Futsal

Torneo delle Nazioni, primero dia

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Viaggiare lo metterei tra i bisogni primari.

Bere, mangiare e poi viaggiare.

Non mettere radici, ma cercarne un po’ in ogni posto. Condividere del tempo con persone che hai visto poco, ma senti più di tanti amici. Seguire ciò che ti fa stare bene, incondizionatamente.

A Guadalajara, nel Torneo delle 4 Nazioni, so che avrò la possibilità di vivere tutto questo. E il tempo questa notte mi dà ragione perché le lancette si sono mosse in fretta, come sempre quando mi diverto: sono uscita dal Palacio Multiusos senza fame e senza sonno e adesso l’orologio di Posada de Francisco, a Sacedon, segna già le 3:00. Non posso immaginare che solo 24 ore fa prendevo a cuscinate una sveglia, in un piccolo paese dell’Abruzzo: pur facendone un concentrato, non mi ci sta l’8 dicembre in un giorno soltanto. Cerco di ricostruirlo, ma mi sembra di montare una tenda Quechua: la spiego davanti a me in 2 secondi, ma poi richiuderla è impossibile. Qualcosa rimane fuori per forza.

Allora scelgo cosa tenere: l’incontro con Luca Ranocchiari e Fabrizio Bombelli, compagni di viaggio in una 500 truccata da Ferrari. La dimensione dell’abitacolo è sempre quella che preferisco: è presenza, ascolto, contatto. L’abitacolo si riempie di parole che dopo 10’ sono già tormentoni: ce li porteremo dietro per tutto il 2018, infilati qua e là dentro qualche chat.

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Tengo lo sguardo fiero del c.t. Francesca Salvatore alla sua “prima”, gli occhi che brillano mentre guarda le sue 14 eroine. Il vestito delle grandi occasioni che nasconde lo stomaco aggrovigliato.
La fierezza ed il coraggio delle Azzurre, quello di Mascia in particolare: si dice che per fare i portieri bisogna essere un po’ pazzi e ho avuto la la conferma che Marika lo fosse quando ha messo il viso sul calcio ravvicinato di Fernandes. Folle e provvidenziale.
Conservo il sorriso di Cinzia Benvenuti che mi fotografa, mentre fotografo: qualcuno che neanche mi conosce sta pensando a me, è una cosa bella.
Tengo gli abbracci sudati ma profumati di Pomposelli, le ciabatte di D’Incecco che colorano un risultato che non ci è a favore.

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E ha ragione Mauro quando dice che non è un concetto da usare in una partita di futsal, ma conservo forte anche la sensazione che l’Italia sia in credito con la fortuna: l’ho pensato sull’involontario tocco di Exana – una delle migliori – che ha spiazzato Mascia e ho peccato ancora sulla traversa di Pomposelli, che avrebbe potuto regalarci il pareggio. E invece niente da fare: il Portogallo passa di misura, proprio come l’anno scorso e domani ci tocca una Spagna che ha impressionato battendo le campionesse in carica. Ampi lancia un guanto di sfida che è in realtà una carezza per una Nazionale che ammira: “ci vediamo domani”, dice cercando di rimanere seria, ma il suo volto non riesce a nascondere l’emozione. Mi è sembrata la Nazionale più completa, quella iberica. Ma oggi adotto il Bruna-pensiero. “Non penso mai a chi ho davanti, ma solo a quello di cui siamo capaci noi”. Mi addormento felice, pur sapendo che dormirò meno di ieri. Chiudo gli occhi a Sacedon e mi sveglio a Silent hill: fosse successo a casa, mi sarei portata dietro un umore leopardiano per ore. Invece non me ne frega niente di niente.
Tra poche ore mi accoglieranno i mille colori del Palacio Multiusos: il tempo volerà di nuovo, ma io ne avrò già fatto tesoro.

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