Futsal

Cristian, mamma ha fatto un gran gol

cristian

Torna a casa e corre da lui.
Lui si chiama Cristian, ha un anno e 9 mesi.
Si capisce vero che non sono mamma? Altrimenti avrei detto che ha 21 mesi.
Lui è il figlio di Pamela Guercio.
Con lei ho parlato solo una volta a Ciampino, nel mio primo anno da giornalista nel futsal. Giocava con la Virtus Roma ed era tutt’uno con Pomposelli: 38 anni in due, le giovani più talentuose dentro il PalaTarquini. Non a caso arrivarono in finale contro il Montesilvano. Per le giallorosse erano i tempi di Tittoni e “Ciosca”, tra le biancazzurre brillava Mannavola: a decidere, però, fu un’altra baby campionessa che sarebbe poi diventata capitano della Nazionale Italiana, Ersilia D’Incecco.

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Pamela Guercio me la ritrovo oggi al PalaSantaFilomena e ha i lineamenti di una donna, non ho l’occasione di intervistarla ma so che se dovessi sentirla ora – dopo la conquista di un punto d’oro a Chieti – la sua voce sarebbe ferma. Ci si allena anche a nascondere le emozioni, diventando grandi. Non la conosco, ma conosco tante mamme e per me le mamme parlano una lingua universale che le pone su un piano più alto rispetto al resto del mondo. Volete mettere la generosità di 9 mesi (o se preferite circa 40 settimane) di nausea e astinenza dal sushi? Già questo basterebbe per scoraggiarmi.
Eppure il suo ritorno a casa riesco ad immaginarlo bene, perché l’archetipo della mamma – non della madre – è un qualcosa che ci precede. Siamo un puntino su un’ecografia, le zie esultano felici di fronte ad un pixel indefinito e l’archetipo è già lì, in anticipo su tutti.
Quindi la vedo, Pamela. Borsone disfatto in fretta, una sistemata veloce ai giochi sparsi per terra e via di corsa da Cristian, a respirare quel profumo di bimbo che si raccoglie tra la guancia e l’incavo della spalla. Mia mamma, di ritorno dal lavoro, mi mordeva. “Ti facevo andare in giro tutta segnata”, mi racconta quasi fiera. Mi auguro che Cristian abbia meno rotoli di me, a quell’età e che apprezzerà questo dono.

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Si regalano ai bimbi i libri di favole, questa sera però niente Cappuccetto Rosso, Pollicino rimane chiuso nel cassetto del comodino, la Bella addormentata nel bosco può continuare a dormire sonni tranquilli.

Stasera, per Cristian, ho un regalo io.
Una favola sportiva.
Sì, questa parla della tua mamma e inizia così.

C’era una volta la Bellator Ferentum che giocava a Chieti, contro il blasonato Montesilvano e c’era qualcuno che quell’avversario lo ricordava bene. Una volta, contro di lui, aveva anche pianto.
Come da pronostico, dopo 6’ la squadra di casa è avanti di un gol. Ha segnato Amparo e qualcuno sugli spalti pensa che sia soltanto l’inizio. Nonostante tutto, le ospiti tengono botta: ci sono un paio di eroine, di nome Chiesa e Will, che tengono viva la gara a colpi di tacco e accelerazioni. Alle loro spalle c’è una ragazza che sta facendo il cosiddetto “lavoro sporco”: marcature strette alla Ringhio Gattuso a dispetto del 10 sulle spalle, anche spinte se ce n’è bisogno. Per eccesso di foga arriva anche un cartellino giallo. Pazienza. Non è uno sport per signorine, è uno sport per donne. Devi mettere in campo personalità, carattere. Quello che sei fuori, lo porti in campo. Quello che hai fatto in allenamento, si vede in partita. Quindi c’è questa ragazza che in difesa non lascia passare nulla, il pubblico la tiene d’occhio ma fino a questo momento gli applausi hanno altri destinatari.
“L’essenziale è invisibile agli occhi”, sarebbe l’abusata citazione più adatta alla circostanza.
Ad un certo punto, infatti, questa ragazza fa un’azione bellissima: recupera un pallone a centrocampo (forse il ventesimo della gara) strappandolo dai piedi di un’avversaria, poi resiste alla carica della seconda e infine ecco il guizzo del 10: tiro a giro che bacia il palo e finisce alle spalle di Ghanfili. La giocatrice si rialza di scatto, come se di colpo avesse recuperato tutte le energie e corre verso le sue compagne che la sommergono di abbracci.

Nell’azione successiva sbaglia l’unico passaggio di tutta la partita. Perdonarla è facile, così come capire a cosa stia pensando: “Cristian, mamma ha fatto un gran gol ed era tutto per te”.
Sulla via del ritorno, i 200 chilometri che separano da Roma sembrano sempre più lunghi.
Da qualche parte nella Capitale, c’è un piccolo principe biondo che aspetta che si apra la porta.
Sulle scale Pamela sente già profumo di bambino. Casa.

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