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Chiedi chi era Roberto Baggio

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Cominciamo dal punto in cui poteva finire ed invece la fenice è resuscitata.

220 punti, basterebbero forse a conquistare 3 campionati, 2 partite in NBA, basterebbero anche a dire basta e non è solo uno stupido gioco di parole, se sei nel 1985 e per ricostruirti un ginocchio a cui è saltato il legamento crociato anteriore ed il menisco, ci vorranno esattamente 220 punti.

Inizia il primo dramma, di una delle carriere più folgoranti del calcio azzurro.
Una carriera che poteva fermarsi quel giorno ma se ti chiami Roberto Baggio oltre a due piedi baciati da Dio e sei una persona umile, non quanto i tuoi dribbling stretti ma quanto l’immensità del talento, se ti chiami Roberto Baggio insegnerai a tutti cosa vuol dire cadere e rialzarsi, perché per il resto non c’è niente di quel che fa che si possa insegnare.

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Accarezza di destro e calcia di sinistro, poi l’azione dopo fa l’opposto, prima sinistro e poi destro, poi segna su punizione, da calcio d’angolo e poi si mangia uno, due, tre avversari ed all’olimpico di Roma, nelle notti magiche di Italia ‘90 io scopro quanto lo amo e non credo di essere l’unico.

Questa è una storia di alti e bassi, di traguardi sempre ad un passo ma non sempre raggiunti, una storia di un calcio estinto e di un uomo spinto soltanto dalla sua qualità, spiritualità, dalle forze nuove che ogni volta trova dentro di lui, scavando sempre un pochino sotto al fondo del barile.

Questa è la storia di Roberto Baggio e se non l’hai visto giocare, danzare, cadere e rialzarsi, penserai che a volte la miglior dote che puoi avere da atleta è il talento, imparerai che la consapevolezza di essere un talento è l’unico modo per vestirsi da Roby Baggio.

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Torna dopo i 220 punti al ginocchio, nel frattempo ha una gamba più corta dell’altra e per 5 mesi si è dimenticato anche di ritirare lo stipendio, si è isolato, ha scavato in cerca di nuove forze ed è tornato, il 21 Settembre del 1986 esordisce con la sua nuova maglia della Fiorentina, rimette i piedi in campo ma dura 7 giorni, il 28 settembre si rompe il menisco e torna di nuovo in sala operatoria.

Torna in campo a fine stagione dopo due anni dal primo infortunio ed è da qui che inizia tutto, il quadro prende luce, si rispolvera e l’Italia comincia ad accorgersene, comincia a tirar fuori magie senza cilindri e conigli ma con la forza delle illusionismo di Renè Magritte, forma prima una coppia strepitosa con Stefano Borgonovo e poi nel maggio del 1990 viene acquistato dalla Juve.

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fonte sport.sky.it

Fino ad ora avete letto la premessa, ora con il cuore in tumulto e con la fierezza di averlo vissuto, vi racconto cosa diventò Baggio per tutti i ragazzini dell’epoca, io che di certo non amavo la Juventus, amai lui con quella maglia e lo fece tutta l’Italia, da li alla fine della sua carriera, dove lo volevamo ai mondiali, agli europei, mentre cambia tante maglie ma rimane l’amico di tutti.

Se pensi che amare il calcio sia correre dietro ad una maglia, probabilmente ti sei perso l’ebrezza di aspettare il giorno della partita perchè gioca il tuo Dio e non la tua squadra.

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Roberto Baggio, by Jafar Behravan Rad

Sono seduto nel salone di casa mia, intorno gli amici di famiglia, mio fratello, mio padre, perfino mia madre, si gioca Italia Vs Cecoslovacchia, Roberto chiude un triangolo con Giannini e poi ne salta 3, uno dopo l’altro, sembra essere sospeso da terra mentre muovendo il corpo li manda tutti a chiedere perdono, l’ultimo è il portiere, apre il piatto destro o almeno così sembra al portiere che si tuffa sul palo lungo e lui la chiude sul primo.

Pizzul dalla Tv pronuncia ad ogni tocco di palla

Baggioooo, Baggiooo

con la “o” aperta e dal giorno dopo nei campetti di periferia, nei portici sotto casa, con due sassi al posto delle porte, tutti cercavamo di fare il gol di Baggio mentre da soli commentavamo cercando di imitare la voce di Bruno Pizzul. Il numero 10 sulle spalle, il codino che scende dalla nuca, una sottile treccia di capelli e la specialità dei calci di punizione, non so quanti ragazzi ho visto per i campi di periferia tentare di essere lui.

