Serie B

Marta Carluccio: “Allenatrice grazie a Solazzi, con l’Infinity non ci poniamo limiti”

carluccio

Pausa pranzo al telefono parlando di futsal. “Cosa mangio? Carne bianca, bisogna essere d’esempio”. Marta Carluccio è così: non chiede, se non ha già dato. Una questione di etica e valori che applica tanto nella vita di tutti i giorni, quanto in campo alla guida dell’Infinity Futsal Academy. In soli tre anni, dal regionale al secondo posto nel campionato di Serie A2. Ma prima di pensare all’altezza, l’allenatrice ha giustamente pensato alle basi.

“Inevitabile, quando il salto di categoria presenta differenze così importanti. Per quanto riguarda la parte organizzativa, abbiamo rinforzato lo staff tecnico e dirigenziale così da far fronte a tutte le necessità logistiche, come ad esempio le quattro trasferte in Sardegna; parlando di campionato, anche lì c’è stato un bel cambiamento: trovi squadre d’esperienza che ti danno parecchio filo da torcere, ma ce la stiamo cavando bene”.

Talmente bene che la vetta è ad un solo passo.
“In realtà, siamo partiti con un obiettivo ben preciso che è il mantenimento della categoria. La priorità è la crescita graduale e lo si capisce bene anche dalle nostre scelte: giocatrici più esperte affiancate a giovani di prospettiva, per puntare in futuro ad un progetto importante. Ci sono chiaramente alcune difficoltà, ma i risultati sono dalla nostra parte: come diciamo sempre, per noi ogni partita è una finale”.
Vita da mister da 8 anni per Carluccio, che prima ha vestito a lungo i panni della giocatrice.
“Non posso dirlo ad alta voce, perché è quello che dico di non fare assolutamente alle mie ragazze – ride -ma ero il classico pivot da lancio lungo del portiere, palla stoppata e tiro in porta. La difesa non sapevo neanche cosa fosse. Venivo dal basket, il calcio a 5 era il momento del torneo con le amiche: mi piazzavano là davanti e mi dicevano di buttarla dentro. Poi andava così, ma fondamentali zero – sorride -. Mi dispiace aver scoperto tardi il futsal, di certo – però – mi è entrato dentro da subito”.

Tante reti e tanta determinazione, poi l’incontro con il guru Lucio Solazzi che le ha in qualche modo cambiato la vita. O meglio, che l’ha accompagnata per mano verso un futuro che da qualche parte la stava già attendendo.
“Ho avuto la fortuna di conoscerlo allo Sporteam, è stato lui ad aprirmi gli occhi in modo diverso su questo modo e a propormi di passare dall’altra parte. Per impegni lavorativi non riuscivo più a seguire la squadra come avrei voluto e allora mi sono detta: facciamo correre qualcun altro – sorride -. Ho preso il patentino, sono arrivate le prima batoste, ma l’anno successivo all’Arzignano femminile andavo già da sola”.

Marta Carluccio

Sulle sue gambe e con i suoi principi, al vertice del girone A in coppia (poco staccata) con un’altra allenatrice: Alejandra Argento della Jasna.
“Molto brava come giocatrice e so che avrebbe potuto dare ancora tanto, altrettanto brava come tecnico perché se la gioca sempre a viso aperto. Sul 2-1 per noi, ad esempio, ha inserito il portiere di movimento e non l’ha tolto neanche dopo aver raggiunto il pari. Avevo capito quanto sarebbe stata dura sin dal riscaldamento pre-partita, mi ha stupita la cura dei dettagli. Alla fine, per noi è stata come una vittoria: dopo essere partite per la Sardegna alle 2 di notte, non pensavo di poter avere dalle mie una prestazione simile contro la miglior avversaria vista fino ad oggi”.

Due super squadre, guidate da due super donne.
“È stata una bella sensazione, spero che gli addetti ai lavori vedano quel che stiamo facendo e che a volte viene un po’ messo da parte, perché visto come un ruolo prettamente maschile. Anche il CT Salvatore, ad esempio, sta facendo un ottimo lavoro con la Nazionale. Spero solo che in futuro possa esserci spazio per un paio di giovani dell’Infinity che stanno crescendo davvero bene”.
I nomi? Melissa e Natasha Barban, le gemelle ex Dueville da quest’estate in biancoazzurro, e Alice Barichello.
“Quest’ultima è arrivata due anni fa dal Città di Thiene, è molto tecnica e intelligente, con una bella visione di gioco. A maggio ha vinto la Future Cup rappresentando il Nord e crescerà ancora molto. Le Barban – continua – le ho conosciute quando avevano solo 6 anni, nei classici incontri sport-scuola e già giocavano meglio dei maschietti. Un plauso va sicuramente ad Omar Dal Maso, che le ha coltivate così bene: si vede il suo lavoro, infatti inserirle nel gruppo non è stato affatto difficile. Prese individualmente sono brave, ma è insieme che sono uno spettacolo. Si conoscono alla perfezione. Oltre all’obiettivo della Serie A con l’Infinity – continua Carluccio – ho detto loro di porsi anche quello della Nazionale, vederle in azzurro mi renderebbe estremamente felice”.

Sempre alla ricerca di nuovi talenti, senza paura di spingersi anche oltreoceano pur di scovare qualche diamante grezzo. Avete presente Salvador, Bisognin, Brenda Moreira, Yasmin Toledo Milani, Balardin e addirittura Castagnaro? Bè, è stata Carluccio a notarle, insieme alla fidata Monacita Lombardi.
“La pandemia mi ha un po’ fermata, ma non vedo l’ora di riprendere i miei viaggi nelle periferie del Brasile. Di solito mi soffermo su giocatrici mai tesserate prima, senza un trascorso e do loro la possibilità di cambiare vita. Lo scouting meriterebbe grossi investimenti, ma parlo di attenzioni concentrate sulla linea verde: su quelle giocatrici che avranno la possibilità di costruire il loro futuro in Italia, dando allo stesso tempo un ricambio generazionale a giocatrici immense, vedi una Lorena Turetta, che purtroppo prima o poi appenderanno gli scarpini al chiodo”.

Un aspetto, in particolare, va assolutamente sottolineato: quello di Academy. Funziona come una sorta di college: borsa di studio o lavoro, meritati tramite lo sport.
“Proprio così. Tutte le giocatrici arrivare qui dall’estero sono a costo zero. Le aiutiamo ad imparare la lingua iscrivendole a scuola, e poi a trovare un posto di lavoro. In poche parole, ad essere artefici del proprio destino: dopo le regolari ore di turno, vengono a giocare. Ma senza percepire alcuno stipendio dalla società. Questo è il nostro modo di fare sport. Magari lontano da altri, ma è il nostro”.
Una filosofia che ha sicuramente premiato il club fondato nel giugno 2020.
“Forse è stato da folli buttarsi in un progetto simile in piena pandemia – sorride – ma era arrivato il momento di poter fare liberamente le mie scelte, senza dover rendere conto a nessuno, se non ai miei collaboratori con i quali sono in perfetta sintonia. Sembra una frase fatta, ma questa è davvero una famiglia. Chi mi segue è qui per pura passione e credo che sia proprio questa l’arma in più che ci sta portando ad avere certi risultati. Chissà che oltre il calcio a 5, non si riesca ad includere anche altri sport”.
Ed ecco spiegato, allora, il nome scelto in quel pazzo giugno.
“Infinity, perché non vogliamo porci limiti”.

 

 

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