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Se Fossi un Mister – Ho Perso il Conto

Ho perso il conto dei Chilometri percorsi.

Ho perso il conto delle canzoni che ha passato la radio, ho perso il conto delle volte che entrando in galleria andava via il segnale della radio ed allora tutti dentro il pulmino intonavano la canzone di turno, il gioco è semplice, usciti dalla galleria torna il segnale della radio e noi dobbiamo essere precisamente arrivati al punto in cui riparte la canzone.

Tante stecche vocali quante quelle ricevute dal marcatore di turno, tanti tunnel che poi oggi le chiamano buste e ancora mi piace sentire ohhhh dalla panchina, tante gallerie da cui siamo entrati ed usciti inconsapevolmente come nella vita, come nello sport prima o poi si vedrà la luce e la fine, tante stelle in cielo come quante sono quando le vedi schierate al centro del campo per il saluto e per te, le tue brillano di una luce propria molto più intensa dell’avversario.

Ho perso il conto delle borracce riempite che tanto puntualmente a fine riscaldamento sono già vuote, mi sono sempre chiesto se è questa la famosa sete di vittoria oppure qualcos’altro.

Ho perso il conto delle carte d’identità perse dalle mie ragazze o forse da me, d’altronde chi nella vita può dire di non aver smarrito la propria identità, io in realtà anche più di una volta, una sera l’ho ritrovata in un bar a notte fonda che faceva a pugni con le sue idee e non riuscendo a vincere con le mani aveva patteggiato davanti ad un’infinità di doppio malto, l’ho presa per mano e ricondotta a casa e poi l’ho lasciata riversa sul wc del bagno aspettando che mi rendesse l’anima, la mia però.

se fossi un mister

Ho perso il conto di quei 5 secondi prima di scendere in campo in cui abbiamo messo ognuno la propria mano sopra l’altro e poi io ho urlato forte, con tutte le energie il nostro motto e poi è arrivato l’eco dell’avversario, come gridare dentro una gola profonda di una montagna senza fine e sentire che ti torna indietro qualcosa di diverso da ciò che avevi detto.

Ho perso il conto delle volte in cui ho esclamato tira!

Cazzo tira e non so se volevo si tirasse in porta oppure si tirasse forte la fune dalla nostra parte, come nel gioco della corda, è una lotta sei in campo e chi tira la fune più forte dalla propria parte vince, solo che se non ti aiuti tu puoi tirare più forte che puoi, che prima o poi l’avversario ti stende e magari non c’è nemmeno qualcuno che ti porge la mano per rialzarti.

Tiraaaaa! Gol, te lo avevo detto che dovevi tirare!

Mister non ho capito se devo tirare in porta o devo tirare la fune, tu tira senza farti domande che poi le risposte arrivano da sole, sono come le mezze stagioni, prima o poi arrivano.

Ho perso il conto delle lacrime che hanno bagnato il parquet che tanto l’arbitro senza un pizzico di pietà chiamava subito l’addetto al campo per asciugare altrimenti si scivola, se stiamo piangendo signor arbitro siamo già scivolati ma ci rialzeremo ed allora non sarà cosi facile per te pulire i nostri sorrisi.

Ho perso il conto dei capelli che ho perso ed ogni mattina la stessa battuta, meglio tre capelli che tre punti ed intanto però il tempo passa e tu sei ancora a cercare di portare la tua squadra a scalare la classifica, che se poi dovessi veramente farcela non hai nemmeno la gioia di tingerti la chioma.

Quale chioma?

Quella di quell’albero, guarda che bella, verde intensa, ridente come la gioventù di queste ragazze che stai accompagnando all’ennesima battaglia e che sono il tuo ossigeno in tanti momenti della giornata, altrimenti cosa esisterebbero a fare gli alberi?

E quella quercia?

No fermo quello non è un albero, è il mio capitano, imponente, sguardo a sorvolare tutti, se serve una parola puoi poggiarti a lei e sussurrargli i tuoi dolori, sono convinto che per dare una gioia a tutti si farebbe anche incidere il nome della squadra racchiuso in un cuore sulla sua corteccia, non fa male, ti guarda e ti penetra con lo sguardo e tu ti senti trasparente per quanta storia rappresenta.

se fossi un mister

Ho perso il conto delle notti in cui non ho dormito perché volevo sognare di portarle più lontano possibile, abbandonarmi a Morfeo non me ne dava la certezza, magari avrei sognato la signora del piano di sopra che alle 3 di notte è rientrata con un tacco 15 che tintinna sul pavimento quasi fosse il pendolo di un orologio, quindi non dormo e mi sogno di portarle lontano ad occhi aperti che almeno non rischio nemmeno che mia moglie mi svegli.

Magari mi sente sorridere nel buio della stanza e crede davvero che stia sognando la vicina.

-Ti ho visto come l’hai guardata in ascensore!

Valle a spiegare che stavo fissando i numeri sulla tastiera dell’ ascensore e mi sembrava di vederci la nostra maglia stampata sopra e stavo solo aspettando l’arbitro che facesse l’appello.

Ho perso il conto delle partite che ho visto giocare alla  mia squadra, dei chilometri, delle canzoni, ho perso il conto delle liste gara, dei campi in cui sono stato.

Ho perso il conto ed ecco perché dicevo ai miei genitori che non potevo fare il ragioniere ed infatti eccomi qua, ho perso il conto di qualsiasi cosa ma non ho perso la via che conduce al sogno che prima o poi realizzeremo.

Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno, giuro che lo farò.

Terza stella a destra questo è il cammino, tanto ti trovo prima o poi maledetta isola che non c’è!

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