Doppio turno su Sky per l’Audace Verona che dopo aver esordito all’Emilia Romagna Arena con un 2-1 subito in rimonta contro l’Italcave Real Statte, domenica 21 novembre tornerà a calcare il parquet blu per la sfida col Bitonto. Ancora Puglia, quindi, con tanta voglia di cambiare la storia da parte di Tünde Nagy.
“Siamo un po’ amareggiate, ma in questo campionato non possiamo permetterci un secondo tempo un po’ sottotono. I black out si pagano e questo è accaduto a noi, nonostante i tentativi di riprendere il risultato. Al di là della sconfitta, quello di Salsomaggiore rimane per qualsiasi giocatrice un campo bellissimo, al quale manca solo un elemento: il pubblico”.
Riguardo alle neroverdi, poi, il pensiero è chiaro. “Conoscendo la loro rosa e il loro tecnico, sappiamo che sarà una sfida molto difficile, ma noi dobbiamo concentrarci su noi stesse e sul nostro gioco”, mi dice in perfetto italiano. “Mi sono serviti due anni per impararlo e ho obbligatoriamente tralasciato i dialetti – sorride – altrimenti ci avrei messo altri 10 anni. Conosco abbastanza bene lo spagnolo e ho il livello B2 di inglese, che mi è molto utile nell’informatica e nella programmazione in Java”. Ecco la prima passione di Tunde, quella che ha anticipato di gran lunga il futsal, soltanto terzo alle spalle della pallamano, disciplina praticata per 7 anni. “Ora c’è un ricambio generazionale e se ne parla mano, ma prima l’Ungheria andava molto bene anche alle Olimpiadi. All’età in cui ho iniziato (circa 12 anni), ci si ispira sempre a qualcuno e io avevo un idolo in particolare: il portiere Katarin Pálinger. Del calcio a 5 mi sono interessata soltanto dopo, nel 2010, quando a Budapest e Debrecen è stato disputato l’Europeo: era un momento in cui mi servivano nuovi stimoli, avevo voglia di cambiare, avevo addirittura pensato di tornare al Judo (sport praticato e insegnato dal padre, László), ma poi è arrivato Luis Amado – portiere della Nazionale Spagnola vittoriosa quell’anno – a decidere per me”, sorride.
E allora Tünde rimane a Miskolc, terza città più grande dell’Ungheria e centro nevralgico della regione di Borsod-Abaúj-Zemplén. “Siamo vicini a Budapest, ma la nostra è una città più tradizionale con una radice folkloristica molto marcata”. Mi spiega che il ballo tipico, ad esempio, si chiama Néptánc: si tratta più che altro di passi laterali all’interno di una coreografia in cui l’uomo ha il ruolo primario. E qui arriva la Tünde che non mi aspetto. “L’ho imparato da piccola, negli anni in cui ho iniziato balletto classico: è semplice, ma molto bello da vedere perché si indossano abiti molto colorati”. Sgrano gli occhi ed è come se mi avesse vista attraverso il telefono. “Sì, adesso sarebbe un po’ strano anche per me immaginarmi con questa fisicità nei panni di una ballerina, ma per fortuna non eravamo in un’epoca digitale e ho solo qualche foto che custodisco gelosamente”, ride.
Non solo danza, ma anche tanta musica. “Ho suonato il violino, il flauto, il pianoforte e ho cantato nel coro, un’esperienza che mi è tornata molto utile nello sport: è lì che ho imparato a stare in un gruppo di persone che lavora per un obiettivo comune. Le lezioni non sono diverse dagli allenamenti: ci vai e sai che devi dare del tuo meglio, perché ogni piccolo pezzo fa parte di un ingranaggio che poi muove l’intera macchina. E quando funziona, da fuori senti una canzone bellissima cantata da una voce sola oppure una melodia armoniosa che viene da un’orchestra composta da tanti strumenti”. O, tornando al futsal, una bella prestazione di squadra. “Mi piace la condivisione, ma mi piace anche avere del tempo per me: diciamo che ho bisogno di una settimana con me stessa per affrontare un giorno con tanta gente”, ride ancora. Ci penso un po’ e capisco perché abbia scelto di fare il portiere: quella figura sola tra i pali, che chiude un quartetto perfettamente intercambiabile, a differenza di quell’unico ruolo. “Sulla lista siamo i numeri 1, ma in realtà non vogliamo tante luci. Ci interessa solo vincere”. E così è con l’Audace Verona. “Sognare è gratis e continueremo sempre ad allenarci come se l’obiettivo fosse la Champions, ma siamo anche una squadra razionale: la salvezza è la vittoria da ottenere, tutto quello che verrà dopo sarà qualcosa di bello che ci avvicina al sogno”. Così mi saluta Tünde, un nome che non è possibile tradurre in italiano. “L’ha inventato Vörösmarty Mihály, un poeta del mio paese che ha chiamato in questo modo un personaggio di un suo libro: Csongor és Tünde”. Wikipedia mi dice che è il suo unico capolavoro.
Foto: Federica Arca (Audace Wave)