Bennato e la Nannini cantano notti magiche, i ragazzi vestono i jeans del Charro, la rivista “Cioè” in edicola crea dubbi amletici nelle future generazioni mentre l’indagatore dell’ incubo Dylan Dog ci trasporta in atmosfere dannate e chi gioca a pallone sotto casa ad ogni gol urla Robertooooo Baggioooooo, con la “o” aperta.

Al Bar dell’oratorio vendono gomme al sapore di catrame, però quando le scarti c’è in omaggio una figurina degli azzurri, se trovi un doppione puoi attaccarlo sul biliardo nella sala accanto.

Mirko Zilahi, il mio amico del cuore che torna a Terni solo d’estate e che quando gioca a calcio con noi ci fa sempre vincere, è appena tornato in città, Tangentopoli ancora non la conosciamo e di sicuro ci apprestiamo a vivere un’estate piena di ebrezza, Rosanna ha gli occhi infiniti come il golfo di Napoli e forse me ne sono innamorato.

In quel mondiale uscimmo in semifinale, piansi da morire, credevo di soffocare, sembrava proprio impossibile, ricordo che mi sedetti con le spalle appoggiate al muro, mio fratello abbracciato a me e mia madre che rimproverava a mio padre di averci fatto impazzire per il calcio, io invece ero impazzito per Roberto e mio fratello anche e L’ Italia, forse ancora non lo sapeva, forse si era fatta una “sveltina” occhi negli occhi, fuori dalle orbite di Totò Schillaci ma sarebbe stata solo questione di tempo, avrebbero amato e sposato Roberto, quello che cade e si rialza ma non muore mai.

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http://photo-journal.by/blog/retro-futbol

Usa 1994, sono chiuso da qualche ora in una stanza dei salesiani, insieme a me altri 100, forse 150, siamo praticamente fuori, non di testa, fuori dai mondiali.
Doveva essere il mondiale di Roberto ed invece ce ne torniamo a casa, guardo il muro, grigio come la mia delusione, poi Mussia pochi istanti dal fischio finale entra in area e l’appoggia a Roberto, pensaci tu per favore, Robertoooooooo con la “o” aperta, grida Bruno Pizzul.

Gol 1-1 e si va ai supplementari, ve la ricordate la storia della fenice?

Vinciamo nei supplementari, calcio di rigore del divin codino. 2-0 alla Bulgaria, fa tutto Roberto, 1-0 alla Spagna, fa tutto Roberto e non sono più soltanto i ragazzini a voler essere lui, mio padre, mio zio, mio nonno, i padri dei padri ed i figli di tutti, l’Italia calcistica è una cosa sola, è Roberto Baggiooooo con la “o” aperta di Bruno Pizzul.

Ve la ricordate la storia della fenice?

Roberto durante la semifinale sente tirare un muscolo, la finale la gioca lo stesso, si trascina e non riesce neanche a correre, andiamo ai rigori, contro il Brasile.

Questa volta sono a casa di mio nonno, chiuso nel salone con mia sorella, Roberto prende la rincorsa e Bruno Pizzul dice altoooo, con la “o” aperta, il Brasile è campione del mondo e la fenice è tornata cenere, io invece sono di nuovo in lacrime, mi domando la vedrò mai la mia nazionale vincere un mondiale o un europeo?

Intanto Roberto cambia le maglie, Bologna, Inter, Milan, Brescia, alle sue spalle nascono altri numeri 10, Del Piero, Totti ma queste sono altre storie, forse un giorno le racconteremo.

Siamo nel 2002 e si giocano i mondiali in Corea e Giappone.
Baggio è un vecchietto del calcio ma dopo 8 giornate di campionato ha già segnato 9 gol, la ricordate la storia della Fenice?

Roby ha un solo sogno: andare ai quei mondiali e l’Italiani hanno un sogno, vederlo ancora con la maglia azzurra, è Gennaio e la fenice torna cenere, una fitta, un movimento innaturale.

E’ saltato il legamento anteriore del ginocchio sano, ricordo di averlo appreso in tv, avevo 22 anni ed ho pensato è davvero finita, il cronista disse:

“ probabilmente con questo infortunio si chiude la carriera di Roberto che si ritirerà dal calcio”.

Passano 77 giorni e la Fenice rinasce di nuovo, non ci posso credere, è l’era delle partite in tv ed a 10 minuti dalla fine il suo allenatore lo mette dentro, stanno perdendo, al momento del cambio Pep Guardiola si avvicina e gli stringe sul braccio la fascia di capitano, io lo guardo incredulo mentre mette piede in campo, quasi rapito dall’ondeggiare del suo codino che sembra andare con dolce cadenza a coprire e scoprire il suo nome sulle spalle.

