Final Eight

Preferisco la Coppa

coppa

Ci sono quei giorni in cui è un po’ sabato e un po’ domenica.
Esci, c’è quel sole caldo dei primi pomeriggi quasi estivi, l’odore forte della salsedine che entra dai finestrini e se ti volti lontano dal mare il verde dei pini che si riflette tutt’intorno.
Ci sono i bimbi sul parquet nero a sognare di essere grandi, a guardarsi intorno per capire se questo è un sogno oppure è tutto vero. Qualcuno con l’espressione furba saluta il pubblico come se fosse lui il protagonista, poi all’improvviso strizza l’occhio come per dire: “Ci rivediamo qui un giorno, al posto dei grandi”.
Questo vociare continuo e le domande sul cosa farò da grande che m’illuminano lo smartphone e che se avessi la risposta l’avrei usata io e non l’avrei certo detta in giro. Una domanda alle quale vuoi rispondere con tutto il fiato in gola: “il calciatore”, come fanno quei bimbi davanti a te. Come fa Carlotta, la quinta di una quattro contro quattro che i maschietti lasciano libera: “tanto è piccola, donna e non ci sa fare” e lei invece con una puntata sotto porta costringe il portiere a salvarsi d’istinto. Lo sguardo di chi vuol essere presa sul serio, la posa da giocatore vero e gli occhi che brillano.
Le passioni che s’aggrappano al cuore e ti fanno sopportare i sacrifici e cambia poco se sono i compiti da fare o giocare con i tuoi bimbi dopo una doppia seduta d’allenamento quando ti fa male ogni muscolo del corpo.
Siamo qui per la finale della Coppa Italia Maschile e io come al solito mi distraggo sempre.



Adoro le partite dentro o fuori senza appello, quelle nelle quali una squadra uscirà con la coppa e l’altra uscirà e basta. Non c’è un turno di campionato successivo nel quale rimediare, non c’è un ritorno durante il quale ribaltare il risultato, è tutto qui e basta.
Mi mancano le storie, non ho idea del perché Dudù Morgado sia coperto di tatuaggi sulle braccia ma nulla la confronto del “discretissimo” tatuaggio di Bertoni. Honorio corre, imposta e tira e sembra che gli sudi solo la testa. C’è Matias Rosa, che gioca la quinta partita in cinque giorni segna nove gol ed è ancora vivo, nemmeno i bimbi che giocano al parchetto sotto casa resisterebbero tanto. Tante domande e poche risposte.
Diana che mi spiega l’interminabile “giro” che si esegue quando si attacca con il portiere di movimento e perché si gioca il portiere di movimento quando stai vincendo e c’è poco tempo sul cronometro.
Scopro che Cuzzolino e Ricky Alvarez sono cresciuti insieme e nonostante quello che pensano i tifosi dell’Inter il ragazzo di Buenos Aires è davvero forte, tipo Coutinho sbolognato al Liverpool convinti di aver tirato un pacco ai Reds. Illusi.
C’è un altro campione del mondo con la maglia della “albiceleste” di futsal che segna il gol che accorcia le distanze e fissa il punteggio sul 3 a 2 in un palazzetto ostile e ha abbastanza “garra” da esultare in faccia a tutti indicare lo stemma della sua squadra e puntare il pubblico. Se pensate che sia un gesto di sfida vero i tifosi della squadra avversaria, vi sbagliate. È un segnale, un gesto rivolto ai suoi compagni di squadra, un urlo per spingerli oltre l’ostacolo e un gridare: “Possiamo farcela” senza usare le parole.

coppa

Come quando era bambino e giocava in uno dei mille parchi che fanno del barrio di Villa Urquiza il giardino di Buenos Aires. C’è ancora tanto tempo su quel cronometro.
Quando s’arriva ai calci di rigore, proprio lui Pablo Taborda calcia il secondo rigore.
Ci vuole la testa e il cuore di chi ha indossato la maglia del Boca Juniors o combattuto per una promozione sfumata in un finale maledetto. Il pallone fermo dal dischetto e nell’istante prima di lasciar partire la rincorsa c’è l’incoscienza assoluta di chi è disposto a non dimenticare mai questo momento.
Parata del portiere avversario e la Coppa Italia che si ferma per il secondo anno consecutivo a Pescara.
Con il cronometro che scandiva i secondi finali del secondo tempo supplementare proprio lui ha avuto il pallone della vittoria ma non ricorderà quel momento con la stessa intensità del rumore del pallone che s’infrange sul portiere avversario.
Ci sono cose inaccettabili come il computer che vola via colpito da un pallone allontanato in una situazione disperata e miracolosamente torna nelle mani del proprietario intatto e quindi perfettamente funzionante.
C’è Federica tra i bimbi delle scuole calcio che non hanno fatto una doccia dopo una giornata passata ad inseguire un pallone che quasi rischia la vita non si sa bene se per l’agitarsi di Fulvio Colini in panchina o per il trattenere troppo a lungo il respiro.
I coriandoli e la festa per chi vince e la delusione per guardare passare il sogno di un trofeo.
Domani arriva sempre troppo in fretta.
Ci sono altre partite, altri giocatori e competizioni da disputare e vincere.
C’è chi smonta in fretta le attrezzature, chi s’affanna a finire un articolo per pubblicarlo.
Sfiliamo via, verso casa, salutando tutti.
Grazie per i ricordi.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

To Top