Serie A

Monica Atz, il capitano: storia di una leggenda (e di una scommessa)

monica atz

Questa storia inizia 11 anni fa. C’è una ragazza – non so se più alta o più bionda – che varca la soglia del Kick Off con il suo bagaglio di incertezze e curiosità. Viene da Portao (Rio Grande do Sul, Brasile) e di italiano sa poco o nulla. E’ a San Donato Milanese anche per questo, oltre che per giocare a futsal: imparare la lingua. Avrebbe potuto scegliere Londra, parlare in breve tempo un inglese livello C2 e diventare il capitano del Chelsea senza che ne sapessimo mai nulla, forse. Invece ha scelto un cittadina del Nord, a 20′ di metro dal centro di Milano che ormai conosce come le sue tasche, ed è per questo che oggi ho la fortuna di raccontarvi di Monica Atz.

CASA KICK OFF E’ una straniera, Monica. Una delle prime che abbia mai giocato in Italia. Ha il fisico della pallavolista, della saltatrice in alto, della saltatrice con l’asta, della saltatrice e basta. Anche della cestista. Insomma di qualsiasi sport in cui l’altezza conti, invece lei gioca a futsal e lo fa molto bene. Non inciampa mai su quelle lunghe leve alla Fiona May, ma forse sarebbe meglio chiamare in causa Peter Crouch. 181 centimetri di armonia. A chiudere la diagonale fa metà della fatica di qualsiasi altro difensore, di gol di testa – già rari nel futsal – non se ne registrano da quelle parti e mister Riccardo Russo, colui che l’ha portata in Lombardia, capisce subito di avere a che fare con una giocatrice di categoria superiore.
L’impegno della Kick Off diventa costante: oltre a giocare, Monica lavora alla ristorazione nella struttura dove si allena e studia Scienze Motorie. In questa vita frenetica, l’idea iniziale – quella di restare un anno e rientrare – si trasforma, senza che se ne accorga, in un pensiero sempre più remoto.
“Ci riflettevo proprio l’altro giorno: a 22 anni volevo restare una sola stagione e spaccare il mondo, ma in realtà 1/3 della mia esistenza l’ho passato qui e ora sto prendendo anche la cittadinanza italiana. Ormai la mia vita è molto diversa da quella che avrei potuto avere in Brasile. Del mio paese mi piace tutto, potrei tornare in qualsiasi momento, ma non è ancora un posto abbastanza sicuro o in cui uscire senza doversi guardare attorno. E poi in Italia sto davvero bene, mi sento come se fossi a casa mia”.
Una sensazione ancor più intensa quando si parla di Kick Off.

Coppa Italia

IL RITIRO “Con questa maglia ho vinto una Coppa Italia e ne ho alzata un’altra da capitano a Faenza. Ricordo come fosse oggi la prima partita con la fascia al braccio: era un’amichevole contro L’Acquedotto e mi tremavamo le gambe per l’agitazione. Anche la finale Scudetto dell’anno scorso contro la Ternana è uno dei ricordi che porterò per sempre con me: abbiamo perso, ma è stata una stagione stupenda. E poi l’European Women’s Futsal Tournament con un gruppo che non potrò scordare mai: il pre-partita, le risate nello spogliatoio e tutto quello che abbiamo passato insieme. Forse era un ciclo che doveva chiudersi, così com’è stato qualche anno fa per lo Statte, ma sono felice di averlo vissuto”.
Quello che è nascosto dietro queste parole ormai lo sanno tutti: Atz ha smesso, si è ritirata. Fine dell’attività. E mentre cerco altri modi di scriverlo per familiarizzare con quanto accade, capisco che la mia difficoltà è nulla se paragonata alla sua.
“Tengo tantissimo a tutto quello che ruota attorno alla Kick Off. Devo assolutamente ringraziare mister Riccardo Russo e nell’ultimo anno Alberto Lorenzin: a questo squadra ho dato tutto e lei ha ridato tanto a me, ma – per quanto possa essere difficile – so che ho bisogno di una lunga pausa. Sono due anni che penso di farlo. Magari a breve mi pentirò perché fisicamente sento di poter ancora continuare, ma per ora va bene così”
.

SCOMMETTIAMO? Ho fatto una scommessa con lei: “entro dicembre sei di nuovo in campo”.
“Lo dice anche Pomposelli – sorride, – veramente lo dicono un po’ tutti. Quando le ragazze arrivano al Kick Off per andare all’allenamento, il primo istinto è quello di seguirle. E’ ancora troppo strano essere dall’altra parte, ma adesso mi sono data degli obiettivi per non pensare – ad esempio – che il 25 settembre avrei potuto giocare la Supercoppa”, ride di nuovo. “Prima di tutto concludere la laurea triennale che avevo tralasciato per il futsal e per il lavoro. E appena possibile viaggiare: il Messico è stato il posto più bello visto fino ad oggi, il prossimo anno mi piacerebbe un tour coast to coast degli Stati Uniti. Quando sono arrivata qui, avevo dei sogni che non ho ancora realizzato del tutto: penserò prima a questo, poi chissà. Quel che so, è che il futsal mi mancherà tanto”.

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DA ATZ A VANIN Almeno quanto Monica mancherà al futsal, che l’ha salutata con le parole riservate alle grandi: “C’è solo un capitano”, il grido del palazzetto di San Donato Milanese mentre mister Russo le riservava una cerimonia da leggenda, con tanto di ritiro della storica numero 5 (la stessa usata dal fratello, anche lui calciatore, nei primi anni da professionista), durante il 4 Nations. E per noi è subito saudade.
“Non mi aveva accennato nulla e non me l’aspettavo. E’ stato un gesto molto bello che mi ha emozionata, ma so di aver lasciato quando dovevo: con una coccarda sul petto e una semifinale scudetto in tasca”.
Maglia in bacheca e fascia regalata a Debora Vanin: è da “miuda” che ora passa il presente e il futuro della Kick Off.
“Avrebbe accettato questa responsabilità solo da me – sorride Atz. – So di lasciare il mio compito nelle mani della persona giusta, di una buona amica e di un’ottima giocatrice. Io e Debora ci assomigliano, ma un aspetto ci differenzia: quando si arrabbia lei, meglio non trovarsi nei paraggi. Scherzi a parte, mi auguro che questa squadra possa portare a Milano la Supercoppa: la rosa è in gran parte nuova e sarà un anno di transizione, ma sarei contenta se le mie compagne dovessero vincere ancora”.

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