Futsal

ITU, papà e sorrisi

Genitore. Padre. Papà.

Nella lingua italiana sono lemmi che sono sinonimi, possono cioè essere utilizzati per indicare condizioni simili.
Forse però, non è proprio, così vero.
Credo piuttosto, ci sia un percorso.
Genitori si diventa quando si genera una nuova vita, è fortemente legato all’aspetto biologico della vita umana.
Padre si diventa quando si accetta, di essere responsabili della propria progenie, nella società civile.
Papà non è sempre detto che si riesca a esserlo. Si può essere genitori, si  può essere padri ma per essere papà è necessario essere innamorati.
Domenica ci siamo imbarcati in un nuovo viaggio verso Roma, freddo e gelo a farci da compagni, attraverso le montagne spolverate dalla neve e tra le nuvole minaccione, per riabbracciare un’amica, per mantenere una promessa e per vedere una partita di futsal.
Mi ritrovo sempre, dopo queste partite, a riflettere che del risultato alla fine non è che mi interessi poi tanto.
Mauro non era così entusiasta di partire, l’idea della partenza lo “sconfinfera” sempre.
Il venerdì e il sabato sono stati giorni di studio. Mi sono cimentata tra previsioni meteo, controllo autostradale, calcolo itinerario che alla fine Giugliacci, padre e figlio e Isoradio tutta, mi fanno un baffo.
Alla fine le condizioni meteo sono favorevoli, la partenza è confermata, grazie all’aiuto anche delle molteplici divinità che ho personalmente invocato.
Arrivo a Formello nell’orario previsto, pieno di metano e via verso il campo.
Olimpus Olgiata C5 – Montesilvano C5 .
È la prima volta che vediamo il Montesilvano in trasferta, l’esperienza è quasi surreale.
Siamo abituati bene al PalaRoma.
Ci sediamo su un seggiolino blu, diamo una sbirciatina alla postazione streaming curato dalla squadra di casa e poi, occhi al rettangolo di gioco, in pratica a due spanne dai nostri piedi.
Da questa distanza, così ravvicinata tra spalti e campo, hai l’impressione di essere letteralmente sul parquet, si percepisce anche il minimo bisbiglio delle giocatrici, tanto quanto l’AS Roma seguita sugli spalti da uno smartphone.

“Che bello vedervi qui”.
È un sorriso, la prima cosa che ho visto.
Il tuo sorriso Sara.
Sono convinta che le cose non capitino mai a caso, ne sono certa. La vita ci ha portato a conoscerci nel tuo ultimo anno a Montesilvano, forse per permetterci di viaggiare e di scoprire il valore meraviglioso dell’attesa.

39,50 minuti in campo, sempre presente, conoscendo a memoria le compagne avversarie “si conoscono troppo bene, sarà divertente”. Arrivando a fine partita praticamente senza fiato. Una lottatrice, così come ti abbiamo vista l’ultima volta al PalaRoma. Non è cambiato nulla a parte i colori, la maglia e la città. Sei sempre Sara Iturriaga e, ovunque ti porterà la tua strada, per noi sarai sempre Sara, “quella forte davvero”, quella che ha lasciato Mauro orfano, un’amica che trova sempre il modo di sorprenderti.
“Le promesse vanno mantenute”
Ho ancora negli occhi, l’immagine degli occhi luccicosi di Mauro quando realizza che quella maglia è per lui. Non sai che regalo preziosissimo gli hai fatto.
Grazie.
Io mi intrufolo qui, appena dopo il grazie a Sara.
Vero io non ho un problema con i viaggi, odio le partenze.
Sono un nomade, non amo fermarmi e ripartire, amo restare in viaggio.
Sara,è SARA. In campo è ITU, forte come pochi giocatori, di quella forza che s’irradia dal cervello e dal cuore e finisce dentro ai piedi.
Soriano parlava di te quando raccontavo dei suoi eroi del futbol e sciocco io a non credergli subito, a non capire all’istante che non sono solo i gol o gli assist a fare un campione è tutto quello che c’è immediatamente prima e immediatamente dopo.
Il PalaRoma per me è un posto più triste, senza vederti in piedi sulla linea laterale irritata sportivamente con te stessa per non essere sempre decisiva, con quella voglia di vincere che ti fa splendere gli occhi. Per fortuna che è rimasta Diana, con quella rabbia agonistica dentro che la consuma e la rende speciale.
Un anno che inizia con la tua maglia e la tua firma. Mi rammarico sempre di averti conosciuta così tardi e frequentata troppo poco, eppure sarei molto più triste se non ti avessi incontrata affatto.

“Sto facendo un quaderno con tutte le foto delle persone che incontro nel mio cammino” .
Questo è stato un regalo per me invece.
Sono onorata di far parte dei tuoi ricordi e rido se penso a quando rivedrai queste foto e ripenserai a questi matti di Montesilvano.
Poterti rivedere è valso il freddo del Pala Olgiata, come fate voi a sopportarlo non so spiegarmelo.
Sei un dono prezioso.

Poi ci sono i doni che non ti aspetti. Ci sono i papà.
Per un caso che più fortuito non si può, accanto a noi si siede un signore brizzolato, è da solo e sfoglia una delle riviste poste sui seggiolini del palazzetto.
Guardo in campo, saluto con gli occhi Diana che incrociando i miei sembra indicarmi: “Quello che hai accanto è il mio papà”.
La partita inizia, il Montesivano spinge forte, vuole vincere, vuole giocare bene e vuole chiudere la partita. Occasione per le ragazze in gialloblù, fallita di poco,  sospiro di sollievo per tutto il palazzetto, tranne che per noi.
Mi sporgo per parlare con Mauro e incontro due occhietti furbi e un sorriso sotto i baffi.
Ok, siamo dalla stessa parte e i nostri sguardi sono rivolti nella stessa direzione. Un papà che guarda la sua bimba mentre fa quello che ha sempre sognato di vederle fare.
Era seduto da solo questo papà, ma l’orgoglio che ha per la sua principessa lo circonda e lo precede.
Nuova occasione, nuovi sorrisi condivisi in silenzio, pollici alzati in segno di apprezzamento.
Poi tocca a lei, alla sua “pupa”, quando va vicina a insaccare la palla nella rete, un battito di mani incontrollato scatta via, per celebrare l’amore e la gioia per lei.
Un papà innamorato.
Alla soglia dei tuoi trenta, il tuo papà è innamorato di te, ogni giorno, perché sei tu, perché ti vuole bene, perché sei il suo orgoglio.
E’ stato un regalo inaspettato, signor Papà lei mi ha regalato un sorriso enorme.

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