Football Americano Femminile

#day3

Se non cavalchi l’onda dell’entusiasmo, allora che te ne fai? Senza puoi restare tranquillo e triste in un angolo a guardare sempre le stesse facce. Invece eccolo il miracolo, di queste ragazze, i loro visi quasi sconosciuti,  che arrivano ogni giorno e mi stupiscono di più, tornando. Perché non è facile oppure semplice, piegare la propria mente e il corpo a questo sport. Tutto inizia con il sudore e l’acido lattico, ma è nell’impatto del tuo casco con la sua armatura che capisci se ci sei davvero tagliata.
In riva al mare, in uno stabilimento balneare, un campo da calcetto.
Lo stesso dello scorso anno, ora però sembra piccolo. Veramente piccolo. In un angolo c’è una ragazza e il suo compagno, guardano attenti la palla lanciata, insomma diciamo che vola la palla tra una lobster e l’altra. Capisci subito che non si capita al Plinus di venerdì sera per caso, non a guardare delle ragazze lanciarsi una palla ovale. Una scena che conosci già, che si è felicemente ripetuta nel tempo con protagonisti diversi, in sport diversi, eppure assomiglia sempre a se stessa. Vuol entrare in squadra, almeno provare eppure è lì, che cerca di non sembrare troppo interessata e nemmeno troppo ansiosa.
Verrà lunedì, dopo aver esitato a lungo sul limite del campo, prima di chiamare il coach e rivolgere quelle domande che gli si erano conficcate in gola.
In campo inizio a riconoscere qualche faccia. MV, perché Maria Victoria è troppo lungo e non è molto da football invece MVA somiglia tanto a MVP e poi suona quasi come “sua maestà aerea Michael Jordan”: MJ per l’appunto. Lei ripete ossessivamente il nome Sara. Riesco quindi a dare un volto “all’alligatrice” che sembra avere l’uranio impoverito nel braccio, non ha idea di come si lanci, il suo corpo fatica a partecipare al movimento però…sembra un talento naturale.
Poco più in là, c’è il QB.
La guardo lanciare. Ora so che è una fan di Tim Tebow, vorrei vederla giocare con il 5, il numero che il ragazzo della Florida indossava alla Nate High School, quando tutti gli dicevano che non poteva giocare QB. Solo qualche anno prima, in un ospedale delle Filippine un dottore aveva detto alla madre che non avrebbe dovuto portare a termine la gravidanza. Questo è il ragazzotto di campagna che ha battuto gli Steelers in un incontro di playoff che nessuno credeva potesse vincere.
Già QB5, che mi piace perché suona molto bene con il personaggio, non importa quello che credono gli altri, importa quello che tu, credi di poter fare.
Lì nascosto da qualche parte c’è quel desiderio di vincere e di essere migliore, di essere LA migliore, se lo porti in campo, sarà spettacolo assicurato.
Partitella e voglia di vincere anche negli esercizi tra compagne di squadra.
Una corsetta e poi tutti a casa.
C’è da tanto da sognare.

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