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La Fenice spalanca le ali e con una doppietta battezza il suo ritorno, la gente è impazzita, nei bar, nei tg, di nuovo nei campetti di periferia, ovunque, l’Italia è una sola e vuole Roby ai mondiali, mister Trapattoni dirà di no al sogno zen di Roberto Baggio ed a quello di milioni di persone innamorate del suo codino.

C’è un uomo seduto in uno spogliatoio, anzi nello spogliatoio della “ Scala”, il Meazza di San Siro, ha il capo chino e guarda il suo ginocchio, poggia un indice a destra della rotula ed il pollice a sinistra, con le dita spinge da una parte all’altra del ginocchio il liquido che ormai vive nel suo ginocchio.

Sussurra a voce bassa

è stata una liberazione, il dolore che ho sentito in tutti questi anni, a volte il giorno dopo la partita non riuscivo a camminare, oggi è un giorno di sollievo, non ce la facevo più.

Alza il capo, il codino vola sopra la sua testa, uno come Roberto Baggio non lo vedremo più, lo dico a mio padre a voce alta ma in realtà lo sto ripetendo a me stesso, mi sto staccando dal sogno, dalla poesia e dall’arte.
Se pensi che il talento sia sufficiente nella vita, se pensi che tutto sia finito, se non conosci come la Fenice possa rinascere dalle sue ceneri, se passi in Francia, in Italia, in America o sei in giro per il mondo, chiedi chi era Roberto Baggio, una delle nuove meraviglie del mondo.

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http://www.theworldcupdraw.com/

Mirko oggi è uno scrittore di grande successo, Rosanna ha due bimbi bellissimi ed una volta l’anno riusciamo a vederci anche se vive in Spagna, mentre Roberto:

“A tutti i giovani e tra questi ci sono anche i miei tre figli

Per 20 anni ho fatto il calciatore. Questo certamente non mi rende un maestro di vita, ma ora mi piacerebbe occuparmi dei giovani così preziosi e insostituibili. So che i giovani non amano i consigli. Anche io ero così. Io però senza arroganza, stasera qualche consiglio lo vorrei dare. Vorrei invitare i giovani a riflettere su queste parole.

La prima è passione: Non c’è vita senza passione e questa la potete cercare solo dentro di voi. Non date retta a chi vi vuole influenzare. La passione si può anche trasmettere. Guardatevi dentro e lì la troverete.

La seconda è gioia: Quello che rende una vita riuscita è gioire di quello che si fa. Ricordo la gioia nel volto stanco di mio padre e nel sorriso di mia madre nel metterci tutti e dieci la sera intorno alla tavola apparecchiata. E proprio dalla gioia nasce quella sensazione di completezza di chi sta vivendo pienamente la propria vita.

La terza è coraggio: E’ fondamentale essere coraggiosi e imparare a vivere credendo in voi stessi. Avere problemi o sbagliare è semplicemente una cosa naturale. E’ necessario non farsi sconfiggere. La cosa più importante è sentirsi soddisfatti, sapendo di aver dato tutto. Di aver fatto del proprio meglio, a modo vostro e secondo le vostre capacità. Guardate al futuro e avanzate.

La quarta è successo: Se seguite gioia e passione, allora si può anche parlare anche del successo. Di questa parola che sembra essere rimasta l’unico valore nella nostra società. Ma cosa vuol dire avere successo? Per me vuol dire realizzare nella vita quello che si è, nel modo migliore. Questo vale sia per il calciatore, per il falegname, l’ agricoltore o per il fornaio.

La quinta è sacrificio: Ho subìto da giovane incidenti alle ginocchia, che mi hanno creato problemi e dolori per tutta la carriera. Sono riuscito a convivere e convivo con quei dolori, grazie al sacrificio, che vi assicuro che non è una brutta parola . Il sacrificio è l’essenza della vita, la porta per capirne il significato. La giovinezza il tempo della costruzione. Per questo bisogna allenarvi bene adesso: da ciò dipenderà il vostro futuro. Per questo, gli anni che state vivendo sono così importanti. Non credete a ciò che arriva senza sacrificio, non fidatevi: è un’illusione. Lo sforzo e il duro lavoro costruiscono un ponte tra i sogni e la realtà.

Per tutta la vita ho fatto in modo di rimanere il ragazzo che ero che amava il calcio e andava a letto stringendo al petto un pallone. Oggi ho solo qualche capello bianco in più, e tante vecchie cicatrici, ma i miei sogni sono sempre gli stessi. Coloro che fanno sforzi continui, sono sempre pieni di speranza. Abbracciate i vostri sogni e seguiteli. Gli eroi quotidiani sono quelli che danno sempre il massimo nella vita ed è proprio questo che auguro a tutti voi ed ai miei figli.”

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