoniste, anche due top player che Paka stima tantissimo. “Manieri, la più completa. Se non avesse avuto quegli infortuni, avrebbe potuto giocare tranquillamente fino a 50 anni. Tay è invece la più regolare, così come è stata Diana l’anno scorso. Ora vedo benissimo Bianca. D’altronde lo sport è fatto d momenti da far durare il più a lungo possibile”. Un po’ come ha fatto Luciléia: 40 anni e 101 gol realizzati in neroverde. “La sua è una mentalità da campionessa perché continua sempre a migliorare, è cresciuta tanto difensivamente e ha coltivato il suo talento in attacco. Di 4 palloni che tocca, 3 si trasformano in gol. Ma ci tengo a sottolineare una cosa – chiude Paka con una risata – io ero un pivot da 4 su 4, e i miei gol erano più belli”.

Una vita per il futsal che ormai è come una missione.
“Ciò che mi distingue davvero è la capacità di gestire i gruppi e fare il massimo perché possano evolversi, credo di essermi differenziata in questo. Ognuno ha le proprie idee, ma per me è un obbligo morale cercare di usare le mie per rendere questo sport ancor più meraviglioso. Lo devo al futsal perché lui a sua volta mi ha dato tutto”.

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