Sport

Imparare a perdere. La lezione di Olivia

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Foto video 6abc.com

12 maggio 2019.
NBA
I Philadelphia 76ers si apprestano a giocare gara-7 delle semifinali della Eastern Conference contro i Toronto Raptors.
92-90 il punteggio finale sul tabellone.
Una gara classificata da tutti coloro che l’hanno vista come “thrilling”. A guardare il punteggio, si può facilmente immaginare il perché.
Ma cosa c’entra una partita di due anni fa, di basket (il più alto livello del basket mondiale certo), con noi?
Questa mattina, scrollando la timeline di Instagram in modo pigro, in una pausa dal lavoro, mi imbatto in un post di SportsCenter, un programma tv americano che si occupa di sport appunto.

E’ la foto di una lettera scritta a matita da una bambina. Mi colpisce perché sono sicura di averla già vista.
Leggo il testo (che traduco per questioni di praticità di lettura)

Caro Joel Embiid
Tu sei il mio giocatore di basket preferito.
Mi dispiace che tu abbia perso (la partita).
Ti ho visto piangere in TV.
Non fa niente se ogni tanto si perde, anche io ho perso delle partite di basket.
Hai fatto tanta strada e sono orgogliosa di te e dei 76ers.

La tua fan
Olivia Djamoos

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Olivia ha 9 anni nel 2019 ed è una super tifosa della squadra di Philadelphia. Avrà seguito la partita con il suo papà immagino, o la sua mamma (perché devono essere per forza solo i papà quelli appassionati di sport?).
Potrei provare a visualizzare la scena: un salotto, tutti davanti alla tv con le maglie della propria squadra, seguendo con passione ogni attimo della partita. Magari sul divano, saltando di gioia per un canestro, con le mani improvvisamente nei capelli per un errore. Con la speranza di vittoria che, all’ultimo secondo, diventa certezza di sconfitta racchiusa tutta nelle lacrime di un disperato Jael Embiid che lascia andare tutta la tristezza e la delusione in un pianto sconsolato a fine partita.

Lui, che ha provato in ogni modo a condurre la sua squadra alla vittoria, nonostante il fastidio di un infortunio a metà gara.

Forse anche Olivia piangeva, forse anche lei era triste perché la sua squadra aveva perso. Io ho pianto tantissimo da ragazzina davanti alle sconfitte della “mia” Juve nelle finali di Champions del ’98 e del ’99. Avevo anche la maglietta celebrativa nel 1999. Da lì ho deciso che non avrei più indossato magliette celebrative di niente, non le avrei neanche prese in considerazione. Semmai dopo. Ma mai prima.

Ma torniamo ad Olivia, è lei la protagonista qui.

A 9 anni, dopo una sconfitta di quel tipo, al termine di una partita al cardiopalma, ha la lucidità e la grandezza d’animo di scrivere le sue parole di consolazione per quel campione in lacrime. Niente di complicato, ma mai nulla di più vero. Sa che i suoi ci hanno provato, creduto, hanno dato l’anima, nonostante tutto.

Sa, a 9 anni, che nello sport a volte si vince e a volte si perde. È un’eventualità che accetta.

“It’s ok to lose sometimes”
In questi tempi di riflessione su giovanili sì, no, forse, come e in che modo (penso alle under 19 viste come funzionali all’iscrizione al campionato ad esempio), mi viene da pensare che forse sarebbe molto più semplice lasciar perdere gli alti discorsi e tornare all’essenza. I bambini, i ragazzi.

La parte realmente vera di un mondo sportivo fatto troppo spesso di interessi. Ci si interroga su cosa possiamo offrire loro, su cosa le società sportive possano “fare” per loro, senza pensare che il vero regalo lo fanno loro a noi, semplicemente essendo loro stessi, semplici e veri. Capaci di gioire con te per le TUE vittorie e, allo stesso tempo, capaci di consolarti nelle TUE sconfitte. Senza doppi fini. Semplicemente, impartendo a noi adulti lezioni di vita senza prezzo.

E se ripartissimo da qui?

Ah, per la cronaca, Joel Embiid ha risposto ad Olivia, con una lettera scritta a mano, recapitatale assieme alla sua maglia firmata.
Si può essere campioni anche senza vincere titoli.

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